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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

In una parola / Il contenzioso tra antipolitica e malapolitica

30 Giugno 2020
di Alberto Leiss

Abbiamo scoperto la commissione “contenziosa” del Senato, la quale ha annullato la delibera che aveva drasticamente ridotto, con non poche sperequazioni e sospetti di illegittimità (tra cui la retroattività), i vitalizi riconosciuti a ex parlamentari. Una realtà – va ricordato – rimasta dopo che i vitalizi sono stati aboliti per tutti i parlamentari ormai dal 2012. La parola contenzioso può essere sostantivo, ma anche aggettivo: in questo caso può significare “litigioso, amante delle dispute”, oppure “che concerne una contesa giudiziaria”. Dunque l’attributo “contenziosa” a una commissione parlamentare, per quanto stravagante, non appare del tutto linguisticamente infondata.
La cosa ha riacceso la disputa tra gli arcinemici, contenziosi si potrebbe dire, della “casta” come il ministro Di Maio, e chi viene iscritto al partito dei difensori a oltranza di ogni privilegio dei “politici”. Anche un leader fin troppo incline ai toni discreti come il segretario del Pd Zingaretti si è precipitato a twittare: “Sui vitalizi una scelta insostenibile e sbagliata. La cassa integrazione è in ritardo e si rimettono i vitalizi. Non è la nostra Italia”. Il riferimento a chi non ha ancora ricevuto il pagamento della cassa integrazione rivela un istintivo atteggiamento populistico, fatto di esclusiva sensibilità per la raccolta del consenso, per il termometro dei sondaggi quotidiani e dei risultati elettorali.
Era così difficile provare a dire un’altra cosa? Che la delibera era fatta male, nella fretta (grillina) di potere brindare sguaiatamente in piazza esibendo grandi forbici di cartone, e aveva causato anche inspiegabili differenze nel trattamento pensionistico riservato a persone molte delle quali in avanzata età, e spesso percettori di quell’unico reddito? Che poteva, e forse ora potrebbe, essere studiato un altro tipo di provvedimento, a base di contributi di solidarietà versati dagli ex parlamentari (sopravissuti, nel frattempo un buon numero ha cessato di godere dei privilegi su questa terra)?
Ci hanno provato alcuni osservatori come Marcello Sorgi, sulla Stampa, e Filippo Ceccarelli, su La Repubblica. Quest’ultimo, pur considerando l’intenzione “legittima e ragionevole”, ha stigmatizzato il modo: “Ecco che cosa succede a far le cose in fretta e furia, con uno slancio pari all’approssimazione, mossi da cieca necessità più che da prudente ragionevolezza, ma soprattutto prigionieri dell’enfasi, costretti a mostrare risultati, il prima possibile, probabilmente anche a se stessi”.
Tutto il contenzioso tra la pessima antipolitica che ha travolto istituzioni e opinione pubblica, e le gravi responsabilità di una “malapolitica” incapace di autorità e credibilità nei confronti dei cittadini, andrebbe in realtà riesaminato, approfondito. Per capirne le vere cause e trovare rimedi più seri.
Una buona occasione sarebbe il prossimo referendum sul “taglio” dei parlamentari. Molti esponenti della sinistra si sono già pronunciati per il No, e anche il direttore dell’Espresso Marco Damilano. L’argomento è proprio la critica a un’altra decisione presa sulla base di una generica posizione antipolitica e “anticasta”, che riduce la funzione della rappresentanza fuori da qualunque sensata proposta di riforma e di miglioramento del funzionamento di una istituzione democratica centrale come il Parlamento nella nostra Costituzione.
Sì, sarà giusto votare No, anche andando contro corrente. Bisognerebbe però essere capaci di aggiungere al rifiuto del populismo antipolitico una nuova proposta culturale e istituzionale. Un altro modo di parlarsi e stare insieme. Qualcosa capace di meritarsi il nome di politica, senza aggettivi.

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