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Microcritiche / Incantevole “malattia” negli Usa anni ’50

7 Gennaio 2016
di Ghisi Grütter

images-4CAROL – Film di Todd Haynes.Con Cate Blanchett, Rooney Mara, Sarah Paulson, Kyle Chandler, Jake Lacy, John Magaro. Colonna sonora Carter Burwell, fotografia Edward Lachman

Carol è un film d’interni, di sguardi, di sensazioni, di atmosfere. È un film intimo che seduce e circuisce lo spettatore con le sue riprese, con la musica e soprattutto con la bravura delle due fantastiche attrici (Cate Blanchett e Rooney Mara), entrambe meritevoli di un Oscar. Phillis Nage ha scritto la sceneggiatura ispirandosi al contestato romanzo The Price of Salt di Patricia Higsmith uscito nel 1952.
Ambientato a New York agli inizi degli anni ’50 nell’America puritana e bigotta, la vicenda si svolge in un periodo sospeso tra la fine della guerra e l’inizio della “caccia alle streghe”, che siano idee politiche o “diversità”. L’omosessualità, infatti, è considerata una perversione che va curata – non a caso il suocero di Carol nomina il “dottore” invece dello psicoterapeuta – e diventa una faccenda immorale. Carol ha una deliziosa bambina ma con il marito Harge, troppo preso dai suoi affari, sta alla soglia del divorzio nonostante lui la desideri ancora. Therese Belivet è una giovane commessa che lavora nei grandi magazzini Frankenberg e Carol Aird l’incontra per caso sotto Natale quando, in cerca di un regalo per la figlia Rindy, comprerà un trenino elettrico sotto suo suggerimento. Ne nasce una sorta di coup-de-foudre: entrambe sono incuriosite e affascinate dall’altra. Carol è una ricca ed elegante signora borghese, molto ben vestita e curata nei dettagli, come ad esempio le spille che porta usualmente molto alte verso il collo. Assomiglia e ha la classe di Lauren Bacall mentre Therese ha l’ingenuità e la freschezza della Audry Hepburn di Arianna o Sabrina.
Le due donne partono insieme verso l’Ovest senza una meta e lì, alla vigilia di Natale, l’amore prenderà il sopravvento facendo dimenticare tutti i problemi lasciati alle spalle: Carol ha avuto un’ingiunzione dal marito che vuole l’affidamento della bambina, Therese, avendo lasciato il lavoro di commessa per la fotografia, deve sviluppare questa passione trovando una sua identità precisa per affermarsi professionalmente. Non è un caso che sia stata scelta proprio la macchina fotografica come elemento che lega le due donne (Carol regalerà una preziosa Canon a Therese che le scatterà parecchie foto), così come lo sguardo con cui il regista sposta l’attenzione continuamente da una all’altra, da una mano a una spalla o a un volto riprendendo i movimenti sinuosi delle due donne. Carol è un film sensuale dove gli spazi esterni non ci sono e dove la Grande Mela, una volta tanto, non è affatto protagonista. Il loro viaggio è fatto di motel, alberghi, bar dove fare colazione. L’esterno è talvolta riflesso, il mondo è ovattato, si ascolta sempre dell’ottima musica da Bing Crosby a Billie Holiday. Qua e là sono evocati i quadri di Edward Hopper che pone le sue figure in spazi vuoti illuminati da una luce cruda, con un senso di sospensione e di perdita di punti di riferimento come nel più elegante “New York Restaurant” oppure in “Chop Suey” dove accresce il senso d’isolamento che pervade un locale anonimo. Le luci nel film sono sempre artificiali, soffuse e, quando in rarissimi casi s’intuisce la luce naturale – come all’interno della redazione del New York Times – le tapparelle sembrano contrastare quella del sole.
Il film è giustamente considerato dai critici come uno dei migliori dell’anno e concorre con cinque nominations ai Golden Globes che saranno assegnati fra pochi giorni. Rooney Mara, peraltro, ha già ricevuto la Palma ex-aequo come migliore attrice al festival di Cannes 2015.

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