Ho scritto un po’ per scherzo e un po’ sul serio il mio pezzetto su De Gasperi, Togliatti e le Pussy Riot. Poichè una cara amica mi ha chiesto se ero proprio sicuro di difendere e anzi esaltare l’azione delle giovani donne russe condannate a Mosca mi sono documentato un po’ meglio, trovando prima sull’Internazionale (una selezione dell’intervento di Maria Alyokhina) e poi integrali sul sito www.minimaetmoralia.it i tre interventi pronunciati in tribunale dalle accusate, prima della sentenza. Mi sembrano documenti straordinari di una cultura politica ricchissima e di una passione civile che mi ha commosso. Un grazie a Christian Raimo che ha tradotto e pubblicato integralmente questi testi, per lo più ignorati dai media nostrani. A questo punto del tutto seriamente ripropongo a Bersani non solo di adottare la canzoncina delle Pussy Riot come inno del Pd, ma di far studiare nelle scuole di partito (se ne esistono ancora) questi testi. Analogo invito – studiare e discutere! – a tutti coloro, a sinistra, ma anche a destra, che abbiano ancora un po’ a cuore una cosa che si chiama politica. Ecco i testi. (a.l.)
Yekaterina Samutsevich:
Nelle sue dichiarazioni conclusive, l’imputato dovrebbe pentirsi, rammaricarsi per i suoi atti, o enumerare le circostanze attenuanti. Nel mio caso, come nel caso delle mie compagne, questo è completamente inutile. Voglio invece esprimere alcune riflessioni su ciò che ci è successo.
Che la Cattedrale del Cristo Salvatore fosse diventata un simbolo significativo nella strategia politica delle autorità è stato chiaro a molte persone con un cervello, quando l’ex collega di Vladimir Putin nel KGB Kirill Gundyayev ha assunto un ruolo di vertice nella Chiesa ortodossa russa. Come conseguenza immediata, la Cattedrale del Cristo Salvatore ha cominciato a essere apertamente utilizzata come sfondo per le politiche delle forze di sicurezza, che sono la principale fonte di potere politico in Russia.
Perché Putin sente la necessità di sfruttare la religione ortodossa e la sua estetica? Dopo tutto, avrebbe potuto impiegare i suoi decisamente più laici strumenti del potere, come per esempio le società controllate dallo stato, o il suo minaccioso sistema di polizia, o il suo sistema giudiziario obbediente. Può darsi che le dure, fallimentari politiche del governo di Putin, l’incidente con il sottomarino Kursk, i bombardamenti di civili in pieno giorno, e altri momenti spiacevoli della sua carriera politica lo abbiano costretto a riflettere sul fatto che era giunto il momento di dare le dimissioni; o che altrimenti, i cittadini russi lo avrebbero aiutato a fare questo. A quanto pare, è stato allora che Putin ha sentito la necessità di avere delle garanzie trascendenti per la sua lunga permanenza al vertice del potere. È allora che si è reso necessario utilizzare l’estetica della religione ortodossa, un’estetica che è storicamente associata al periodo di massimo splendore della Russia imperiale, per cui il potere non proviene dalle manifestazioni terrene come dalle elezioni democratiche e dalla società civile, ma da Dio stesso.
Come ha fatto Putin a riuscire in questo? Dopo tutto, abbiamo ancora uno Stato laico, e ogni intersezione tra la sfera religiosa e quella politica dovrebbe essere trattato con severità e spirito critico dalla nostra società vigile. Giusto? Qui, a quanto pare, le autorità hanno approfittato di un certo deficit di estetica ortodossa in epoca sovietica, quando la religione ortodossa aveva un’aura di storia perduta, di qualcosa che era stato schiacciato e danneggiato dal regime totalitario sovietico, ed era quindi un’opposizione culturale. Le autorità hanno deciso di appropriarsi di questo senso della perdita e di presentare un nuovo progetto politico della Russia per ripristinare i valori spirituali perduti, un progetto che ha poco a che fare con una genuina preoccupazione per la conservazione della storia russa dell’Ortodossia e della sua cultura.
È anche abbastanza logico che la Chiesa ortodossa russa, dati i suoi legami lunghi mistici al potere, è emersa come principale attore di questo progetto nei media. È stato deciso che, a differenza dell’epoca sovietica, quando la Chiesa si oppose alla brutalità delle autorità verso la storia stessa, la Chiesa ortodossa russa di oggi dovrebbe affrontare tutte le pericolose manifestazioni della cultura di massa contemporanea con la sua capacità di pluralismo e tolleranza.
L’attuazione di questo progetto assai interessante da un punto di vista politico ha richiesto notevoli quantità di professionalità scenografiche, attrezzature video, lunghe dirette sulla televisione nazionale, numerosi sfondi per le notizie moralmente e eticamente edificanti, dove presentare i discorsi ben costruiti del Patriarca, spingendo in tal modo i fedeli a fare la scelta giusta politica in un momento difficile come quello che ha preceduto le elezioni per Putin. Inoltre, la ripresa doveva essere continua, le immagini dovevano essere scolpite nella memoria, e costantemente aggiornate, ma al tempo stesso tutto questo doveva sempre dare l’impressione di qualcosa di naturale, continuo e imprescindibile.
La nostra improvvisa apparizione musicale nella Cattedrale di Cristo Salvatore con la canzone “Madre di Dio, spazza via Putin” ha violato l’integrità dell’immagine mediatica che le autorità avevano voluto produrre e mantenere per tutto questo tempo, e ha rivelato la sua falsità. Nel nostro spettacolo abbiamo osato, senza la benedizione del Patriarca, unire l’immaginario visivo della cultura ortodossa con quella della cultura della protesta, suggerendo così che la cultura ortodossa non appartiene solo alla Chiesa ortodossa russa, al Patriarca e Putin, ma che potrebbe anche allearsi con la ribellione civile e lo spirito di protesta in Russia.
Forse lo sgradevole, enorme effetto della nostra intrusione nei media nella cattedrale è stata una sorpresa per le autorità stesse. In un primo momento, hanno cercato di presentare la nostra performance come uno scherzo tirato da atei militanti e senza cuore. Questo è stato un grave errore da parte loro, perché noi eravamo già conosciute come una band punk femminista anti-Putin, che aveva lanciato i suoi assalti nei media sui simboli principali politici del paese.
Alla fine, considerando tutte le ricadute irreversibili politiche e simboliche causate dalla nostra innocente creatività, le autorità hanno deciso di schermare il pubblico dal nostro pensiero anticonformista. Così è finita la nostra complicata avventura punk nella cattedrale di Cristo Salvatore.
Ora provo sentimenti contrastanti su questo processo. Da un lato, mi aspetto un verdetto di colpevolezza. Rispetto alla macchina giudiziaria, noi siamo nessuno, e abbiamo perso. D’altra parte, abbiamo vinto. Tutto il mondo sa ora che il procedimento penale contro di noi è stato fabbricato ad arte. Il sistema non può nascondere la natura repressiva di questo processo. Ancora una volta, il mondo vede la Russia in modo diverso dal modo in cui Putin cerca di presentarla ai suoi quotidiani incontri internazionali. Chiaramente, nessuno dei passaggi che Putin ha promesso di compiere verso l’istituzione dello Stato di diritto è stata intrapreso. E la sua affermazione che questo tribunale sarà obiettivo e esprimerà un verdetto equo è l’ennesimo inganno per tutto il paese e la comunità internazionale. Questo è tutto. Grazie.
Maria Alyokhina:
Questo processo sta avendo una grande risonanza: l’attuale governo potrà provare vergogna e imbarazzo per un lungo tempo a venire. In ogni fase ha avuto luogo una parodia della giustizia. Come si è visto, la nostra performance, che all’inizio era un piccolo gesto un po ‘assurdo, si è trasformato come una valanga in una catastrofe enorme. Ciò, ovviamente, non sarebbe accaduto in una società sana. La Russia, in quanto Stato, è da tempo simile a un organismo malato fino al midollo. E la malattia esplode quando si strofinano i suoi ascessi infiammati. In un primo momento e per lungo tempo questa malattia è stata messa a tacere in pubblico, ma alla fine si è cercato di strumentalizzarla attraverso il “dialogo”. E badate bene: questo è il tipo di dialogo di cui il nostro governo è capace. Questo processo non è solo una maschera grottesca e maligna, è il “volto” del dialogo del governo con la gente del nostro paese. Per stimolare un dibattito su un problema a livello sociale, è spesso necessario preparare le giuste condizioni – ecco un caso del genere.
È interessante come la nostra situazione sia stata spersonalizzata fin dall’inizio. Questo perché quando si parla di Putin, noi non abbiamo in mente Vladimir Vladimirovich Putin, ma il sistema-Putin che lui stesso ha creato, il potere verticistico, dove ogni controllo viene effettuato in modo puntuale da una sola persona. E questo potere è gerarchico, disinteressato, completamente disinteressato, al giudizio delle masse. E ciò che mi preoccupa più di tutto è come le idee delle generazioni più giovani non vengano prese in considerazione. Noi crediamo che l’inefficacia di questa amministrazione sia evidente da tutti i punti di vista.
E proprio qui, in questa dichiarazione conclusiva, vorrei descrivere la mia esperienza diretta del combattere questo sistema. La nostra scuola, che è dove la personalità comincia a formarsi in un contesto sociale, ignora in modo efficace tutte le particolarità del singolo. Non c’è un “approccio individuale,” nessuno studio della cultura, della filosofia, delle conoscenze di base sulla società civile. Ufficialmente, queste materie esistono, ma sono ancora insegnate in base al modello sovietico. E come risultato, vediamo l’emarginazione dell’arte contemporanea nella coscienza pubblica, una mancanza di motivazione per il pensiero filosofico, e stereotipi di genere. Il concetto dell’essere umano come cittadino viene spazzato via, relegato in un angolo lontano.
Le istituzioni educative insegnano alla gente, fin dall’infanzia, a vivere come automi. A non porre le domande cruciali coerenti con la loro età. Vengono inculcate la brutalità e l’intolleranza nei confronti di ogni diversità. A partire dall’infanzia, ci dimentichiamo la nostra libertà.
Ho esperienza personale delle cliniche psichiatriche per i minori. E posso dire con convinzione che ogni adolescente che mostra qualche segno di anticonformismo attivo può finire in un posto così. Una certa percentuale di quei bambini viene dagli orfanotrofi.
Nel nostro paese è considerato del tutto normale rinchiudere un bambino che ha cercato di fuggire da un orfanotrofio in una clinica psichiatrica. E trattarlo con sedativi molto potenti, come l’Aminazin, lo stesso che si utilizzava per sottomettere i dissidenti sovietici negli anni ’70.
Potete immaginare come questo sia particolarmente fonte di traumi, data la generale tendenza punitiva e l’assenza di una reale assistenza psicologica. Tutte le interazioni sono basate sullo sfruttamento dei sentimenti di paura dei bambini e sulla loro sottomissione forzata. E come risultato, l’aggressività aumenta esponenzialmente. Ci sono molti bambini analfabeti, ma nessuno fa alcuno sforzo per combattere questo problema; al contrario, è scoraggiato qualsiasi minimo sforzo di motivazione per lo sviluppo personale. L’individuo si chiude completamente e perde la fede in tutto il mondo.
Vorrei sottolineare che questo metodo di sviluppo personale impedisce in modo chiaro il risveglio delle libertà sia interiori che di quelle religiose, purtroppo, su scala di massa. La conseguenza del processo che ho appena descritto è quella che chiamano umiltà ontologica, esistenziale. Per me, questo processo, questa rottura è proprio significativo di come, se lo vediamo dal punto di vista della cultura cristiana, possiamo renderci conto di come i significati e i simboli vengano sostituiti da altri diametralmente opposti a loro. Così uno dei concetti più importanti del Cristianesimo, l’Umiltà, oggi è comunemente concepita non come un percorso verso la sensibilizzazione, la fortificazione, e la liberazione definitiva dell’uomo, ma al contrario come strumento per la sua riduzione in schiavitù. Per citare il filosofo russo Nikolaj Berdjaev, si potrebbe dire che “l’ontologia dell’umiltà è l’ontologia degli schiavi di Dio, e non dei figli di Dio”. Quando facevo parte di un’organizzazione del movimento ecologico, mi sono fondamentalmente convinta della priorità della libertà interiore come fondamento per agire. Così come dell’importanza, l’importanza diretta, di compiere delle azioni.
Ancora oggi trovo sorprendente che, nel nostro paese, abbiamo bisogno del sostegno di diverse migliaia di individui per porre fine al dispotismo di uno o di una manciata di burocrati. Vorrei sottolineare come il nostro processo si dimostra una conferma molto eloquente del fatto che abbiamo bisogno del sostegno di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo per far vedere l’ovvio: che qui ci sono tre persone non colpevoli. Noi non siamo colpevoli, tutto il mondo lo dice. Il mondo intero lo dice ai concerti, il mondo intero lo dice su internet, il mondo intero lo dice sulla stampa. Lo dicono in Parlamento. Il Primo Ministro d’Inghilterra saluta il nostro presidente non parlandogli delle Olimpiadi, ma con la domanda: “Perché ci sono tre donne innocenti in carcere?”. È vergognoso.
Ma trovo ancora più sorprendente che la gente non crede che tutto questo possa avere qualche influenza sul regime. Durante i picchettaggi e dimostrazioni (in inverno e in primavera), quando ancora stavo raccogliendo firme e organizzando petizioni, molte persone mi chiedevano – e me lo chiedevano con sincero stupore – : perché nel mondo dovrebbero preoccuparsi per quel pezzetto di foresta nella regione di Krasnodar, anche se è forse un bosco unico in Russia, forse un bosco primordiale? Perché dovrebbero preoccuparsi se la moglie del nostro primo ministro Dmitry Medvedev vuole costruire una residenza ufficiale lì e distruggere l’unica riserva di ginepro in Russia? Queste persone. . . questa è l’ennesima conferma che la gente del nostro paese ha perso il senso che questo Paese le appartiene, appariene a noi, ai suoi cittadini. Non hanno più la percezione di se stessi come cittadini. Hanno un senso di sé semplicemente come una massa di automi. Non sentono che la foresta appartiene a loro, nemmeno il bosco situato proprio accanto alle loro case. Dubito anche che sentano un senso di appartenenza per le proprie case. Perché se qualcuno dovesse arrivare fino al loro portico con un bulldozer e dirgli che c’è da evacuare, e “ci scusi, dobbiamo radere al suolo la casa per fare spazio alla residenza di un burocrate”, queste persone raccoglierebbero ubbidienti le loro cose, le loro borse, e uscirebbero per strada. E poi rimarrebbero lì con cura fino a che il regime non dicesse loro cosa devono fare. Sono completamente abulici, è molto triste. Dopo aver trascorso quasi un anno e mezzo in carcere, sono giunta a capire che il carcere è solo la Russia in miniatura.
Si potrebbe anche parlare del sistema del governo. Che funziona in modo assolutamente verticale, in cui ogni decisione avviene esclusivamente attraverso l’intervento diretto dall’alto. Non c’è assolutamente nessuna delega orizzontale delle funzioni, il che renderebbe la vita di tutti notevolmente più facile. E c’è una mancanza di iniziativa individuale. La denuncia prospera insieme col reciproco sospetto. In carcere, come nel nostro paese nel suo complesso, tutto è pensato per spogliare l’uomo della sua individualità, per identificarlo con la sua mera funzione; tale funzione può essere quella di un operaio o un prigioniero. Il rigido quadro del programma giornaliero in carcere (ci si abitua in fretta) ricorda il contesto della vita quotidiana in cui nasciamo in Russia.
In questo quadro, la gente comincia a dare un grande valore per cose inutili. In carcere queste inezie sono cose come alcuni piatti o alcune tovaglie di plastica che possono essere acquistati con l’autorizzazione personale del capo guardiano. Fuori dal carcere, di conseguenza, abbiamo lo status sociale, che le persone apprezzano come un grande guadagno. Questo mi è sempre risultato sorprendente. Un altro aspetto [di questo processo] è che ci sta rendendo consapevoli del funzionamento di questo governo come di una performance, di un gioco. Un gioco che in realtà si trasforma in caos. Il livello superficiale dell’organizzazione del regime rivela la disorganizzazione e l’inefficienza della maggior parte delle sue attività. Ed è ovvio che questo non porta ad alcun governo reale. Al contrario, la gente inizia a sentire un sempre più forte senso di smarrimento – nel tempo e nello spazio. In carcere e in tutto il paese, la gente non sa a chi rivolgersi per questa o quella questione. Ecco perché si rivolgono al boss del carcere. E fuori dal carcere, di conseguenza, vanno da Putin, il capoccia più alto.
Esprimendo con un testo una immagine collettiva del sistema. . . bene, in generale, potrei dire che non siamo contro. . . che siamo contro il caos che Putin ha generato, una roba che solo superficialmente può essere definita un governo. Per mostrare una immagine collettiva del sistema, in cui, a nostro parere, praticamente tutte le istituzioni stanno attraversando una sorta di mutazione, pur apparendo formalmente intatte. E in cui la società civile, tanto a noi cara, viene distrutta. Non stiamo facendo citazioni dirette nei nostri testi; assumiamo solo la forma della citazione diretta come una formula artistica. L’unica cosa identica è la nostra motivazione. La nostra motivazione è la stessa motivazione sottesa in una citazione diretta. Questa motivazione si esprime al meglio nei Vangeli: “Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” [Matteo 7, 8] Per me, per tutti noi, credo sinceramente, la porta sarà aperta. Ma, ahimè, per ora l’unica cosa che è successa è che siamo state rinchiuse in carcere. È molto strano che nella reazione alle nostre azioni, le autorità ignorino completamente l’esperienza storica del dissenso. “Come sfortunato è il paese dove si intende la semplice onestà, nel migliore dei casi, come eroismo. E nel peggiore dei casi come un disturbo mentale”, ha scritto il dissidente Vladimir Bukovsky nel 1970. E anche se non è durato a lungo, ora le persone si comportano come se non vi fosse mai stato alcun Grande Terrore, né i tentativi di resistenza. Credo che veniamo accusate da persone senza memoria. Molti di loro hanno letto: “Molti di essi dicevano: « Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?” Queste parole appartengono agli ebrei che hanno accusato Gesù Cristo di blasfemia. [Giovanni 10:33] «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Curiosamente, è proprio questo versetto che la Chiesa ortodossa russa utilizza per esprimere la propria opinione sulla blasfemia. Questo parere è messo agli atti, è attaccato al nostro fascicolo penale. Esprimendo tale parere, la Chiesa ortodossa russa si riferisce ai Vangeli come immobile verità religiosa. I Vangeli non sono più intesi come rivelazione, come sono stati fin dall’inizio, ma piuttosto come un blocco monolitico che può essere smontato in citazioni da usare ove necessario – in un qualche documento, per uno dei loro scopi. La Chiesa ortodossa russa non si prende nemmeno la briga di guardare il contesto in cui “blasfemo” è stato menzionato qui; che in questo caso, la parola si applica a Gesù Cristo stesso. Penso che la verità religiosa non deve essere statica, che è essenziale per comprendere le istanze e i percorsi di sviluppo spirituale, il carattere di un essere umano, la sua duplicità, la sua frammentazione. Che per formare se stessi è essenziale sperimentare queste cose. Che si debbono provare tutte queste cose per svilupparsi come persona. Che la verità religiosa è un processo e non un prodotto finito che può essere strumentalizzato sempre e ovunque. E tutte queste cose di cui ho parlato, tutti questi processi, trovano un significato nell’arte e nella filosofia. Compresa l’arte contemporanea. Una situazione artistica può e, a mio parere, deve contenere questo tipo di conflitto interno. E ciò che mi irrita davvero è come l’accusa usa le parole “la cosiddetta” in riferimento all’arte contemporanea.
Vorrei far notare che metodi molto simili sono stati utilizzati durante il processo al poeta [Josip] Brodsky. Le sue poesie sono state definite come “cosiddette” poesie, i testimoni dell’accusa non le avevano effettivamente lette, proprio come un certo numero di testimoni nel nostro caso non ha visto lo spettacolo e ha solo guardato on-line clip. Anche le nostre scuse, a quanto pare, sono anche definite come “cosiddette scuse”. Anche questo è offensivo. E mi fa impazzire la questione del danno morale e del trauma psicologico. Perché le nostre scuse sono state sincere. Mi dispiace che siano state pronunciate tante parole e voi non l’abbiate ancora capite. Oppure è una calcolata malafede quando parlate delle nostre scuse come insincere. Non so cosa avete ancora bisogno di sentire da noi. Ma per me questo processo è un processo “cosiddetto”. E non ho paura di voi. Io non ho paura della falsità e della finzione, dell’inganno travestito, nel verdetto di questo cosiddetto tribunale.
Perché tutto quello che mi può privare di libertà è “cosiddetto”. Questa è l’unica cosa che esiste in Russia. Ma nessuno può togliermi la libertà interiore. Vive nella parola, continuerà a vivere, grazie alla trasparenza [glasnost], quando questo sarà letto e sentito da migliaia di persone. Questa libertà continua a vivere in ogni persona che non è indifferente, che ci ascolta in questo paese. Con tutti coloro che hanno trovato frammenti del processo in se stessi, come in epoche precedenti li hanno trovati in Franz Kafka e Guy Debord. Credo di possedere onestà e trasparenza, ho sete di verità, e queste cose ci renderanno solo un po ‘più liberi. Staremo a vedere.
Nadezhda Tolokonnikova:
Se la guardiamo nel suo complesso, a essere sotto processo qui non sono tre membri delle Pussy Riot. Se così fosse, questo evento sarebbe difficilmente significativo. Si tratta di un processo a tutto il sistema politico della Federazione Russa, che, per sua grande sfortuna, gode continuando a esercitare la sua oppressione verso l’individuo, la sua indifferenza verso l’onore e la dignità umana, ripetendo tutti i peggiori momenti della storia russa. Con mio profondo rammarico, queste misere scuse per un processo giudiziario si avvicinano a quelle delle troike staliniane. Anche noi abbiamo solo un magistrato inquirente, un giudice e un procuratore. Inoltre, questo atto repressivo è eseguito sulla base di ordini politici dall’alto che dettano per intero parole, atti e decisioni di queste tre figure giudiziarie.
Cosa c’era dietro la nostra performance nella Cattedrale di Cristo il Salvatore e il successivo processo? Niente di diverso dal sistema politico autocratico. Le performances delle Pussy Riot possono essere considerate arte dissidente o azione politica che impiega forme d’arte. In entrambi i casi, le nostre performance sono un tipo di attività civica che si muove contro le repressioni di un sistema industrial-politico che dirige il suo potere contro i diritti umani fondamentali e le libertà civili e politiche. Giovani che sono stati oppressi dall’eliminazione sistematica delle libertà si sono rivoltati contro lo Stato. Eravamo alla ricerca di sincerità e semplicità, e abbiamo trovato queste qualità nell’yurodstvo [la follia santa] del punk.
Passione, totale onestà e ingenuità sono superiori all’ipocrisia, la menzogna e la falsa modestia, che sono usati per nascondere il crimine. Le figure principali cosiddetti del nostro Stato presentano nella Cattedrale le facce rassicuranti, ma sanno che il loro peccato è superiore al nostro.
Abbiamo costruito delle performance punk politiche in risposta a un governo che è pieno di rigidità, reticenza, e strutture gerarchiche castali. È così chiaramente servile nei confronti dei miseri interessi delle multinazionali, che ci fa male anche soltanto respirare l’aria russa. Ci opponiamo categoricamente alle seguenti storture, in un modo che ci costringe ad agire e vivere politicamente:
– l’uso di metodi coercitivi per la regolamentazione dei processi sociali; una situazione in cui le più importanti istituzioni politiche sono strutture disciplinari dello Stato: gli organi di sicurezza (esercito, polizia e servizi segreti), e i relativi strumenti per garantire la “stabilità” politica (carceri, detenzione preventiva, tutti i meccanismi di stretto controllo sulla cittadinanza);
– l’imposizione di passività civile alla maggioranza della popolazione,
– il dominio completo del potere esecutivo sul legislativo e giudiziario.
Inoltre, siamo profondamente frustrati dalla mancanza scandalosa di cultura politica, che si presenta come il risultato della paura e che viene mantenuta grazie agli sforzi coscienti del governo e dei suoi servi (Patriarca Kirill: “I cristiani ortodossi non frequentano i raduni”); la scandalosa debolezza dei legami orizzontali all’interno della società.
Non ci piace che lo stato dell’opinione pubblica sia così facilmente manipolato attraverso il suo stretto controllo sulla maggioranza dei media (un esempio particolarmente evidente di questa manipolazione è la campagna senza precedenti insolente e distorta contro le Pussy Riot apparsa praticamente in ogni luogo mediatico russo) .
Nonostante il fatto che ci troviamo in una situazione sostanzialmente autoritaria, che viviamo sotto un regime autoritario, vedo questo sistema disfarsi di fronte a tre membri delle Pussy Riot. Quello che il sistema aveva previsto non si è verificato, la Russia non ci condanna. E ogni giorno che passa, sempre più persone credono in noi e pensano che dovremmo essere libere, e non dietro le sbarre.
Vedo questo nelle persone che incontro. Mi capita di incontrare persone che lavorano per il sistema, nelle sue istituzioni, incontro persone che sono in carcere. Ogni giorno, mi capita di incontrare i nostri sostenitori che ci augurano fortuna e, soprattutto, la libertà. Dicono che quello che abbiamo fatto è giustificato. Sempre più persone ci dicono che seppure avevano dubbi sul fatto che avevamo il diritto di fare quello che abbiamo fatto, ogni giorno che passa si rendono conto che il tempo ha dimostrato come il nostro gesto politico fosse nel giusto, che abbiamo aperto le ferite di questo sistema politico, e abbiamo colpito direttamente il nido di vespe…
Queste persone cercano di alleviare le nostre sofferenze per quanto possibile, e gli siamo molto grati. Siamo anche grati a tutti coloro che parlano in nostro favore fuori di qui. Ci sono molti sostenitori, e lo sappiamo. So che un gran numero di cristiani ortodossi parlano a nostro nome, quelli che si riuniscono presso la corte per esempio. Essi pregano per noi, pregano per i membri incarcerati delle Pussy Riot. Abbiamo visto i libretti piccoli delle Chiesa Ortodossa contenenti preghiere per i carcerati. Questo solo fatto dimostra che non esiste un unico, gruppo unito di credenti ortodossi, come il pubblico ministero vorrebbe dimostrare. Questo gruppo unito non esiste. Oggi, i credenti sempre più si stanno spostando in difesa delle Pussy Riot. Non pensano che ciò che abbiamo fatto ci faccia meritare un periodo di cinque mesi in un centro di detenzione preventiva, per non parlare dei tre anni di carcere, come il pubblico ministero ha chiesto.
Ogni giorno, la gente capisce che se il sistema sta attaccando tre giovani donne che si sono esibite nella Cattedrale di Cristo Salvatore per trenta secondi con tale veemenza, significa solo che questo sistema teme la verità, la sincerità e la schiettezza che rappresentiamo. Non abbiamo mai usato strategie nel corso del processo. Nel frattempo, i nostri avversari hanno fatto il pieno di strategie, e le persone se ne rendono conto. Infatti, la verità ha una ontologica, esistenziale superiorità sull’inganno, e questo è scritto nella Bibbia, in particolare nell’Antico Testamento.
I sentieri della verità trionferanno sempre sopra le vie della furbizia, dell’astuzia e dell’inganno. Ogni giorno, la verità si farà più vittorioso, nonostante il fatto che rimaniamo dietro le sbarre e probabilmente sarà così per un lungo periodo.
Ieri, Madonna si è presentata a Mosca con “Pussy Riot” scritto sulla schiena. Sempre più persone vedono che siamo tenute qui illegalmente, con falsi pretesti. Tutto ciò mi elettrizza. Mi elettrizza che la verità possa davvero trionfare sull’inganno. Nonostante il fatto che siamo fisicamente qui, siamo più libere di tutti coloro che siedono di fronte a noi dalla parte della procura. Possiamo dire tutto quello che vogliamo e diciamo tutto quello che vogliamo. L’accusa può solo dire quello che le è consentito dalla censura politica. Non possono dire “preghiera punk”, o “Madonna, spazza via Putin”, non possono pronunciare una sola riga della nostra preghiera punk che parla del sistema politico.
Forse pensano che sarebbe bene metterci in prigione perché parliamo contro Putin e il suo regime. Ma non dicono nemmeno questo, perché non sono autorizzati a farlo. Le loro bocche sono cucite. Purtroppo, sono solo qui come manichini. Ma spero che se ne rendano conto e, infine, intraprendano la via della libertà, della verità e della sincerità, perché questo percorso è superiore al percorso dell’indifferenza, della falsa modestia e dell’ipocrisia. L’indifferenza e la ricerca della verità sono sempre opposti, e in questo caso, nel corso di questo processo, che vediamo da una parte le persone che cercano di conoscere la verità, e dall’altra le persone che cercano di camuffarla.
Un essere umano è una creatura che è sempre in errore, non è mai perfetto. Può cercare la saggezza, ma non la può possedere, questo è il motivo per cui è nata la filosofia. Questo è il motivo per il filosofo è colui che ama la sapienza e la anela, ma non la possiede. Questo è ciò che spinge in ultima analisi, un essere umano ad agire, a pensare e a vivere in un certo modo. Era la nostra ricerca della verità che ci ha portato alla Cattedrale di Cristo Salvatore. Penso che il cristianesimo, come ho capito studiando l’Antico e il Nuovo Testamento in particolare, chiede la ricerca della verità e un continuo superamento di se stessi, il superamento di ciò che eri prima. Non è stato vano per Cristo quando era tra le prostitute, dichiarare che quelli che vacillano dovrebbero essere aiutati, “io li perdono”, ha detto. Non vedo quest’atteggiamento nel nostro processo, che si svolge sotto la bandiera del cristianesimo. Invece, mi sembra che la procura stia calpestando la religione.
Gli avvocati delle ufficiali “parti lese” li stanno abbandonando. Due giorni fa, uno degli avvocati della “parte lesa, Alexei Taratukhin, ha fatto un discorso in cui ha insistito sul fatto che dovrebbe essere chiaro che in nessun caso qualcuno dovrebbe presumere che l’avvocato è d’accordo con le parti che rappresenta. In altre parole, l’avvocato si trova in una posizione eticamente scomoda e non vuole stare per le persone che cercano di imprigionare le Pussy Riot. Non so perché vogliono metterci in prigione. Forse ne hanno il diritto, ma voglio sottolineare che il loro avvocato sembra vergognarsi. Forse è stato colpito da quelle persone che gridavano “Boia! Vergogna su di voi!”. Voglio ancora sottolineare come la verità e il bene trionfano sempre sul inganno e malizia. E sembra anche a me che gli avvocati dell’accusa siano stati influenzati da un potere superiore, perché di volta in volta, si impicciano e ci chiamano “parte lesa.” Quasi tutti i legali hanno accidentalmente detto questo, e anche l’avvocato penale Larisa Pavlova, che è molto negativamente disposta verso di noi, sembra tuttavia essere mossa da una forza superiore, quando si riferisce a noi come “parte lesa”. Non parla di quelli che lei rappresenta, ma di noi.
Non voglio etichettare nessuno. Mi sembra che non ci sono vincitori, o vinti, o vittime o imputati qui. Tutti abbiamo semplicemente bisogno di confrontarci l’un l’altro, e stabilire un dialogo per cercare insieme la verità. Insieme, possiamo cercare la saggezza ed essere filosofi, invece di stigmatizzare le persone e etichettarle. Questa è l’ultima cosa che una persona dovrebbe fare. Cristo stesso l’ha condannato. Con questo processo il sistema ci sta violentando. Chi avrebbe mai pensato che lo Stato possa ancora oggi commettere un male assolutamente immotivato? Chi avrebbe potuto immaginare che la storia, il Grande Terrore staliniano, potesse non essere riuscito a insegnarci qualcosa? I metodi da inquisizione medievale che regnano in applicazione della legge e dei sistemi giudiziari del nostro paese, la Federazione russa, sono sufficienti a farci piangere. Ma dal momento del nostro arresto, abbiamo smesso di piangere. Abbiamo perso la nostra capacità di piangere. Avevamo gridato disperatamente ai nostri concerti punk. Con tutte le nostre forze, abbiamo denunciato l’illegalità delle autorità, degli organi direttivi. Ma ora, le nostre voci sono state portate via. Ce le hanno prese il 3 marzo 2012, quando siamo state arrestate. Il giorno seguente, le nostre voci e i nostri voti sono stati rubati rispetto alle cosiddette elezioni.
Durante tutto il processo, la gente ha rifiutato di ascoltarci. Ascoltarci significherebbe essere ricettivi verso ciò che diciamo, essere riflessivi, tendere verso la saggezza, essere filosofi. Credo che ogni persona dovrebbe sforzarsi in questo, e non solo quelli che hanno studiato in un dipartimento di filosofia. Un’istruzione formale non significa nulla, anche se l’avvocato Pavlova tenta costantemente di rimproverare la nostra mancanza di educazione. Crediamo che la cosa più importante sia lottare, lottare per la conoscenza e la saggezza. Questo è un obiettivo che una persona può raggiungere in modo indipendente, fuori dalle mura di un istituto scolastico. Lauree e diplomi scolastici non significano nulla. Una persona può possedere una grande quantità di conoscenze, ma non essere un essere umano. Pitagora sosteneva che una conoscenza approfondita non significa saggezza. Purtroppo, noi siamo qui proprio per dimostrarlo. Siamo qui solo come decorazioni, come elementi inanimati, corpi semplici che sono stati trasportati in un aula. Le nostre azioni, dopo molti giorni di richieste, di trattative e di lotte non ricevono alcuna considerazione, vengono sempre negate. Purtroppo per noi e per il nostro paese, il giudice sente un procuratore che distorce continuamente le nostre parole e le nostre dichiarazioni impunemente, neutralizzandole. Il principio fondamentale del contraddittorio del sistema giuridico è apertamente violato.
Il 30 luglio, il primo giorno del processo, abbiamo mostrato la nostra reazione alle accuse dei pubblici ministeri. Da lì in poi, il giudice ci ha categoricamente negato il diritto di parlare, ed i nostri testi scritti sono stati letti ad alta voce dal nostro difensore, Violetta Volkova. Per noi, questa è stata la prima occasione per esprimerci dopo cinque mesi di prigionia. Fino ad ora siamo state recluse, confinate, non abbiamo potuto fare nulla, non abbiamo potuto scrivere appelli, non abbiamo potuto ciò che sta accadendo intorno a noi, non abbiamo Internet, il nostro avvocato non può nemmeno portarci le carte perché anche quello è vietato. Il 30 luglio abbiamo parlato apertamente per la prima volta, abbiamo parlato per cercare un confronto e facilitare il dialogo, non abbiamo cercato la contrapposizione. Abbiamo teso le nostre mani verso le persone che, per qualche ragione, ci considerano i loro nemici, e loro hanno sputato sulle nostre mani aperte. “Non siete sincere”, ci hanno detto. Peccato. Non giudicateci in base ai vostri parametri di comportamento. Abbiamo parlato con sincerità, come facciamo sempre, abbiamo detto quello che pensavamo. Siamo state incredibilmente infantili, ingenue nella nostra verità, ma comunque non ci pentiamo delle nostre parole, comprese le nostre parole che abbiamo pronunciato quel giorno.
Ed essendo stato diffamate, non vogliamo diffamare altri per ripicca. Siamo in circostanze disperate, ma non disperiamo. Siamo perseguitate, ma non siamo state abbandonate. È facile degradare e distruggere le persone che sono sincere, ma “Quando sono debole, è allora che sono forte”.
Ascoltate le nostre parole e non quello che Arkady Mamontov [giornalista televisivo pro-Putin] dice di noi. Non distorcete e falsificate ciò che diciamo. Permetteteci di entrare in dialogo con voi, in contatto con questo paese, che è anche il nostro paese e non solo la terra di Putin e del Patriarca. Proprio come Solzhenitsyn, credo che alla fine la parola romperà il cemento. Solzhenitsyn ha scritto: “Così, la parola è più essenziale del cemento. Così, la parola non è un niente piccola. In questo modo, le persone nobili cominciano a crescere, e la loro parola romperà il cemento”. [Solzhenitsyn, Il primo cerchio]
Katya, Masha e io potremmo finire in prigione, ma non ci ritengo sconfitte. Proprio come i dissidenti non sono stati sconfitti, anche se sono scomparsi nei manicomi e nelle prigioni hanno pronunciato il loro verdetto sul regime. L’arte di creare l’immagine di un’epoca non conosce vincitori né vinti. È stato lo stesso con i poeti OBERIU, rimasti artisti fino alla fine, inspiegabili e incomprensibili. Massacrati nelle purghe nel 1937, Alexander Vvedensky scrisse: “L’incomprensibile ci piace, l’inspiegabile è nostro amico.” Secondo il certificato di morte ufficiale, Aleksandr Vvedensky morì il 20 dicembre 1941. Nessuno conosce la causa della morte. Avrebbe potuto essere la dissenteria in treno sulla strada per i campi, ma potrebbe essere stato il proiettile di una guardia. La morte l’ha colpito da qualche parte sulla ferrovia tra Voronezh e Kazan.
Le Pussy Riot sono allieve e eredi di Vvedensky. Il suo principio della rima cattiva è ancora a noi caro. Ha scritto: “Di tanto in tanto, penso a due rime diverse, una buona e una cattiva, e ho sempre scelto quello cattiva perché è sempre quella giusta”.
“L’inspiegabile è il nostro amico”: le opere elitarie e raffinate dei poeti OBERIU e la loro ricerca di riflessione sui limiti del significato hanno trovato un’incarnazione quando hanno pagato con la lore vite, che sono state eliminate senza senso dal Grande Terrore. Pagando con la vita, questi poeti hanno involontariamente dimostrato che avevano ragione a considerare l’irrazionalità e insensatezza i nervi della loro epoca. In questo modo, il patrimonio artistico è diventato un fatto storico. Il prezzo di partecipazione alla creazione della storia è incommensurabilmente grande per l’individuo. Ma l’essenza dell’esistenza umana sta proprio in questa partecipazione. Essere un mendicante, ma arricchire gli altri. Non avere niente, ma possedere tutto. Si pensa che i dissidenti OBERIU siano morti, ma sono vivi. Sono stati massacrati, ma non sono morti.
Vi ricordate perchè il giovane Dostoevskij è stato condannato a morte? Tutta la sua colpa consisteva nel fatto che era affascinato dalle teorie socialiste, e durante le riunioni di liberi pensatori e amici – che si riunivano venerdì nell’appartamento di [Mikhail] Petrasevskij – discuteva gli scritti di Fourier e George Sand. In uno degli ultimi venerdì, ha letto la lettera di Belinskij a Gogol ad alta voce, una lettera che era piena, secondo il giudice che accusò Dostoevskij (ascoltate!) “di impudenti dichiarazioni contro la Chiesa ortodossa e il governo dello Stato.” Dopo tutti i preparativi per l’esecuzione e “dieci minuti infinitamente angoscianti e terrificanti in attesa di morte”, a (Dostoevskij) fu annunciato che la sentenza era stata mutata in quattro anni di lavori forzati in Siberia seguita dal servizio militare.
Socrate fu accusato di corrompere la gioventù per le sue discussioni filosofiche e perché rifiutava di accettare le divinità ateniesi. Aveva una relazione vivente con la voce divina, e non era, come ha insistito più volte, da nessun punto di vista un nemico degli dei. Ma che importava, se Socrate aveva irritato i cittadini influenti della sua città con la sua critica, il suo pensiero dialettico, libero da pregiudizi? Socrate fu condannato a morte e, dopo aver rifiutato di fuggire da Atene (come i suoi studenti gli avevano proposto), ha coraggiosamente svuotato una tazza di cicuta e è morto. Avete dimenticato in quali circostanze Stefano, il discepolo degli Apostoli, ha concluso la sua vita terrena? “Perciò sobillarono alcuni che dissero: «Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero: «Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge»” [Atti 6,11-13] Fu considerato colpevole e lapidato a morte. Spero anche che tutti voi ricordiate bene come gli ebrei risposero a Cristo: “Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia” [Giovanni 10, 33] E infine faremmo bene a tenere presente quello che dicevano di Cristo: “Ha un demonio ed è fuori di sé” [Giovanni 10, 20]
Se le autorità, gli zar, i presidenti, primi ministri, la gente, e i giudici avessero capito cosa significa “Misericordia io voglio e non sacrificio” [Matteo 9, 13], non avrebbero messo degli innocenti sotto processo.
Le nostre autorità, tuttavia, si spicciano con le condanne, e mai con le proroghe. A questo punto, vorrei ringraziare Dmitry Anatolyevich Medvedev per averci fornito il seguente eccellente aforisma. Ha sintetizzato così il suo mandato presidenziale con l’affermazione: “La libertà è meglio di non-libertà”. In linea con le parole di Medvedev, il terzo mandato di Putin può ben essere sintetizzato dall’aforisma “La prigione è meglio della lapidazione.” Vorrei che si considerasse attentamente il seguente brano dai Saggi di Montaigne, che sono stati scritte nel 16° secolo e predicavano la tolleranza e il rifiuto scettico di qualsiasi sistema o dottrina unilaterale: “Si dà un enorme valore alle congetture di qualcuno, se a causa di queste si decide di mettere qualcun altro al rogo”.
Vale la pena di esprimere un tale giudizio sulle persone viventi e metterle in prigione sulla base di congetture, non giustificate dal pubblico ministero? Dal momento che non abbiamo mai nutrito sentimenti di odio religioso, i nostri accusatori devono ricorrere a falsi testimoni. Uno di loro, Matilda Ivashchenko, si è vergognata di se stessa e non si è presentata in tribunale. Rimangono le false testimonianze di Mr. Troitsky e Mr. Ponkin, e quella della signora Abramenkova. Non c’è altra prova del nostro odio fatta eccezione per la cosiddetta “valutazione di esperti”, che il giudice, se è onesto e leale, deve considerare inammissibile come prova di fatto, in quanto si tratta di un testo non rigoroso né obiettivo, ma uan carta sporca e falsa che ricorda i documenti dell’Inquisizione. Non ci sono altre prove che possono confermare l’esistenza di un movente. I pubblici ministeri hanno rifiutato di dar voce a brani tratti dalle interviste delle Pussy Riot, dal momento che questi stralci non farebbero che dimostrare l’assenza di qualsiasi motivo. Perché non avete preso in considerazione il seguente testo – che, per inciso, è apparso nell’affidavit – che abbiamo presentato al pubblico ministero? “Noi rispettiamo la religione in generale e la fede ortodossa in particolare. Per questo motivo siamo particolarmente infuriate quando la filosofia cristiana, che è piena di luce, viene utilizzata in modo così sporco. Ci fa male vedere queste belle idee ridotte in ginocchio”. Questa citazione è apparsa in un’intervista che il Russian Reporter ha fatto alle Pussy Riot il giorno dopo la nostra performance. Stiamo ancora male, e ci provoca ancora dolore vero considerare tutto questo. Infine, la mancanza di odio o di ostilità verso la religione viene ribadita da tutti i testimoni chiamati a testimoniare dai nostri avvocati. Oltre a tutte queste evidenze, vi chiedo di prendere in considerazione i risultati delle valutazioni psicologiche e psichiatriche numero 6, ordinate dalle autorità carcerarie. Il rapporto ha rivelato quanto segue: i valori che abbraccio sono la giustizia, il rispetto reciproco, l’umanità, l’uguaglianza e la libertà.
Questo è stato scritto da un perito, una persona che non mi conosce personalmente, anche se è possibile che Ranchenko, l’interrogante, desiderasse una conclusione diversa. Ma sembra che ci siano più persone nel mondo che amano e danno valore alla verità che quelli che non lo fanno. La Bibbia è corretta in questo. In conclusione, vorrei leggere le parole di una canzone delle Pussy Riot, che per quanto strano possa essere, si è rivelata profetica. Immaginavamo che “il capo del KGB e il Santo Capo arrestassero i manifestanti e li portassero in prigione”. È toccato a noi.
Né io, né Alyokhina, né Samutsevich abbiamo mostrato di possedere delle emozioni potenti e stabili o altri valori psicologici che potrebbero essere interpretate come odio verso qualcosa o qualcuno.
Quindi: “Aprite tutte le porte, toglietevi tutti i gradi e le medaglie. Venite, assaporate la libertà con noi “. [Pussy Riot]
Questo è tutto.