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I desideri delle nonne

23 Maggio 2015
di Letizia Paolozzi

images-2 Nei confronti del premier, io nutro una antipatia mitigata. Anzi, rassegnata. Non sono pregiudizialmente antirenziana. Addirittura, soffocando la mia partigianeria, gli riconosco la capacità di non parlare in politichese, di portare degli esempi efficaci, ispirati alla realtà.
“Se una donna a 62 anni preferisce stare con il nipotino rinunciando a 20-30 euro di pensione ma magari risparmiando di baby sitter, bisognerà trovare le modalità per cui, sempre con attenzione ai denari, si possa permettere a questa nonna di andarsi a godere il nipotino”.
Tu chiamala, se vuoi, flessibilità in uscita. Si potrebbe ottenere una minore rigidità della riforma Fornero. Quella rigidità obbligata che alzò l’età pensionabile femminile perché lo voleva l’Europa. Con la sua bislacca idea della parità tra i sessi, quasi non ci fosse differenza tra il corpo di un uomo e quello di una donna che ha messo al mondo dei bambini, li ha cresciuti, li ha curati.
Comunque, il renziano apologo della nonna e del nipotino, ha fatto breccia. Se ne discute. Ma all’apprezzamento seguono i dubbi. Intanto: l’uscita dal lavoro a 62 anni costerebbe una cifra altissima all’Inps. Inoltre, per la Ragioneria generale lo Stato avrebbe un maggiore onere di 5 miliardi l’anno. Quanto a me, se decido di andare in pensione qualche anno prima, l’assegno mi verrà decurtato di venti euro oppure di cento (su una pensione incassata di mille euro)?
Decidere di andare in pensione ha tanti significati. Ti si aprono (oppure ti si chiudono) molte strade: quella della “nonnità” (Marina Piazza L’età in più Ghena 2012); del vuoto; delle relazioni; del dolore al ginocchio, del lavoro del tempo e del tempo al lavoro. Come nel film di Sorrentino, Youth. Fuori dal grande spettacolo del cinema, alla vecchiaia servono la salute e i soldi. Sarà pur vero che i soldi non danno la felicità ma rendono meno terribile la vecchiaia stessa.
D’altronde, la decisione di lasciare la fabbrica, la scuola, l’azienda, oltre che da necessità non dettate dalla propria volontà, dipende anche dalla fatica, dall’usura, dal piacere, dalla noia, dalla curiosità di quel mestiere. Qui sorge un altro problema: perché il premier ha parlato della donna di sessantadue anni escludendo i maschi che pure si comportano da nonni amorosi? Non sarà che rimanda all’ antico cliché della cura intesa come lavoro invisibile, non riconosciuto, sostitutivo del welfare? Appunto, ha spiegato candidamente Renzi, la nonna andrà a godersi il nipotino e risparmierà contemporaneamente sulla baby-sitter.
Ma se questa sessantaduenne fosse tanto pazza da non volersi impegnare con i nipoti? Per il premier non è pensabile. La figura alla quale si riferisce non vuole tempo per sé. Né desiderio né amore. “Quello che i giovani non sanno, pensò Olive mentre si sdraiava accanto a quell’uomo, con la mano di lui sulla spalla, sul braccio; oh, quello che i giovani non sanno. Non sanno che i corpi anziani, rugosi e bitorzoluti sono altrettanto bisognosi dei loro corpi giovani e sodi, che l’amore non va respinto con noncuranza, come un pasticcino posato assieme ad altri su un piatto passato in giro per l’ennesima volta” (Elizabeth Strout in Olive Kitteridge 2009, Fazi editore).
Dunque, inseguire la mancanza, sprecare le giornate, ridere, piangere. Oppure governare (vedi Hillary Clinton e le signore del nuovo matriarcato). Tutta roba che Matteo Renzi non prende in considerazione. Grazie all’apologo della “nonna e del nipotino” a lui interessa piuttosto mitigare la delusione di quei pensionati che si aspettavano rimborsi diversi dai 500 euro. E rassicurare gli over 55 (in Liguria, dove si voterà per le amministrative, l’età media è molto elevata) rimasti senza lavoro, lontani dall’età della pensione. Che si tratti dell’astuzia di un politicante, dell’ennesimo ricatto dettato dal neoliberismo oppure dell’autonomia delle scelte individuali, sta a ognuna di noi decidere.

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