Manifestazione al Parco Verde
Bisogna ripensare la mascolinità. Sicuramente. Mia nipote, terza elementare, frequenta una buona scuola del centro di Roma, dove imparano a leggere bambini italiani e stranieri, figli di intellettuali e figli di immigrati cinesi, ucraini, sudamericani. Racconta mia nipote che “il sesso forte” (otto, nove anni), approfittando dell’assenza della maestra, rapidamente si cala i pantaloni per esibire “quel coso lì che fa schifo”. Così si affaccia al mondo il sesso maschile?
Situazione profondamente diversa, altro gioco, questa volta terribile, con due cugine di dieci e dodici anni (“due sorelle non devono per forza avere lo stesso sangue” ha scritto la dodicenne sui social) violentate da otto minorenni e due maggiorenni (ma il numero non è certo) nel centro sportivo Delphinia del Parco Verde di Caivano, abbandonato alle siringhe e alle svastiche e prima o dopo, chissà da quanto tempo, abusate nella villa comunale di Caivano. A due passi dalla sede della polizia municipale.
Altro scenario con la cronaca dello stupro avvenuto il 7 luglio, di una diciannovenne da parte di sette giovanissimi, tra cui un amico traditore, nel Foro Italico di Palermo. Lei beve, i maschi la massacrano.
Commenta il compagno della presidente della Consiglio: “Se eviti di ubriacarti, eviti di incontrare il lupo”. Veramente, nelle notti d’estate di ragazzi ubriachi se ne incontrano a decine, ma non vengono stuprati da un gruppo di appartenenti al loro sesso. Complicità tra maschi?
La prima donna presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, invitata da don Maurizio Praticiello (il parroco del Parco Verde che gira con la scorta, invoca la presenza dello stato e guida una fiaccolata con poche persone) sarà domani in mattinata al Parco Verde di Caivano. Mentre la Lega e il ministro Salvini ripropongono la castrazione chimica. La ministra Eugenia Roccella indica il pericolo dei siti porno citando in appoggio la proposta di chiudere questi stessi siti da parte della star del porno, Rocco Siffredi. Il ministro Maurizio Valditara immagina testimonial-vittime nelle scuole per la giornata contro la violenza del 25 novembre.
Intanto, il 17 agosto ennesimo femminicidio: accoltellata dall’ex marito Anna Scala a Piano di Sorrento. Schifo, rabbia, indignazione; più spesso rassegnazione perché “tanto, non c’è niente da fare”. Eppure, bisogna curare la violenza che mina le relazioni affettive tra i sessi.
Per questo, manifestano a Palermo le femministe di Non una di meno e l’Udi a Mondello; Bruno Mazza, che guida l’associazione “Infanzia a vivere” progetta il riscatto dell’insediamento del Parco Verde; Marco Rossi Doria, presidente dell’associazione no profit “Con i bambini” (opera in tante zone difficili) parla dello sguardo particolare che bisogna avere per le bambine in difficoltà, soggetti più a rischio. La penisola sorrentina, i suoi paesi, piangono Anna Scala spengendo le luminarie e rinunciando ai fuochi d’artificio in onore dei santi patroni. Alcuni uomini che sulla violenza lavorano (nei gruppi di Maschile plurale), cercano un cambiamento dei rapporti tra uomini e donne. Osserva Stefania Tarantino (
sul “Manifesto” del 29 settembre) che “il sesso c’entra eccome”.
Il sesso è il regista della scena che vede bulli, partner violenti, stupratori giovanissimi, omicidi di sesso maschile e vittime di sesso femminile.
La stampa punta il dito sulle condizioni ambientali del Parco Verde di Caivano, l’insediamento che di verde ha solo il colore delle palazzine popolari fatiscenti dove l’assegnazione degli immobili la decide la camorra: la più grande piazza di spaccio europeo, immancabilmente aggiungono gli articoli. E il presidente de Luca: “Serve un anno d’assedio militare”.
Ma degrado, droga, disoccupazione, povertà, nulla può giustificare la violenza sulle donne per la segretaria del Pd, Elly Schlein. Eppure, le diseguaglianze sociali un qualche peso ce l’hanno. Se trovi intorno il deserto, i muri scrostati, i mucchi di immondizie pensi che non ci sia altro da “quell’inferno che non lascia via di scampo a nessuno” (la madre di una delle ragazzine abusate sul “Mattino” del 26 agosto). Madri che vogliono fuggire; altre madri fiere di restare al Parco Verde. Tuttavia, con lo stato lontano, assente, può la famiglia supplire al vuoto istituzionale?
Cinquemila, seimila persone abitano in questo insediamento dal terremoto del 1980. Qui la camorra soffia sulla paura, sul ricatto, sull’omertà. Le due bambine non comparivano a scuola; giocavano con i social; forse obbedivano agli stupratori; forse tacevano per una ricarica telefonica.
Secondo i servizi sociali (solo tre assistenti, per legge dovrebbero essere sette) la famiglia di una delle due vittime – padre operaio, madre casalinga – avrebbe dovuto controllare perché la figlia seguiva uno “stile di vita sbagliato”. Dalla relazione inviata al pubblico ministero del Tribunale dei minori “lo stile di vita… è senz’altro frutto della grave incuria dei genitori che, con ogni evidenza, hanno omesso di esercitare sulla figlia il necessario controllo, così esponendola a pericolo…”.
I magistrati della Procura hanno deciso di allontanare le bambine dalle famiglie che pure avevano denunciato rischiando ritorsioni, insulti, vergogna pubblica.
I residenti sussurrano che si conosceva la devastazione in cui vivevano. Il padre, la madre non hanno spiato il cellulare delle figlie, vietato TikTok oppure si sono girati da un’altra parte?
Un ruolo fondamentale in questi orrori lo svolgono i cellulari, con i video scambiati, messi in circolo, forse venduti. D’altronde, social e web rappresentano la scena virtuale dove il sesso si traduce in aggressività e lo stupro in una lotta di autoaffermazione.
È “la solitudine dei ragazzi che devono danneggiare l’altro per esistere” spiega Cesare Moreno (presidente dell’associazione Maestri di strada onlus) nell’intervista
sul “Corriere del mezzogiorno” (del 26 agosto). Servirà a proteggere le ragazze, le bambine l’uso dei social ma per imitare il trucco di Ariana Grande, per ripetere le parole di Sfera Ebbasta? “Lei si è sentita male ed è svenuta più volte. Abbiamo fatto un macello, ci siamo divertiti”.
Che si può fare di fronte a questo spreco di esistenze?
Abbattere case, piantare alberi, mandare l’esercito, accusare il disagio sociale, la miseria, rivendicare la formazione dei poliziotti, contestare le sentenze assurde di magistrati e magistrate? Provare a educare alle emozioni, ai sentimenti attraverso la scuola, la famiglia? Chiedere al padre, alla madre di assumersi un compito educativo che rimetta al centro le buone relazioni?
La diciannovenne di Palermo, una terribile storia famigliare alle spalle, ha respinto le accuse arrivate sui social dopo l’ubriacatura, le botte, lo stupro. L’ha fatto con un linguaggio duro, senza convenevoli, rivolgendosi a chi la colpevolizza per lo stupro, scrivendo su Instagram un post dove rivendica le sue scelte; non vuole essere giudicata perché “non siamo noi a doverci nascondere, sono loro a doversi dare una regolata”.
Ma la regolata non arriva. “Mi state portando alla morte. Non ho più voglia di lottare. Se riesco a farla finita porterò tutti quelli che volevano aiutarmi nel cuore”. Viene trasferita in una comunità protetta, dove potrà lavorare.
D’altronde, il padre di un’altra vittima, la ragazzina abusata a Roma, a Primavalle, l’aveva previsto: “Sarai sola” (“Repubblica” del 28 agosto). Perché sì, quel “te la sei cercata” continua a perseguitare il sesso femminile.
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