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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

No al taglio: non cura il Parlamento né la politica

25 Agosto 2020
di Letizia Paolozzi

Sarebbe utile, per chi ha un’idea di come voterà al referendum sul taglio (345) dei parlamentari, non arrestarsi ai ragionamenti noti.
Vorrei provarci, anche se, evidentemente, molti dei discorsi ascoltati mi sono d’aiuto.
So ad esempio che questa riforma riduce la rappresentanza di interi territori; fa risparmiare in maniera irrisoria; non affronta ma approfondisce il problema del bicameralismo paritario, etc.
Alla riforma costituzionale che taglia i parlamentari (e a chi l’ha fortissimamente voluta) bisogna premettere un dato: che ad ispirarla è stato un alto tasso di ideologia: contro “la casta”; per restringere il numero delle “poltrone”, per “ridurre i costi della politica e rendere più efficiente il nostro parlamento” (Vito Crimi dei 5 Stelle).
È facile riconoscere che i parlamentari non hanno più l’autorità di anni lontani (e questo, spesso, per via delle loro malefatte). Il che comporta la sensazione di inanità sprigionata dallo stesso Parlamento con i decreti attuativi non attuati; i litigi, le polemiche artificiose; l’interesse palese ed esclusivo per la propria rielezione; il disinteresse nei confronti del proprio ruolo, della sua moralità (a dimostrazione la richiesta del bonus da parte di alcuni membri dell’assemblea). Si spiega così il balbettio dei parlamentari che non riescono neppure a dire: “Non siamo tutti ladri”.
L’idea che il Parlamento sia il male e che tutto il bene per la democrazia sia il rapporto diretto con il popolo – magari riassunto in un click sullo smartphone – mi pare vada sfarinandosi. La bandiera dell’ideologia in definitiva ha appesantito il Sì, facendo dimenticare i buoni argomenti pur presenti nei favorevoli al taglio.
Chi di populismo ferisce, con il populismo va in rovina.
Aprire la strada all’antipolitica, ha finito per rivelarsi un attentato alla politica. D’altronde, l’antipolitica funziona quando la politica diventa inefficace. In effetti, fu la magistratura al tempo di Mani Pulite che provò a intervenire cercando di rimediare alla crisi della rappresentanza sostituendosi al vuoto che si era creato.
Adesso, alla crisi della rappresentanza, mezzo Parlamento intende rispondere con il taglio dei parlamentari. Ma se tagli il nodo e non provi a scioglierlo, fai la stessa operazione iconoclasta di chi abbatte le statue senza trovare il modo per risarcire degli errori del passato.
Sulla crisi della rappresentanza, sarebbe stato preferibile una posizione meno manichea. Tuttavia i referendum sono così: ti costringono a schierarti.
Io che sono favorevole al No, di una cosa resto convinta: bisogna ritrovare un rapporto tra l’eletto e elettore. Un rapporto più caldo, più vicino alla realtà che cambia.
In questa fase della pandemia, si è molto parlato (senza riconoscerglieli) dei meriti delle donne perché si prendono cura della vita. Fino a esaltare il fatto che sia una volontaria cinquantenne la prima a sperimentare il vaccino anti-Covid dell’ospedale romano Spallanzani. Per contrastare il virus ci vuole empatia. Una riforma come questa sul taglio dei parlamentari non mostra alcuna empatia né ascolto del disagio sociale; non propone una cura adeguata; non contiene alcun segno di civiltà della cura che riavvicini l’elettore all’eletto, tra chi governa e i problemi, i bisogni degli uomini e delle donne.

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