Rosa / Nero

uomini e donne nella cronaca di tutti i giorni

Il caso Loris. Storie di mamme tra arcaico e nuovo

23 Dicembre 2014
di Bia Sarasini

A un mese dai fatti è una sola la verità accer­tata nell’omicidio del pic­colo Loris Sti­val. Il bam­bino è stato stran­go­lato, non c’è stata nes­suna vio­lenza ses­suale. Anche se da quando ne è stato sco­perto il corpo, lo scorso 29 novem­bre, l’abuso ses­suale è stato invece dato per certo, addi­rit­tura abi­tuale, si è scritto e detto nelle mor­bose atten­zioni dei media. La poli­zia di Ragusa ha chiuso que­sto capi­tolo. Altro fatto certo è che l’unica accu­sata è la madre Vero­nica Pana­rello, rin­chiusa in un car­cere da cui non è potuta uscire per par­te­ci­pare i fune­rali del figlio, da cui pro­clama a gran voce la pro­pria innocenza.

Deve sor­mon­tare un pesante giu­di­zio espresso con­tro di lei, l’«indole mal­va­gia», che le ha attri­buito il giu­dice delle inda­gini pre­li­mi­nari di Ragusa, Giu­seppe Mag­gioni, per tenerla in car­cere. Lei è l’unica indi­ziata, intrap­po­lata da patenti bugie, sve­late dalla rete di occhi elet­tro­nici che avvi­lup­pano il ter­ri­to­rio di Santa Croce Came­rina, il paese in pro­vin­cia di Ragusa in cui si è con­su­mato il delitto. Accu­sata dagli atroci com­menti che la sua fami­glia — prima di tutto madre, nonna, sorella, ma anche marito e suo­cero — si scam­bia per tele­fono, pun­tual­mente inter­cet­tati. Un qua­dro in con­ti­nuo muta­mento, come capita nelle fami­glie. Ora la sorella le chiede per­dono delle cat­ti­ve­rie dette, men­tre il padre dice di cre­dere in lei, e il marito David mostra la sua fra­gi­lità, in cerca di una verità per non impazzire.

Ma non è dell’indagine che inte­ressa par­lare. Anche se vale la pena notare, in un tri­buto alla dif­fusa pas­sione per le crime scene, che la mole di indizi ogget­tivi e tec­no­lo­gici va come sem­pre a sca­pito del movente. Che è quello che manca. Per­ché que­sta madre avrebbe dovuto ucci­dere il suo bam­bino, verso il quale non risulta che avesse spe­ciali insof­fe­renze? Almeno la madre di lei – con quella tre­menda uscita «l’ha ammaz­zato per­ché mi odia. Loris mi asso­mi­gliava troppo», ha for­nito qual­che ele­mento per rico­struire una dina­mica, una sto­ria. Che non sem­bra inte­res­sare a nes­suno di chi ha già giudicato.

Eppure va con­si­de­rata que­sta vio­lenza, una vio­lenza che emerge dall’interno di una fami­glia. Asso­mi­glia a qual­cosa già visto nell’omicidio di Sarah Scazzi ad Ave­trana. Esempi di bru­ta­lità e fero­cia nelle rela­zioni fami­gliari che non sono sor­pren­denti in sé, ma per l’assoluta man­canza di reci­proca coper­tura, rispetto al mondo.

Una mesco­lanza cru­dele di arcai­smi e con­tem­po­ra­neità. È con­tem­po­ra­nea la sto­ria della madre di Vero­nica, che ha avuto cin­que figli da tre uomini diversi, è con­tem­po­ra­nea e tra­gica la sto­ria della ragazza, che ha sco­perto nel corso di una lite con la madre che il padre non era quello che l’aveva cre­sciuta. E poi i ten­tati sui­cidi, l’essere diven­tata madre gio­va­nis­sima, con un ragazzo che la ama molto. Una sovrap­po­si­zione di antico e nuovo,in una comu­nità pae­sana che tutto osserva e nulla per­dona, che dice molto della natura com­plessa, poco inda­gata, delle arre­tra­tezze e dei cam­bia­menti in cui siamo immersi.

Tutto que­sto non giu­sti­fica, è chiaro, l’assassinio di un figlio, e nep­pure un’eventuale com­pli­cità pas­siva, se que­sta fosse la trama che verrà rive­lata. Ma non giu­sti­fica nep­pure, ai miei occhi, l’accanimento che si è abbat­tuto su que­sta gio­vane donna. La madre cat­tiva fa orrore, biso­gna con­sta­tare, ben di più di qua­lun­que Bar­ba­blù, di omi­cidi plu­rimi di donne e bam­bini. A loro i cro­ni­sti e il sistema media­tico con­ce­dono tut­tora il pie­toso «ha perso il con­trollo». A Vero­nica no. È stata inchio­data alle sue men­zo­gne. E tanto basta.

Par­lia­mone, allora delle madri cat­tive, delle madri omi­cide, così dif­fi­cili da pen­sare, in Ita­lia, dove meno le donne fanno figli, più la mater­nità viene idea­liz­zata. E diventa un’ideale di per­fe­zione dif­fi­cil­mente rag­giun­gi­bile, per chi ha una vita com­pli­cata come suc­cede alle donne oggi.

Come se non si potesse dire che anche le madri amo­rose, la tua mamma o tu stessa – se sei madre – in qual­che momento le hai odiate o le odi – le tue crea­ture. Forse gli ita­liani sono stati trau­ma­tiz­zati da Anna­ma­ria Fran­zoni. La casa di Cogne, il model­lino bran­dito nello stu­dio tele­vi­sivo di Vespa, sono stati la per­dita dell’innocenza. Una verità scon­vol­gente: anche le mamme sono mal­va­gie, per usare la parola che ha scelto il gip. La fine di un’illusione, nel cui nome biso­gna punire, ben oltre il dispo­si­tivo giu­di­zia­rio, la disgra­ziata che ne è respon­sa­bile? Forse non è un caso la nazio­na­lità inglese di Donald Win­ni­cott, lo psi­coa­na­li­sta che, per lo svi­luppo posi­tivo di un bam­bino, ritiene baste­vole che le mamme siano «suf­fi­cien­te­mente buone». Noi no, le vogliamo perfette.

Loris, il bam­bino così cru­del­mente ucciso, mi suscita un’infinita com­pas­sione. Come tutti i suoi cari. Anche sua madre. Non penso che non debba essere giu­di­cata, se tro­vata col­pe­vole al di là di ogni dub­bio. Nep­pure mi sento auto­riz­zata a sca­gliare la prima pietra.

Featuring Recent Posts WordPress Widget development by YD