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Il cinema (visto da Ghisi Grütter) che racconta i sessi e gli spazi

3 Febbraio 2017
di Donatella Barazzetti

unnamedNon avrei mai pensato che le recensioni dei film potessero rivelarsi una fonte di riflessione molto più ampia dell’ambito espressivo per cui nascono. Invece è proprio questo l’elemento “sorprendente” che emerge dal libro di Ghisi Grütter e dalla (utilissima) idea di raccogliere insieme le recensioni da lei scritte negli ultimi tre anni. Ovviamente si tratta di suggestioni che nascono dalle sue scelte e dalle sue sensibilità in fatto di cinema, ma comunque illuminano aspetti presenti nel nostro universo di senso e suggeriscono riflessioni importanti sul mondo che ci circonda e sui suoi cambiamenti.
Tra questi aspetti mi paiono molto significativi l’importanza delle trasformazioni nelle rappresentazioni di genere, nelle modalità, cioè, con cui sono rappresentati il femminile e il maschile, il cambiamento di sguardo sulle differenti inclinazioni sessuali, la paternità, la genitorialità, la famiglia e via dicendo. E ancora le rappresentazioni dei luoghi – ridotti a straniazione, disgregazione, perdita – che riflettono, nella forma dello spazio costruito, il senso dei processi di individualizzazione e atomizzazione del sociale. E l’importanza delle possibilità di resistenza contro lo sfruttamento, contro il degrado, contro il razzismo, e l’emergere dei grandi temi che stravolgono oggi il mondo e pongono interrogativi (senza risposta) sui confini tra bene e male. Certo è difficile, e anche poco sensato, ovviamente, pensare a rigide suddivisioni. Molti film rimandano a una pluralità di visioni e di argomenti. Si tratta quindi di spunti, di prevalenze. Farò alcuni esempi.
Colpisce l’importanza che assume la presenza femminile e la numerosità di pellicole segnate da essa. Dalla lettura delle recensioni emerge un protagonismo delle donne non solo come personaggi centrali di una pellicola, ma anche per l’importanza che lo sguardo femminile vi assume. Uno sguardo che attraversa spesso la difficoltà di definirsi, il dolore più che il potere trionfante, e impone la presenza di mondi e di sensibilità un tempo privi di parola.
Ci sono film che rimandano alle fragilità ma anche alla determinazione delle protagoniste a definire la propria autonomia e identità. Tra le molte Assolo, Big eyes, Blu Jasmine, Frances Ha, Gloria, Il piano di Maggie, Une vie, La famiglia Bélier. Alcuni come Mon Roi ci interrogano sulla dipendenza femminile dal maschile affabulatore e seduttivo. Un tema, quello della dipendenza, che è stato (ed è ancora) centrale quando si analizza il femminile e i suoi profondissimi mutamenti. The dressmaker-Il diavolo è tornato invece ci restituisce un femminile trionfante che unisce bellezza, eleganza, creatività, a una sottile e intelligente perfidia che consentirà alla protagonista di realizzare la sua raffinata vendetta. I confini e le trasformazioni delle identità sessuali vengono spesso letti attraverso l’esperienza femminile come nello splendido Carol, o nel film La vita di Adele.
Molti film si interrogano sul mondo attraverso lo sguardo femminile come il bellissimo film cinese Al di là delle montagne in cui valori e riferimenti di solidarietà e rispetto sono custoditi dalla protagonista femminile, Tao, contro la disumanizzazione del mercato e del capitalismo. Nel film La pazza gioia l’amicizia tra due ricoverate ci dice che spezzare l’isolamento della sofferenza mentale è possibile. Una citazione merita il garbatissimo Dio esiste e vive a Bruxelles, segnato in qualche modo dalle trasformazioni avvenute nel nostro immaginario rispetto al femminile. Un improbabile e capricciosissimo Dio si scontra e si contrappone alla figlia Ea, volitiva e trionfante, di fatto oscurando il “tradizionale” antagonismo Padre/Figlio.
Dalle recensioni emerge anche il rilievo che sembrano assumere le trasformazioni del maschile, elemento oggi fondamentale nei processi di trasformazione del sociale; un processo che appare (nei film e nella realtà) profondamente contraddittorio e spesso segnato dalla violenza, e intorno a cui si giocano molti dei destini futuri delle nostre società. Molti film recensiti sembrano sottolineare le contraddizioni di questo processo. Un aspetto ricorrente è quello dell’amicizia maschile, che in alcuni casi si intreccia e si confonde con la rivalità. Moliére in bicicletta ad esempio fa emergere il carattere contraddittorio dell’amicizia tra due attori di teatro, uno ancora nel pieno del successo, l’altro ormai ritirato dalle scene. Il loro ritrovarsi non regge all’antagonismo e alla competitività rivelando la fragilità del legame amicale. Gli fa da controcanto Truman – Un vero amico è per sempre che coglie il delicatissimo rapporto tra due amici che non si vedono da molto. La storia “illumina” la loro relazione di fronte agli ultimi giorni di vita di Julian, malato di cancro, svelando uno straordinario rapporto di amicizia tra maschi. Ma dalle recensioni emerge anche un maschile che tende a “colonizzare” lo spazio del sentire femminile come La corrispondenza (sostenuto qui dal ricorso alle nuove tecnologie). La tenerezza che emana la figura del protagonista rivela a poco a poco anche il suo volto di dominio, il bisogno di controllo sulle vite degli altri (la donna che ama e il figlio in particolare) anche dopo la morte. Un altro elemento è il rapporto padre-figlio, che appare un terreno molto importante di mutamento data la tradizionale assenza della figura maschile nella cura genitoriale.
Gli aspetti considerati fin qui sembrerebbero dunque segnalare il consolidarsi di un cambiamento profondo delle rappresentazioni di genere nel nostro orizzonte simbolico. E non solo in quello più strettamente occidentale ma attraverso mondi e culture diverse.
Altra importante tematica è quella della capacità di resistere Mi riferisco alla possibilità di opporsi alla sopraffazione e di riappropriarsi del senso di sé, ma anche all’interrogarsi sull’incertezza dei confini tra bene e male, tra vittime e carnefici, e al misurarsi con le terribili fratture sociali che solcano i nostri tempi e con il problema di come ricomporre i fili spezzati delle relazioni e delle comunità. Segnalo tre film accomunati dal senso di appagamento (e persino di trionfo) con cui si esce dal cinema, pervasi dall’idea che al potere e alla sopraffazione si può rispondere (e persino vincere). Mi riferisco a Jimmy’s Hall, Pride e Suffragette. Il primo mette in luce il carattere sovversivo e rivoluzionario che può assumere il bisogno di stare insieme, il desiderio di essere vivi, di condividere divertimento e gioia, la consapevolezza della propria libertà. La capacità di unirsi e di riconoscersi al di là delle differenze e al di là delle regole e delle convenzioni sociali è centrale in Pride. E Suffragette restituisce alla lotta delle donne per il voto il suo carattere radicale e antagonista. Donne e gay sono in questi film i protagonisti vittoriosi dello scontro.
E per finire segnalo i film sugli incerti confini tra bene e male, che mettono in crisi le certezze dei nostri sguardi giudicanti come in Land of mine dove il regista (danese) ci rimanda alla vicenda (reale) di giovanissimi soldati tedeschi prigionieri in Danimarca, mandati a sminare i campi del territorio norvegese riproponendo il drammatico tema delle vittime che si trasformano in carnefici e viceversa.
Chiudo con il riferimento a uno dei film più belli di questi ultimi anni, Il figlio di Saul, che riesce a guardare l’orrore con il distacco di chi rispetta l’indicibile, dischiudendo così la possibilità di conservare e difendere il senso dell’umano. Il riferimento immediato che mi viene è a Primo Levi, a Vasilij Grossman e a un suo scritto straordinario La madonna Sistina, quella Madonna Sistina, dipinta da Raffaello, che Grossman vede poco dopo essere entrato in Treblinka con le truppe sovietiche:
«Era lei, la Madonna che camminava di un passo leggero, a piedi nudi sulla terra tremante di Treblinka, dal luogo di scarico del treno fino alla camera a gas. La riconobbi dall’espressione del viso e degli occhi. Vidi suo figlio, e lo riconobbi dall’espressione straordinaria, non infantile. Così erano le madri e i bambini a Treblinka». «Guardando la Madonna Sistina noi conserviamo la fede che vita e libertà siano una cosa sola e non vi sia nulla di più alto dell’umano nell’umano».
Le recensioni di Ghisi gettano così piccoli lampi di luce sullo scorrere delle trasformazioni sociali che il cinema cattura.

AL CINEMA CON L’ARCHITETTO. FILM VISTI E COMMENTATI DA GHISI GRÜTTER”, Timìa editrice, Roma 2017, pp. 164.

Il libro raccoglie 150 recensioni di film scritte negli ultimi tre anni.

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