Prima della classe, laurea con lode, prima nel campionato di tiro delle donne poliziotto, “Clementina la dura” (La Stampa, 23 luglio), “senza padroni e senza guinzaglio” (Corriere della sera, 21 luglio): ecco una magistrata che è garantista con i presunti terroristi, che difende l’immigrato arrestato in modo brutale e che, sfrontatamente, scrive nero su bianco che due potenti come D’Alema e Fassino sarebbero “complici di un disegno criminoso”. Robin Hood con la gonna e con la toga.
Tutta la politica è in subbuglio e (quasi) tutta la bacchetta. Compreso il capo dello Stato. Comunque sia: una donna al centro.
Ma ci piace Clementina?
A me neanche un po’. Detesto i giudici che si sentono investiti da missioni salvifiche, che vogliono sostituirsi alla politica, che emettono sentenze prima del processo. Sia che si chiamino Di Pietro, Woodkock o Forleo. Nel caso di quest’ultima, addirittura, si giudicano colpevoli persone che non sono neppure indagate. Questa prepotenza rivela, per l’appunto, la “sindrome della prima della classe”. Colpisce spesso le donne che ce la fanno a emergere.
Ma è un segno dei tempi, un buon segno, che si possa criticare, anche molto aspramente, una donna.
In questi giorni un’ altra signora combattiva ha scompigliato la politica, per lo meno quella di centro sinistra. Rosy Bindi ha sparigliato le carte delle primarie del partito democratico, ha rotto lo schema ancillare (mascherato dalla disciplina di partito e di schieramento e anche dalla solidarietà di sesso) che ha impedito, finora, a signore politiche capaci e intelligenti, di dire “Io”. “Il gesto di Rosy –scrive Claudia Mancina su Il Riformista (20 luglio)- è molto poco italiano: somiglia a quello di Ségolène Royal, che ha sfidato il partito e ha costretto gli altri a schierarsi”.
Franca Chiaromonte, senatrice ds, femminista, fondatrice di Emily, “tradisce” la “forte e decennale relazione con Walter Veltroni” e si schiera con lei (Adnkronos, 20 luglio). Anche lei spariglia, eccome. “E’ arrivato il momento –dice- di far contare il peso e l’ autorevolezza delle donne”.
E poiché il protagonismo è contagioso non stupisce che su Repubblica (21 luglio) una figlia polemizzi (garbatamente) con il proprio padre scrivendo alla rubrica di cui egli è titolare. Natalia Augias, giornalista del giornale radio, contesta al più noto Corrado di aver minimizzato e ridotto a “cattiva educazione” le molestie che le donne, soprattutto quelle con scarso potere contrattuale, subiscono nei luoghi di lavoro. Caro papà, scrive “temo di dover dire che il tuo punto di vista non è molto aggiornato”.