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In una parola / Fortezza

28 Luglio 2015
di Alberto Leiss

imgresPubblicato sul manifesto il 28 luglio 2015 –

La fortezza è una virtù in cui coraggio e forza d’animo consentono di resistere alle avversità, di perseverare nella ricerca del bene. La dottrina cattolica – ma già prima Platone – ne fa una delle quattro virtù cardinali, con la prudenza, la giustizia e la temperanza.
Ben poco esercizio di queste “virtù” si ritrova nella vicenda della Fortezza da Basso a Firenze, dove sette anni fa un processo per stupro si concluse con la condanna di sei ragazzi ventenni. Ma il processo di appello li ha ora completamente scagionati. La sentenza – scritta da una Corte di Appello di cui fanno parte due donne e un uomo – però fa molto discutere: il rovesciamento del giudizio è tutto costruito sul minuzioso esame dei comportamenti “provocanti” e delle contraddizioni nella testimonianza della ragazza vittima. Diversamente da quanto stabilito dal tribunale non sono state riconosciute le “condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa” – dopo una serata con alcool – sulla cui base era stato riconosciuto e condannato l’”abuso”.
Questa sera alle 21 si ritroveranno alla Fortezza da Basso, o hanno comunque aderito all’iniziativa, numerose organizzazioni femminili e femministe, rappresentanti politici della sinistra (dalla lista Tsipras al Pd), uomini della rete di Maschileplurale, per protestare contro la sentenza e esprimere vicinanza alla donna che, firmandosi La ragazza della Fortezza, ha scritto una lettera al blog abbattoimuri.wordpress.com. ripresa da numerosi media. La manifestazione ha per titolo la frase “La libertà è la nostra fortezza”.
Sul blog abbattoimuri si trovano molti altri materiali: il testo della sentenza, le parole di due dei ragazzi che si proclamano innocenti, numerose e contrastanti opinioni.
Che cosa mi è rimasto impresso dalla lettura di questi testi?
La ragazza racconta tutta la violenza subita (anche durante il processo e fino a oggi) e nessun atto processuale nega che quella sera a un certo punto lei ha reagito e si è sottratta ai comportamenti sessuali dei ragazzi.
La sentenza in effetti è quasi completamente rivolta a scandagliare i comportamenti della vittima, più che quelli degli accusati.
I due maschi implicati si lamentano di aver subito sin dall’inizio (tra l’altro con quasi due mesi di carcere preventivo) un trattamento anche mediatico riservato al mostro. E giudicano ingiusto che continui dopo l’assoluzione, in una sorta di nuovo processo aperto sui media e sui social. Nulla dicono, però, del loro vissuto in quel momento particolare, in quella serata alla Fortezza, in cui in sei si sono avvicendati, sul sedile posteriore di un’automobile, sul corpo della ragazza.
Tra l’altro, se sono attendibili le meticolose perizie di cui si parla con dovizia nella sentenza, senza riuscire a concludere i rapporti.
Ho pensato a un ennesimo e significativo fallimento del mio sesso: un “modello” di sessualità assunto passivamente, l’incapacità di comprendere veramente i desideri dell’altra, lo scivolamento nella violenza. Forse ancora peggiore se inconsapevole?
Si vedrà se, come si chiede da più parti, potrà essere riaperta la vicenda processuale. A me sembra importante approfondire l’autoriflessione maschile e la riflessione comune tra uomini e donne sulla violenza che anche questo episodio richiama. E farlo sulla base dei cambiamenti intervenuti negli anni: mi interrogo sui riferimenti a documenti pur imprescindibili come il Processo per stupro documentato magistralmente da Loredana Rotondo alla fine degli anni ’70. Viviamo, e soprattutto vivono le persone di venti o trent’anni, in un altro mondo.

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