Locale / Globale

relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Perchè tornano le “Preziose”

10 Maggio 2017
di Nadia Lucchesi

Il nome “PREZIOSE” evoca un’avventura, un’esperienza straordinaria iniziata in Francia da Catherine de Vivonne, marchesa di Rambouillet, che nel 1618 aprì la sua camera da letto, la “camera azzurra”, alle libere conversazioni con le amiche, donne tra i venti e trent’anni che da lì coltivarono il dialogo e l’amicizia tra loro per tutta la vita. Si chiamavano l’un l’altra “ma précieuse” e durante i loro incontri nominarono i legami fortissimi di stima, ammirazione e affidamento che esistevano tra loro, sperimentando una forma di scambio tra donne in cui ognuna era riconosciuta “sovrana” dall’altra. Insieme crearono un laboratorio del saper stare al mondo che orientava con la forza delle parole quello che accadeva a corte, a Parigi, nella vita politica della Francia, attraverso il piacere e l’autenticità della libera conversazione. Eredi della domna, la sovrana della civiltà cortese del XII secolo, le Preziose ragionavano sui fondamenti di una nuova civiltà dei rapporti, affinavano la capacità di esporre il proprio pensiero, di giudicare i costumi, le decisioni del governo. Gli uomini ammessi alla loro frequentazione erano chiamati ad adottare una lingua senza volgarità e a praticare la “galanteria”, “l’amore da lontano”, cioè senza incontro sessuale. Queste donne geniali indicarono la possibilità di realizzare un nuovo ordine sociale e simbolico, mettendo nelle relazioni, al posto della volgarità, della sciatteria, dell’avidità, della crudeltà, della furbizia, gioia e onestà, verità soggettiva e rispetto dell’altro/dell’altra, affinità spirituale e senso della bellezza. Di fatto, afferma Annarosa Buttarelli nel suo libro Sovrane. L’autorità femminile al governo (Il Saggiatore 2013), le Preziose “governavano stando a casa propria” con l’autorità e la sapienza delle relazioni. Il loro fu un vero movimento che dalla Francia si sviluppò in tutta Europa tra gli anni 50 e 60 del secolo XVII, portando cambiamenti profondi e generali nei costumi, nelle abitudini di vita, nel linguaggio, nell’educazione, nella rappresentazione dei sentimenti, a partire dalla consapevolezza del valore che l’essere donne costituiva per tutte loro.
Le parole delle Preziose precedono la presa di coscienza femminista e sono giunte fino a noi, restituendoci intatta la loro forza trasformativa.
Sono tantissime oggi, in ogni parte del mondo, le donne che possono essere chiamate “preziose”: preziose l’una per l’altra, per la città e il territorio in cui abitano, per l’ambito culturale e lavorativo in cui operano. Sono donne che esercitano autorità femminile, pensano in grande, scrivono e prendono la parola pubblicamente, affrontano in modo non distruttivo i conflitti tra i sessi e tra le generazioni, inventano forme inedite di governo che rendono migliore, più felice l’esistenza comune. La forza di questi gesti, politici nel senso più alto, viene loro innanzitutto dall’essere in relazione con un’altra donna, dal riferirsi alle parole e ai gesti delle loro contemporanee, dal valorizzare le genealogie femminili del passato.
Di fronte all’evidente crescita del protagonismo femminile nella vita pubblica italiana e mondiale si ripresenta, tuttavia, una domanda cruciale: le donne saranno veramente capaci di trasformare il mondo, di realizzare quella che Carla Lonzi, una “madre” di tutte noi, indica come “eterna istanza del femminismo”, cioè la lotta incessante per sottrarsi all’assimilazione e impedire lo sfruttamento e il pervertimento delle loro ragioni?
Quando nel 2013 è uscito il libro di Annarosa Buttarelli, la sua analisi ha offerto nuovi strumenti a molte donne – io ero una di loro – che nella nostra città si stavano interrogando proprio su questa questione. Se una crisi profonda dei principi democratici crea un grave problema per la convivenza civile, non basta che alcune volonterose propongano di risolverlo con una “cura” di rappresentanza femminile, scriveva Buttarelli; l’unica via percorribile è quella di sostenere con radicalità e coraggio una conversione trasformatrice, di invitare le donne a fare “un passo avanti d’autorità” nel mondo che le vede protagoniste, di convincere gli uomini ad abbandonare l’esclusività della loro tradizione, cosicché trovino finalmente nel grande pensiero femminile, soprattutto quello del Novecento, indicazioni e orientamento per la fuoriuscita dalle innumerevoli crisi che li travolgono, insieme alle loro istituzioni.
Già dopo il convegno femminista di Paestum del 2012, tra la “Consulta delle Cittadine” di Venezia – Mestre – luogo di partecipazione democratica, di cui facevano parte più di quaranta associazioni e gruppi e alcune donne, che da anni agivano in città la loro autorità e competenza nei diversi ambiti della società e delle istituzioni, si è aperto uno scambio che mirava a superare le divisioni legate ai modelli stereotipi della politica maschile (partiti, sindacati, appartenenze ideologiche e religiose) e a ritrovare la forza di una comunità di intenti. L’idea di una “sovranità femminile” sosteneva lo sforzo di mettere in parola alcune pratiche che vengono dalla politica delle donne, un “vademecum” di preziose indicazioni e misure, utili sia per quelle che stanno nelle istituzioni sia per quelle che si impegnano nella vita sociale, familiare e lavorativa, sia per gli uomini che sanno riconoscere l’efficacia dell’azione e del pensiero femminili. Si trattava di mostrarne l’eccellenza, là dove si manifesta, di nominarla, farla conoscere come forza generativa di nuove realtà. Tutte noi eravamo consapevoli che il protagonismo generale delle donne ha necessità di essere ricondotto a una fondazione, una genealogia, perché molto spesso si presenta senza radice e sconta il fatto che non è avvenuta una trasformazione soggettiva profonda che valorizzi la differenza sessuale. Dopo un percorso che è durato tre anni, nei quali si sono organizzati momenti alti di confronto pubblico e di discussione con moltissime donne della nostra e di altre città italiane, è maturata l’idea di dare vita ad una nuova associazione, per tener insieme e far dialogare diverse realtà, creando così una rete di relazioni e di progetti ampia e articolata a livello nazionale. Raccogliendo la scommessa politica di Annarosa Buttarelli, l’abbiamo chiamata “Preziose”, fedeli all’esperienza della civiltà della conversazione del XVII secolo, ma anche alla straordinaria radicalità di Carla Lonzi, che sulla “preziosità” molto ha ragionato e che già nel 1970 (Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1974, p. 61) scriveva: «Noi diciamo all’uomo, al genio, al visionario razionale che il destino del mondo non è nell’andare sempre avanti come la sua brama di superamento gli prefigura. Il destino imprevisto del mondo sta nel ricominciare il cammino per percorrerlo con la donna come soggetto».
Nei molti anni che sono passati da allora, si è sviluppata esponenzialmente la disponibilità di esperienze, teorie, pratiche, forme di sovranità, ricerche filosofiche e politiche, prove di governo femminile: un’eredità di enorme valore, cui tutte le donne possono attingere e che anche gli uomini più attenti sanno riconoscere.
Le finalità dell’associazione sono molteplici: la prima è promuovere la fondazione di una “Scuola di alta formazione per donne di governo”, proprio perché quel tesoro che in tante abbiamo elaborato e custodito diventi patrimonio comune. Oltre a ciò, le “Preziose” intendono favorire, valorizzare e diffondere le pratiche dell’autorità femminile a vantaggio di donne e uomini che si impegnano nel governo dei beni pubblici, delle istituzioni, dell’economia e del vivere civile; promuovere reti di relazione sull’intero territorio nazionale per uno scambio politico alto sulle pratiche messe in atto nei diversi contesti di vita sociale, culturale, lavorativa ; curare la connessione in rete delle realtà che, a livello nazionale ed internazionale, si prefiggono obbiettivi simili; dare vita a una “comunità pensante” che elabori, ricerchi e studi le forme della politica generative di autorità femminile.
Già sono operanti le Preziose di Ravenna che hanno organizzato l’anno scorso un’esperienza inedita di “scuola di politica a radice femminile”, mentre a livello locale abbiamo pensato di avviare delle “accademie”per offrire strumenti, riferimenti di pensiero, esempi pratici che aiutino le più giovani, quelle che si affacciano ora al femminismo a capire come sia possibile agire, in ogni ambito della società e della politica, restando fedeli alla propria genealogia.
Sarà però la Scuola di alta formazione per donne di governo, prima nel suo genere, che a livello nazionale, e non solo, saprà offrire un percorso per acquisire le competenze politiche, amministrative e professionali necessarie per evitare i pericoli dell’inclusione e sviluppare il radicamento nel sapere e nel merito femminile, là dove una donna occupa un posto decisionale. Sarà compito della Scuola favorire le condizioni soggettive e relazionali perché la differente esperienza femminile generi nuove istituzioni per la convivenza. Questa Scuola sarà aperta anche a uomini che intendano formarsi alle pratiche politiche proposte dalla genealogia femminile di governo.
Si è costituito a Roma il 20 ottobre 2016 un Comitato le cui presidenti sono Luana Zanella (ex-deputata e attuale presidente dell’Accademia di Belle Arti di Venezia) e Tiziana Coccoluto (magistrata e vice capo gabinetto del Ministero dei Beni Culturali) con il compito di costituire il fondo economico necessario per realizzare la Fondazione della Scuola. Possono aderire al progetto, anche con donazioni, associazioni, singole, singoli, aziende, sindacati, enti locali, chiunque desideri che la Scuola diventi realtà.
Siamo convinte che le donne sapranno comprendere il valore di questa impresa e la sua necessità: adesso occorre collocarsi, oltre la vigilanza sui diritti e la pretesa di uguaglianza di trattamento economico, sul piano del conflitto tra differenti ordini simbolici.
Sappiamo ormai dove le istituzioni di origine maschile stanno conducendo l’intera umanità. I rimedi, allora, non possono che essere radicali, perché non è sufficiente “contenere il danno”, come spesso le donne sono chiamate a fare. Questo è il momento di una generale “conversione”, di una trasformazione irreversibile, grazie alla capacità di agire con efficacia, propria della sapienza femminile, che ha una valenza cosmologica, come si impara dalle opere di Ildegarda di Bingen, di Anna Maria Ortese e di tutte quelle donne consapevoli che la condizione umana è solo una parte dell’energia che ci abbraccia e ci sostiene.

Featuring Recent Posts WordPress Widget development by YD