Pubblichiamo l’intervento di Francesca Izzo all’incontro “Sulla violenza.Ancora”, rivisto dall’autrice.
Anche ascoltando oggi qui gli interventi, non è cambiata la prima impressione che ho avuto leggendo il documento che Letizia mi aveva inviato. Glielo ho detto subito che non mi convinceva e non mi convince l’idea di mettere insieme manifestazioni diverse di violenza, dai femminicidi alle guerre, dalla violazione dell’ambiente alla nuove forme di schiavitù. Non aiuta a uscire dalla parzialità dilatare l’obiettivo per includere più fenomeni, credo al contrario che tenere fermo l’obiettivo sulla natura specifica della violenza sulle donne e cercare di andarci a fondo faccia capire di più non solo sulla relazione donne/uomini ma sull’insieme di quei fenomeni “violenti” che manifestano la rottura di un ordine.
Nella discussione di oggi ha dominato, e non poteva essere diversamente, il dramma di Macerata, ma al di là di considerazioni che in larga parte condivido mi ha colpito che sia ricomparsa la vecchia polemica se mettere l’accento sulla forza o sulla debolezza delle donne, tra vittimismo e affermazione di soggettività: è una dicotomia che non porta da nessuna parte. Sono due lati della nostra esistenza, dico dell’essere donne, che occorre afferrare nella sua interezza, forza e vulnerabilità (che preferisco a debolezza) soggettività e dipendenza stanno insieme e solo così si può agire. In effetti oggi mi ha stupito che dopo o accanto ai fatti di Macerata non si sia neppure accennato all’ondata del metoo# . Eppure lo slancio impresso dalle denunce partite da Hollywood sta acquistando, grazie soprattutto alle donne dello spettacolo e alle giornaliste italiane una direzione “storica”. Lasciando cadere la tentazione del gossip morboso o della caccia al personaggio famoso, il metoo# italiano mira a portare alla luce, vuole far uscire dal silenzio e dalla vergogna la diffusa quotidianità delle molestie sul lavoro che riguardano milioni di donne. Come definireste questa ondata? di forza, di debolezza?
Infine sulla cura di cui si parla nel documento vorrei dire che io la intendo come responsabilità politica. Le donne non sono più ai margini della storia, ne sono parte integrante e attiva. Sono state e sono agenti attive della crisi e del crollo dell’ordine patriarcale che si giustappone e si intreccia con lo sconvolgimento di un ordine mondiale. Noi viviamo il lungo addio al sistema gerarchico mondiale che ha visto per secoli prima l’Europa e poi l’Occidente dominare il pianeta. La crisi, la violenza che percorre le nostre società è frutto della fine di un ordine che è insieme patriarcale ma anche di gerarchie mondiali. Ebbene noi ne siamo al centro e non possiamo chiamarcene fuori, invocando chissà quale innocenza o alterità.