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Microcritiche / Molta Sophia ma poco Romain Gary

20 Novembre 2020
di Ghisi Grütter

LA VITA DAVANTI A SÉ – Film di Edoardo Ponti. Con Sophia Loren, Ibrahima Gueye, Babak Karimi, Renato Carpentieri, Massimiliano Rossi, Francesco Cassano, Italia Usa 2020. Fotografia di Angus Hudson, musica di Gabriel Yared –

Netflix ha prodotto l’ennesima versione cinematografica del romanzo La vie devant soi di Romain Gary, scrittore lituano francesizzato che si firmò Emile Ajar e ricevette il premio letterario Goncourt nel 1975. Due anni dopo fu girato il film omonimo che, interpretato dall’indimenticabile Simone Signoret (Mamma Rose) e diretto da Moshé Mizrahi, vinse l’Oscar 1978 come miglior film straniero.
La vicenda aveva luogo nel quartiere parigino multietnico di Belleville e Momo, il ragazzino protagonista interpretato da Mohamed Zinet, era algerino.
Nel romanzo pubblicato da Rizzoli nel 1976, lo scrittore aveva creato questo personaggio, uno dei suoi migliori, cresciuto da Madame Rose che era (ed è anche nel film di Ponti) una ex prostituta ebrea reduce da Auschwitz la quale, per arrivare alla fine del mese, si prendeva cura dei figli delle colleghe che non riuscivano farli crescere. L’originalità del libro forse risiedeva proprio nel fatto che Momò raccontava in prima persona – in un linguaggio spontaneo e poetico – ciò che vedeva attraverso i suoi occhi: varie storie di immigrazione, di emarginazione di degrado, e di miseria caratterizzate, però, da un forte senso di solidarietà. Lì convivevano neri, ebrei e arabi, clandestini, prostitute e protettori. Sua madre, a differenza delle altre, non andava mai a trovarlo e sembrava che tutti volessero mantenere il segreto attorno alla sua origine.
Edoardo Ponti, figlio di Sophia Loren e Carlo, assieme a Ugo Chiti ha preferito trasformare il ragazzo in un orfanello dodicenne senegalese. Nel film l’arrivo di Momo dal carattere problematico – un ladruncolo che sembrerebbe davvero ineducabile – per l’anziana ex prostituta comporta fatica, difficoltà, ma anche guadagno. Tra la donna burbera, ma di gran cuore, e il ragazzino delinquente, ma in fondo bisognoso di affetto, nascerà dunque una storia che il regista carica eccessivamente di sentimentalismo.
La vicenda è stata trasposta dalla periferia di Belville alla mediterranea Bari, nel quartiere ottocentesco Murat che si estende con le strade a reticolo tra la ferrovia e la costa e costituisce, assieme alla città vecchia, l’attuale centro della città. Molte scene sono state girate sul lungomare in una parte più recente (anni ’50), altre nell’Antica Masseria Brancati alle porte di Ostuni con le architetture bianche a calce circondate da ettari di ulivi. Infine, altre scene ancora sono girate nel quartiere ebraico di Trani dove vanno tutti insieme a festeggiare il compleanno di Lola (Abril Zamora) una prostituta transessuale, ex pugile, alle prese con un figlio e con un padre, il quale mal digerisce la sua sessualità. Un personaggio che ricorda molto i protagonisti dei film di Ozpeteck e di Almodovar.
Il regista, ha scelto questa vicenda per fare recitare di nuovo la sua splendida madre ottuagenaria (finalmente senza lifting!). Però come molti critici rilevano (Mariarosa Mancuso) “il talento non è ereditario” e il film si regge solo sulla presenza scenica di Sophia che riconosciamo nei ruoli proletari dei suoi film migliori, anche se, a mio avviso, la sua espressione è più o meno la stessa per tutto il tempo.
“La vita davanti a sé” è stato accolto probabilmente meglio all’estero che in Italia. Forse noi abbiamo troppo vivo il ricordo della Loren in coppia con Mastroianni diretta da Ettore Scola (“Una giornata particolare” del 1977) o da Vittorio De Sica (“La ciociara” del 1960, “I girasoli” del 1970). Ciononostante si parla già di nomination agli Oscar 2021 per Sophia Loren.
Belle sono la fotografia (Angus Hudson) e le scene urbane (Maurizio Sabatini) spesso omaggio ad altri film. La terrazza con i panni stesi, ad esempio, sembrerebbe essere un tributo a “Una giornata particolare” di Ettore Scola.

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