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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Le distrazioni della campagna elettorale

17 Settembre 2022
di Letizia Paolozzi

Giorgia Meloni e Viktor Orbàn

Se Usbek e Rica, i due viaggiatori delle “Lettere persiane” sbarcassero oggi nel nostro Paese, avrebbero di che riempire intere pagine osservando la campagna elettorale. E gli scarti funambolici che si traducono in elementi rivelatori di questo pur breve periodo.
Intanto, noterebbero i due la meraviglia dei media perché una donna sembra essere riuscita a incrinare l’italico tetto di cristallo. Di qui, la consacrazione (“santificazione preventiva” l’ha chiamata Ida Dominijanni) della leader di Fratelli d’Italia, l’unica ad aver praticato una politica vincente. Applausi e standing ovation. Onta e derisione per le donne di sinistra che troppo obbedienti, troppo fedeli, troppo subalterne? non ci sono riuscite. Se sia o no “una politica che fa l’interesse delle donne” (Manuela Caiani, Federico Stefanutto Rosa sulla www.rivistailmulino.it dell’8 settembre) questa della destra non pare una domanda significativa, meritevole di attenzione per i media, figuriamoci per i social.
Da una simile meraviglia deriva poi una sorta di distrazione di fronte alle note stonate del partito, Fratelli d’Italia, guidato dalla giovane leader. Minuscolo esempio: se per il responsabile cultura del partito di Giorgia Meloni la Rai (che per parte sua non ne possiede i diritti) non deve trasmettere l’episodio di Peppa Pig e dell’orsetto con due madri, la cosa solleva un’alzata di spalle. Questione di buon senso. D’altronde, non è risaputo che un bambino con un padre e una madre cresce meglio, più sano e più vispo, di quello adottato da single e gay? Sarà risaputo ma, per le beffe della vita, circolano bambini con genitori dello stesso sesso felici e altri con genitori eterosessuali infelici.
Bisognerebbe tenere presente che avere assennatezza – il buon senso – confina spesso con il conformismo, i cliché, i pregiudizi e serve a giustificare politiche ingiustificabili sull’immigrazione, sull’ordine pubblico, sui modelli di società, sui programmi dei partiti fratelli come Vox, Orban e adesso la nuova coalizione di centrodestra svedese (sostenuta forse dall’appoggio esterno dei “Democratici svedesi”) con Jimmie Akesson, giovane leader del partito e membro dei Conservatori europei, partito Ue guidato dalla leader di FdI, uniti tutti dalla lotta all’invasione dei migranti. Tant’è che, mentre il Parlamento europeo condannava “il regime ibrido” ungherese, Lega e Fratelli di Italia votavano contro quello che considerano “un documento politico” e terribilmente ideologico.
Altro elemento a sconcertare i nostri viaggiatori questo gran parlare di “diritti” e del “diritto all’aborto”. Sanno bene, i due, che per la Corte Suprema degli Usa l’aborto non è più un diritto che rientra sotto la copertura costituzionale ma va demandato alle giurisdizioni dei singoli stati. Significa, si chiedono, che i diritti come te li do te li posso cancellare?
In effetti, la leader di FdI ha annunciato: “Daremo alle donne il diritto di non abortire” aggiungendo che “se esiste una donna che sceglie di abortire perché ritiene di non avere un’alternativa ad esempio per ragioni economiche, ma vorrebbe avere un’alternativa, ebbene vorrei darle quell’alternativa”.
Ora, a parte il fatto che nel palleggiarsi elettorale del tema sull’interruzione volontaria della gravidanza mai che venga citata la responsabilità maschile nel mettere incinta una donna, le alternative le offrono già gli ospedali dove i medici non praticano l’aborto, i luoghi dove compaiono i volontari dei movimenti anti-scelta.
Tanti sono i motivi per cui si decide di non voler diventare madre e non soltanto perché vittima di una situazione economica o sentimentale o sociale.
Dire sì alla nascita di un figlio oppure rifiutarsi di generarlo attengono solo al potere creativo e alla competenza femminile anche se non vengono mai prese in considerazione da chi cerca di controllare corpi e sessualità proponendo l’immagine di un essere inconsapevole, irresponsabile. Massimo Gandolfini, Movimento del Family Day, voleva “donne sottoposte a una ecografia così da avere piena consapevolezza del gesto che stanno per compiere”. Il governo Orban si sarà ispirato a quella proposta nell’aggiungere ai requisiti per poter abortire l’obbligo per i medici di fornire alle donne incinte la prova “chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto (data dal battito fetale o da un’ecografia cardiaca)”.
Ancora, i protagonisti di “Lettere persiane” sono sbalorditi dal fatto che in questa campagna elettorale, nonostante i drammi suscitati ancora l’altro giorno nelle Marche dalla fragilità di un territorio indifeso e abusato, al clima, all’ambiente, si sia solo accennato. Mentre sulla guerra in Ucraina non vengono indicati gli obiettivi per uscire dalla crisi. Anzi, sembra che debba andare avanti all’infinito. Eppure, dall’Africa all’Asia all’America latina, il campo dei paesi che non vogliono scegliere tra occidentali e Russia è molto vasto. Certo, capisco. Si tratta di paesi lontani, con altri costumi, altri modelli, altri stili di vita.
Però non così distanti in un mondo interconnesso e interdipendente. Non sarebbe possibile all’Italia, senza che venga considerata una bestemmia o un tradimento, almeno accennare alla speranza che si cerchi un compromesso invece di scommettere sull’eclisse di Putin?
Usbek e Rica che hanno girato il mondo, si domandano se, attraverso la guerra in Ucraina non si voglia stabilire un rapporto di forza in Europa più che una battaglia sui principi violati da tutti a partire dal Kosovo, Irak , Libia.
Poi hanno ascoltato la voce del papa e si sono consolati: “Il dialogo può puzzare ma si deve fare”.

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