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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

In una parola / Antifascismo e culture delle sinistre

30 Giugno 2019
di Alberto Leiss

Pubblicato sul manifesto il 25 giugno 2019 –

Bisogna informarsi con apertura anche delle posizioni politiche più distanti dalle nostre. Ieri (24 giugno) sul Foglio del lunedì un articolo di Giuliano Ferrara sollevava dubbi sulla richiesta dell’Anpi – seguita dai sindacati e da partiti come il Pd e Sinistra Italiana, e altre associazioni come l’Arci – di scogliere perché fuori legge Casa Pound e Forza Nuova. Mentre un lungo articolo-manifesto di Marco Minniti si cimentava sulle scelte che dovrebbe imboccare il Partito democratico per uscire dalle secche del voto politico e europeo.
Queste letture mi hanno fatto pensare a quanto sia ancora troppo debole una riflessione di fondo sulle insufficienza della cultura attuale della sinistra, anzi delle diverse culture delle varie sinistre, politiche, sindacali, associative.
In estrema sintesi i ragionamenti – su piani certo molto diversi – di Ferrara e Minniti erano questi: connotare l’antifascismo in senso repressivo, sia pure a norma di legge, rischia di riaccendere una spirale di violenze che il nostro paese ha già conosciuto in passato. Per quanto riguarda poi il presente e il futuro del Pd, oltre che a politiche attente alla richiesta di “protezione” che sale da strati sociali colpiti dalla crisi, e su cui ha buon gioco la propaganda anti-immigrati di Salvini, questo partito – secondo Minniti – dovrebbe mantenere un pluralismo basato sul scelte che guardano “alla maggioranza” dei cittadini, e soprattutto valorizzare molto il ruolo dei sindaci e degli amministratori locali, che dovrebbero acquisire peso decisionale in quanto artefici delle “politiche di vicinanza” più legate ai problemi reali dei cittadini.
Penso che il primo “consiglio” non vada ignorato. La spirale di violenze di marca fascista di cui siamo testimoni, che purtroppo non mi sorprende, e delle quali tendo a giudicare gravemente responsabile l’attuale ministro dell’Interno, più dei caporioni neofascisti, va contrastata con la massima determinazione. E mi sembra giustissimo che l’Anpi, le sinistre e i sindacati si mobilitino per esigere da polizia e magistratura – e dal Viminale – l’individuazione e la punizione più severa dei responsabili, che quasi ogni volta si rivelano “militanti” di queste formazioni. Sul passo successivo, lo scioglimento di Casa Pound e di Forza Nuova, ho invece qualche dubbio. Banalmente: non mi va che possano fare la parte di vittime della “repressione” gli autori e gli ispiratori delle violenze. Visto che il fenomeno neofascista esiste e ha anche qualche radicamento in alcuni quartieri popolari (in forme e modi semmai da conoscere e analizzare meglio: ma questo sarebbe possibile se sinistre, sindacati e associazioni antifasciste fossero più presenti negli stessi territori) non è preferibile la loro emersione “legale”, in modo che dirigenti e iscritti possano essere continuamente richiamati alle loro responsabilità? E individualmente puniti se autori di illegalità?
Più complesso il discorso sulla cultura del Pd. Il richiamo ai sindaci era stato fatto anche da Renzi, ma il modo sconsiderato – a dir poco – con cui lui e i suoi hanno affrontato tutto il tema istituzionale e costituzionale ha dimostrato l’inconsistenza di questo semplice richiamo. Un partito che si volesse realmente plurale, dovrebbe poi fare i conti con l’aggiornamento delle sue diverse radici (comuniste, socialiste, cattoliche, liberaldemocratiche, ambientaliste – e maschiliste? O femministe?): tutte culture politiche oggi bisognose ognuna di revisioni radicali, e di una difficile ricerca dei possibili punti di contatto. Ma di tutto questo non mi sembra di vedere per ora alcuna traccia.

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