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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Conte e Renzi non mi convincono. Meglio votare

1 Settembre 2019
di Letizia Paolozzi

Ancora non ho capito da quale pianeta arrivi questa demonizzazione del voto. Mi sono messa d’impegno ad ascoltare amici e amiche e le loro motivazioni: per esempio che Matteo Salvini vincerebbe a mani basse, che sarebbe il deus ex machina dell’elezione (nel ’22) del presidente della Repubblica.
Veramente “in una competizione elettorale niente può darsi per scontato in partenza” (Emanuele Macaluso sul “Mattino” del 31 agosto). Secondo me c’è molto autolesionismo da parte di chi, evitando il voto, suppone in questo modo di liberarsi di Salvini.
Pur essendo una creatura dei social, di Salvini non ci si libera con operazioni in cui cambiano le alleanze grazie a uno zelante premier che, dopo il Conte 1 si sta per trasformare nel Conte 2. Certo, sarebbe complicato lavorare alla cancellazione dei segni lasciati dal precedente governo nel linguaggio (i bacioni, le zingaracce, il partito di Bibbiano); nei comportamenti (il machismo, il razzismo); nei metodi (autoritarismo, minacce). Certo, i media temo non siano in grado di dare una mano dopo che sono rimasti una mezz’ora davanti al negozio della Tim dove era entrato Conte assieme al figlio magari per comprargli un cellulare Huawei.
D’altronde, una domanda sul perché, fino adesso, le parole della sinistra non hanno avuto la forza di capire, discutere, cambiare, respingere quei segni, non è facile porsela. Dicono: la sinistra si sarebbe presentata impreparata all’appuntamento elettorale. Non imparerà mai a fare l’opposizione. Significa che il nuovo battesimo dipenderà dallo stare al governo, una specie di lavacro che la farà risorgere “più bella che pria”?
Pare che oggi, con una nuova maggioranza, noi cittadine e cittadini avremo finalmente le condizioni per discutere. Quasi che fino a due mesi fa ci fosse stato il bavaglio del fascismo. Sul serio eravamo pronti a obbedire ai “pieni poteri” chiesti da Salvini?
Comunque, nessuno mi ha ancora spiegato in quale modo si impedirà di nuocere a leggi varate con la collaborazione Lega-5 Stelle (decreti sicurezza, legittima difesa). Resteranno, e ci viene promesso dal Pd quasi si trattasse di una generosa concessione (ma si sa che il governismo è la malattia senile del socialismo), che saranno ascoltati i rilievi fatti dal presidente Mattarella.
Dunque, i porti li apriranno tra le otto e le dodici e le pistole saranno finte?
Allo stato attuale non mi ha aiutata a trovare delle risposte rassicuranti il lavoro di tessitura, il “nuovo umanesimo” del premier passato e probabilmente futuro. Magari, la “perla rara” (definizione di Luigi Di Maio) è tale grazie alla sua flessibilità e la geniale opera del suo consigliere e portavoce, Rocco Casalino. E’ sufficiente a superare la crisi?
Non mi ha rassicurata l’intervista a Matteo Renzi (sul “Sole 24 Ore” del 1 settembre) sull’importanza dell’economia e la necessità che il nuovo governo sostenga chi produce. Certo, il discorso è giusto dato che l’occupazione crolla e la recessione minaccia l’Europa ma a chi si rivolge oltre agli imprenditori? Non aiuta bypassare gli operai delle decine di fabbriche in cassa integrazione, i precari, i disoccupati, le donne tornate a casa per occuparsi della famiglia. E poi, per conoscenza dell’ex segretario Pd, bisogna capire i sentimenti – razionali o irrazionali che siano – e le tendenze della società.
Ho accostato i due nomi – Conte e Renzi – perché entrambi hanno una dote: la tempestività. Dubito però che sia sufficiente a dissolvere la paura. D’altronde il governo non è come giocare al calcio-balilla, o con la play-station.

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