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In una parola / Il significato di essere Casa (a Viareggio)

16 Ottobre 2019
di Alberto Leiss

Pubblicato sul manifesto il 15 ottobre 2019 –

Hevrin Khalaf, nota attivista per i diritti e dirigente politica dei Curdi, è stata assassinata da miliziani alleati dei Turchi, o da terroristi islamici che agiscono grazie alla nuova guerra di Erdogan in Siria. A Orta Nova (Foggia) Teresa Santolupo, 54 anni, è stata uccisa a colpi di pistola insieme alle figlie Valentina e Miriana, 18 e 12 anni. A sparare il marito e padre Ciro Curcelli, guardia carceraria: dopo il delitto ha avvertito i carabinieri e si è ucciso. A Terracina è stato arrestato un uomo che terrorizzava i braccianti stranieri della sua azienda – supersfruttati – sparando verso di loro con un fucile a pompa.
Fatti molto diversi, ma un filo comune forse si può cogliere: la violenza nasce nei rapporti di potere. Qualcuno si sente “padrone”, con diritto di vita e di morte sugli altri, al vertice di uno Stato, a “capo” di una famiglia, o nell’impresa di cui è proprietario. Tutti maschi.
Venerdì (11 ottobre) ero a Viareggio, alla presentazione del libro di Manuela Ulivi Vive e libere. La violenza sulle donne raccontata dalle donne, edito da San Paolo, organizzata dalla Casa delle donne. La presidente Ersilia Raffaelli ha annunciato una serie di iniziative in vista del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Ha invitato a partecipare il giorno dopo a un presidio per esprimere “sdegno e dolore per il vile attacco della Turchia al popolo curdo”. “Si vuole distruggere – è scritto tra l’altro nel volantino per il presidio – l’esperienza straordinaria ed unica di una comunità, quella del Rojava, che ha fatto della libertà femminile il cardine della propria organizzazione, un esempio per tutto il mondo, Europa compresa”.
Nel suo libro – che vorrei leggessimo noi uomini – Manuela Ulivi racconta la propria storia di formazione e di impegno, all’inizio per la causa dei diritti dei lavoratori, e quindi per la libertà femminile. Oggi agisce e lavora come presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano, e come avvocata. Una parte importante del testo riguarda la storia di questa prima iniziativa femminista in Italia per sostenere le donne che vogliono liberarsi dalla violenza: da lì è venuto l’impulso a costruire l’attuale rete di centri antiviolenza fondati su una pratica di relazione tra donne che ha come base la ricerca della libertà di tutte.
Il nome “Casa” non è nato per caso, ma dal desiderio di realizzare rapporti tra donne capaci di offrire una alternativa culturale e anche affettiva – e politica – alla violenza che molto spesso ammorba la vita tra le mura domestiche. Così come tanti luoghi di una società che ogni giorno ha a che fare con sentimenti negativi, rancorosi, competitivi, aggressivi, che a fatica sono vinti dalla cura, dal riconoscimento dell’altro, dalla capacità di gestire i conflitti senza che degenerino nella violenza psicologica e fisica.
Anche a Viareggio si respira una certa cattiva aria “padronale” da parte di chi guida l’amministrazione comunale. Molti beni pubblici vengono “privatizzati”. Anche i locali che ospitano da 23 anni la Casa delle donne e il centro antiviolenza aperto dal 2001, sono in vendita. Le donne della Casa non rinunciano alla battaglia per difendere uno spazio che, tra l’altro, ha aiutato in questi anni più di duemila donne decise a sottrarsi alla violenza. Ma si attrezzano anche per trovare, se costrette, un’alternativa, e hanno lanciato una sottoscrizione alla quale si può partecipare versando un contributo su questo conto: Casa delle donne e centro antiviolenza Viareggio. IT75N0503424873000000000477.

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