Pubblicato sul manifesto il 4 agosto 2020 –
Amici in vacanza in Campania mi dicono che a Capri, contro le trasgressioni alle regole anti-coronavirus, sono intervenuti persino i cani poliziotto nelle aree delle varie tumultuose movide. In rete trovo conferma della notizia, solo che le operazioni – condotte dai Carabinieri in effetti con un certo dispiegamento di mezzi, dell’aria e del mare, e di uomini accompagnati dai fedeli segugi a quattro zampe – erano dirette a intercettare traffici di droga. Qualcosa è stato trovato, compresi – a quanto leggo – guidatori di imbarcazioni in “stato di ebbrezza”.
Siamo tutti più o meno stressati dal caldo e dalle notizie sul virus e a volte facciamo confusione.
Ma come non confondersi per come stanno andando le cose?
Confusione, antica parola latina, dal significato chiaro: se le cose si fondono insieme non si distinguono più le une dalle altre, e “il discernimento pare impossibile”, scrive il bel sito Una parola al giorno: quindi non si tratta di “un semplice sbalestramento perché ho preso una botta in testa, anzi è estremamente specifico e complesso: lo stato confusionale è un’impossibilità di organizzare la massa variegata di stimoli che si ricevono”. I fatti si accavallano sotto i nostri stanchi occhi, le informazioni si contraddicono da un medium all’altro.
Anche voi state pensando alla faccenda dei treni di questi giorni?
Dunque – a quanto, forse, ho capito – c’era una volta un decreto governativo che impone in tutti i luoghi chiusi, compresi mezzi di trasporto, distanziamento e mascherine. Il famoso metro, più o meno “statico” (per citare una delle cangianti invenzioni normative diffuse dal ministero dell’istruzione). Il decreto però, come quasi tutte le italiche leggi, prevede “deroghe”. Quindi l’affollamento dei treni era perfettamente legale. Ma il ministro della sanità, dopo severi rimbrotti del Comitato tecnico scientifico, e telefonate forse burrascose con la collega dei Trasporti, emette l’ordinanza: immediato dietrofront, sui treni distanziamento obbligatorio!
Non è nemmeno chiaro, altresì, quanto può ordinare l’ordinanza, e le Regioni del Nord – quantomeno sui trasporti pubblici locali – si guardano dall’applicarla. Trenitalia si affanna a promettere rimborsi dei biglietti e viaggi alternativi ai malcapitati che si accalcano nelle stazioni. Italo invece sopprime addirittura numerosi convogli. Ma come, verrebbe da pensare, se i posti diminuiscono obbligatoriamente per difendersi dal virus, e un sacco di gente vorrebbe andare in vacanza, i treni, semmai, dovrebbero poter essere moltiplicati! I capi dell’azienda si difendono dicendo che sarebbero stati “illegali”.
L’osservatore incredulo si domanda: ma era proprio impossibile trovare una soluzione un po’ diversa? Che so, concordare un periodo di qualche giorno per tornare alla “normalità” del distanziamento, lasciando magari ai cittadini la scelta di rinunciare al viaggio (ma con rimborso del biglietto) e non creare, o almeno limitare, questa specie di pandemonio?
Lo “stato di emergenza”, appena prorogato, forse non prevede l’uso del buonsenso.
L’ottimo Sabino Cassese si affanna a ripetere – ieri sulle pagine del Corriere della sera – che le riforme più urgenti, e persino poco costose, sarebbero quelle in grado di rimettere un pochino in funzione il variopinto apparato tardo bizantino dello Stato. Anche lui, però, ha ceduto alla tentazione di confondersi con i Salvini e i Bocelli anti-mascherine in un convegno al Senato un tantino confuso.
Si temeva una cupa deriva autoritaria della cara Repubblica verso lo “stato di eccezione”. Siamo invece precipitati in un originale “stato di confusione”, temo permanente.