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Microcritiche / Dialoghi politico-filosofici nella bella Lione

14 Febbraio 2020
di Ghisi Grütter

ALICE E IL SINDACO – Film di Nicolas Pariser. Con Fabrice Luchini, Anaïs Demoustier, Antoine Reinartz, Nora Hamzawi, Léonie Simaga, Maud Wyler, Alexandre Steiger, Thomas Chabrol, Francia 2019. Musica di Benjamin Esdraffo –

Il regista Nicolas Pariser con il suo secondo lungometraggio “Alice e il Sindaco” vuole rappresentare la crisi della sinistra francese attraverso un confronto e uno scambio generazionale. Siamo a Lione e Alice (interpretata da una brava Anaïs Demoustier) è una giovane trentenne laureata in lettere che ha studiato a Oxford, dove si manteneva dando lezioni di filosofia. Viene selezionata per un ruolo che le appare sovradimensionato rispetto alle sue capacità: fare da consigliera al Sindaco. O meglio una procacciatrice di “idee”.
L’attuale Sindaco socialista Paul Thereneau (interpretato dal sempre bravissimo Fabrice Luchini) è un ex pubblicitario convertitosi e dedicatosi completamente alla politica. Una volta era pieno di idee – «Avevo venticinque, quaranta, cinquanta idee ogni giorno» le confessa -, ma con il tempo e con la routine si è spento. Dopo trent’anni di attività politica è stanco e affaticato e ha quindi bisogno di “sangue giovane”, cioè di essere stimolato e di avere un interlocutore valido per rigenerarsi. Lasciato dalla moglie e senza figli, trova in Alice un’esponente della nuova generazione priva delle tradizionali ideologie politiche, ma piena di vitalità e di buone intenzioni. Il lavoro di Alice consiste nell’appuntare quotidianamente note da mandare al Sindaco ogni mattina, per motivarlo e stimolarlo.
Nonostante le loro diversità, o forse proprio per questo, si instaura tra loro un inatteso rapporto d’amicizia, per certi versi assomigliante a quello tra padre e figlia, nel senso di differenti mentalità a confronto, dall’altra a quella di un reciproco scambio in cui, talvolta, è la più giovane che si presta all’ascolto dei problemi dell’adulto.
Alice all’inizio si trova come una bambina nelle scarpe con i tacchi della mamma, e cioè in un ruolo più grande di lei, cui non era certo preparata. Ma con la tipica incoscienza giovanile che fa dire ciò che si pensa senza opportunismi e compromessi, riesce a stimolare di nuovo Paul Thereneau che ritroverà la voglia di lottare e, alla fine, riprenderà anche a leggere, considerato negli ultimi anni un lusso a causa della frenetica e impegnativa attività politica e istituzionale.
Alice e il Sindaco” è costruito come dei “dialoghi filosofici” e l’azione avviene solo attraverso scambi di battute. I dialoghi sono un po’ faticosi da seguire (specie per chi l’ha visto in originale) in quanto pieni di citazioni d’autori come Rousseau, Orwell e Melville. Inoltre, non è mai del tutto chiaro cosa esattamente lei scriva per stimolare il Sindaco.
Sul finale, in un unico piano-sequenza dove Paul e Alice scrivono il discorso per l’Eliseo a quattro mani, sembrerebbe che il Sindaco sia approdato a una posizione un po’ manichea (troppa influenza giovanile?) in cui tutte le colpe sono delle banche e dei banchieri.
Il rapporto tra l’anziano politico e la giovane filosofa è l’incrocio di due solitudini: quella di lui è dovuta al credere nella politica come missione – così afferma: «La politica è come la musica o la pittura: tutta la vita, sempre o niente» -, mentre quella di lei è dovuta al non avere le idee precise su cosa vuole realmente dalla vita né nel privato né nel pubblico – come succede, peraltro, a moltissimi giovani d’oggi.
Come rilevano molti critici, in questo film è palese il debito d’ispirazione che Nicolas Pariser ha con Eric Rohmer: ha confezionato un “cinema di parola” come una precisa dimensione intellettuale. Basti citare “L’Arbre, le maire et la médiathèque” del 1993 dove il giovane maestro – contrario all’idea della costruzione di una mediateca che dovrà abbattere un albero – era interpretato proprio da Fabrice Luchini, all’epoca quarantenne.
Ma a mio avviso, l’unica grande e vera protagonista di “Alice e il Sindaco” che ne esce vincitrice è Lione, una ricca città borghese di cui si vedono gli edifici lungo il Rodano, Notre-Dame de Fourvière sullo sfondo, e si apprezza il Renzo Piano Building Workshop della Cité Internationale.
Presentato al Festival di Cannes 2019 nella Quinzaine des Realisateurs, il film ha ottenuto una candidatura a Cesar e tre candidature a Lumiere Awards.

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