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Microcritiche / Ci salverà la figlia di Dio?

2 Dicembre 2015
di Ghisi Grütter

imagesDIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES – Film di Jaco van Dormael, foto Christophe Beaucarne, musica An Pierlé, con Pili Groyne (Ea), Benoît Poelvoorde (Dio), Catherine Deneuve (Martine), François Damiens (François), Yolande Moreau (La moglie di Dio), Laura Verlinden (Aurélie), Serge Larivière (Marc), Didier De Neck (Jean-Claude), Romain Gelin (Willy), Marco Lorenzini (Victor).

Il film “Le Tout Nouveau Testament” (titolo originale) del belga Jaco van Dormael ha in sé, a mio avviso, tutti gli elementi per ottenere il successo che nel 2001 ebbe “Il favoloso mondo di Amélie” diretto da Jean-Pierre Jeunet ed interpretato da Audrey Tautou.
“Dio esiste e vive a Bruxelles” è una fiaba dei nostri tempi che parla di noi, della gente comune, delle persone, delle solitudini, dei nostri desideri e dei nostri difetti. Ciò che il film opera attraverso il suo percorso narrativo è una sezione a 45 gradi sulla società urbana attraversando ogni strato sociale, dal barbone Victor (Marco Lorenzini) alla super ricca Martine (Catherine Deneuve).
La storia presenta un Dio umano (un bravissimo Benoit Poelvoorde), burbero e sadico che abita a Bruxelles e vive eternamente in vestaglia, in una casa di tre stanze (una cucina-tinello e due camere) in un grande studio chiuso sempre a chiave tappezzato di cassetti-classificatori e senza finestre. Come lui stesso dirà verso la fine del film non si è mai sognato di esortare ad amare “il prossimo tuo come te stesso” eventualmente a “odiare il prossimo tuo come te stesso”. Dio ha famiglia e, oltre al figlio che una volta scappato da casa si è messo con brutta gente ed è stato ucciso, ha una moglie terrorizzata che non parla mai e una figlia ribelle che (una nuova Amélie) decide di salvare il mondo e fugge da casa in modo rocambolesco. Ma prima, per liberare gli esseri umani dalle paure e incertezze, Ea invia dal computer del padre a tutti gli abitanti del pianeta un SMS con un’informazione preziosa sul numero di anni, mesi giorni, che restano da vivere così che ciascuno possa scegliere come spendere il proprio tempo rimasto.
Dio passa tutto il suo tempo al computer nel suo immenso studio inaccessibile al resto della famiglia dove fa “il buono e il cattivo tempo” dell’umanità. Direi prevalentemente il cattivo tempo: cataloga incidenti, disgrazie, malattie e quant’altro per un’umanità che spia in modo efferato. Nei ritagli di tempo, inventa leggi perverse e frustranti: la fetta di pane farcita cadrà sempre dalla parte della marmellata, al supermercato la fila accanto a te è sempre più veloce della tua e così via.
Costruisce la città come un artigiano costruisce un modello analogico e, come un bambino sotto l’albero di Natale, gioca con i treni elettrici che poi riporta nel suo PC e ne programma i deragliamenti. Jaco van Dormael e il suo co-sceneggiatore Thomas Gunzig immaginano Dio come un tipo spregevole rintanato nel suo appartamento di Bruxelles che quando non è al computer beve birra sdraiato sul divano guardando le partite di hockey in TV.
La lavatrice di casa, simbolo di consumo e di progresso, avrà un ruolo strategico nella vicenda perché, collegata con una vera lavanderia, costituire l’unico punto di fuga per la “sacra famiglia”. La figlia Ea ha dei poteri soprannaturali tra i quali la capacità di ascoltare la musica dell’anima nelle persone che incontra ed ecco che, alle musiche composte appositamente da An Pierlé, si alternano brani classici immortali che spaziano dal quartetto schubertiano de “La morte e la fanciulla” al popolarissimo “La mer” di Charles Trenet. Tutti hanno una musica anche le persone che abbiamo sottovalutato o giudicato male. Questo è uno dei messaggi del film che ha molte cose importanti da dire e lo fa divertendo.
La ricerca dei sei apostoli mancanti (12 sono gli apostoli ma anche i giocatori di okay mentre sono 18 i giocatori nel baseball, sport amato dalla mamma e da JC) è un pretesto per inserire mini-storie nella storia che Jaco van Dormael dipinge rimanendo “oggettivo” con un occhio distaccato quasi da collezionista. Così l’impiegato che scappa per seguire lo stormo di uccelli fino in Groenlandia e così l’assassino che perde il desiderio di sparare quando finalmente s’innamora. Tante sono le trovate geniali degli autori come ad esempio Gesù, dopo la sua fuga dall’opprimente padre e il claustrofobico appartamento genitoriale, ha assunto la forma di una statuina che la mamma spolvera tristemente.
Le figure femminili sono ritratte senza ammiccamenti, neanche la viziata e annoiata Deneuve suscita particolare simpatia. Noi parteggiamo per Ea e il suo operato senza però un eccesso di empatia perché è troppo in competizione con il padre (divinità maschile distruttiva e furibonda), e convinta di poter fare meglio di lui, ci si vuole sostituire ma, sospettiamo in fondo, per il piacere del potere. Resta comunque il fatto che il mondo sarà salvato dalle donne della casa divina e cioè dalla moglie e dalla figlia di Dio.

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