Devo confessare, a mio rischio e pericolo, che in questi tempi di indignata e onnipervasiva condanna dei riprovevoli costumi delle ragazze definite escort o bollate come prostitute, sento risuonare note false.
Non perché sia convinta che un comportamento valga l’altro, o che ciascuno debba farsi i fatti propri. Al contrario, vorrei parlarne ancora di più. A partire dal fatto che – non penso di rivelare un segreto – per ogni donna disponibile a dare sesso in cambio di denaro (o di carriera o di altri vantaggi) si conta un numero cento volte maggiore, a essere prudenti, di uomini pronti a quello scambio.
Per questo mi convincono poco certi maschi (ma anche molte femmine che cadono nella trappola) pronti a combattere per le donne offese da certi mercimoni offendendo prima di tutto le donne che li praticano.
Riterrei più utile e più onesto che quegli uomini cominciassero a pensare a se stessi, a interrogarsi pubblicamente sul modello di potere che accettano o che sostengono (parlo del modello di relazione tra i sessi) e su certe forme di prostituzione non meno odiose di quelle che coinvolgono il corpo, ma che nessuno riconosce come tali.
Parlo della svendita dei propri principi e della propria faccia, in cambio di potere o di carriera. Di questo genere di prostituzione gli uomini sono maestri, ma prostitute (o escort) sono solo le donne.
Cari signori, a quando un po’ di autocoscienza?