Maurizio Martina e Giuseppe Provenzano all’incontro “Sinistra anno zero”
Dopo il 4 di marzo, data-spartiacque nel senso del terremoto che ha investito la sinistra, qualche uomo di buona volontà si tira fuori dalle macerie e prova a scavare nel disastro per trasformarlo non in una via di fuga. Ma piuttosto in un’opportunità.
Le persone che decidono di mettersi insieme, vogliono contrastare il negativo del caos attuale (o dei litigi?) che regna nel Partito democratico. Peppe (Giuseppe)Provenzano, direzione Pd, vicepresidente dello Svimez , ragazzo simpatico, non arrogante (di questi tempi è già un miracolo) e altri maschi e femmine di buona volontà riuniscono per una giornata militanti, dirigenti del Pd, separati (con strazio) dal Pd, malmostosi e tuttavia affezionati al Pd. Verranno in tanti i non renziani (incluso il reggente Martina).
“Qui c’è una comunità dispersa di tutte le età” dice Provenzano. Una comunità di giovani più che di anziani. Dato originale questo di vedere poche teste bianche in una riunione dove c’è di mezzo la rappresentanza, il governo, le alleanze, le istituzioni, i partiti. Titolo dell’incontro: “Sinistra anno zero”, non è di quelli (come nota Gianni Cuperlo) che promettono risate alla Checco Zalone. Bisognerà trovarne uno più scanzonato, dal momento che non aveva una conclusione ottimista “Germania Anno Zero” della trilogia di Rossellini.
Vero è che molto, direbbero a Napoli, ha fatto “fetecchia”. Nella politica e nel Pd. L’idea di giustizia sociale scomparsa da intere aree del Paese; le diseguaglianze cresciute; l’europeismo di maniera. Il Sud lontano sempre più dal Nord; le migrazioni minacciose: il mondo va in un’altra direzione da quella della sinistra. I processi di globalizzazione ribaltano l’agenda dei valori: lavoro, redistribuzione del reddito, giustizia sociale, partecipazione addio?
C’era una volta quel Pd nato male, che incollò insieme due forme flosce, senza identità e senza vitalità. Chi prendeva duemila euro al mese adesso ne prende ottocento. Ora chi era ricco, diventa un Creso; chi povero, un invisibile. Aumenta “la mutilazione simbolica” (Pierre Bourdieu) del non-lavoro mentre in tanti mettono il proprio corpo al lavoro, davanti al computer. Si degrada la vita quotidiana che ti sbatte in faccia tutta la paura del presente e la cancellazione del passato. Eppure andrebbe nominata (nella riunione non c’è grande sforzo) anche la mappa delle esperienze belle, legate alle pratiche di vita, alle invenzioni efficaci, alle soluzioni flessibili (commercio equo e solidale, finanza etica, consumo critico, orti, volontariato, cohousing, social street). Non serve una critica becera dei 5 Stelle; piuttosto – e qui ha ragione Macaluso – badate che tra i modi di partecipazioni ci sono pure i
click dei grillini.
Sono dati di una nuova realtà che comprende le donne. Soggettività in movimento, in relazione con il mondo. Indicano un modo di abitare, lavorano a un’economia dei legami, si prendono cura del bene comune.
Maurizio Ferrera (sul
“Corriere della Sera” del 6 aprile) ha scritto del popolo degli “smarriti” (undici milioni e mezzo di astensioni alle ultime elezioni). Tra questi pare che i due terzi (sette milioni) siano donne. Casalinghe, insegnanti, bisognose di un welfare meno precario, di un quotidiano meno esposto. I partiti, quelli progressisti innanzitutto, se ne sono lavati le mani. E le donne hanno voltato la testa dall’altra parte: più che nelle elezioni passate e più che negli altri paesi europei.
Varrebbe la pena di rifletterci. Anche perché, alla speranzosa annotazione di Provenzano sulla necessità di asili-nido: “Non voglio più sentir dire alla prossima riunione: A chi lascio i bambini?” è scattata nella sala una specie di standing ovation.
In conclusione, a me pare che gli interventi (appunto, Cuperlo e Emanuele Macaluso, Andrea Orlando, Michele Mezza, Laura Pennacchi tra gli altri) abbiano faticato a incrociarsi. Si capisce: stabilirli in anticipo ingessa la discussione.
Ora io non pretendo da una riunione politica colpi di scena, scardinamenti. Ma per cercare qualche prima risposta, avrebbe senso sperimentare uno scambio più sciolto. Un guardarsi un po’ intorno, mettendo un piede fuori da quella politica della sinistra ancora troppo mono-omo-sessuata.
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