Liberare la democrazia dal patriarcato

25 Luglio 2014
da Leggendaria n.106 luglio 2014
di Bia Sarasini

«Dissi che consideravo il femminismo uno dei grandi movimenti di liberazione che hanno avuto luogo nella storia dell’umanità. Il movimento che vuole liberare la democrazia dal patriarcato».

Chiara, precisa, forte, così suona la dichiarazione di Carol Gilligan, nel suo ultimo libro La virtù della resistenza. Resistere, prendersi cura non cedere. Un’affermazione del tutto politica, in cui si condensa il significato del lungo lavoro di ricerca e scoperta iniziato con la pubblicazione di Con voce di donna (1982, in Italia da Feltrinelli 1987), un testo fondamentale per i ragionamenti sia intorno alla differenza tra donne e uomini, sia su relazione e cura. Molto significativo è anche il dove e il quando di questa affermazione. Era il 2009, al ventesimo raduno dell’Harvard Women’s Leadership Project, un dibattito che procedeva secondo l’andamento tipico di molti confronti tra donne in questa epoca di post-femminismo. Regnava molta confusione, tra alcune che rivendicavano la propria emancipazione, tutta dedicata alla carriera e al lavoro, e altre che esprimevano disagio, e la scelta di “stare a casa”. Fino a una vera e propria spaccatura, quando venne fuori l’accusa «che stare a casa significhi “non lavorare” e “sprecare la propria istruzione”». Fu a quel punto che Carol si chiese ad alta voce se era l’unica ad avere problemi a considerare lo stare a casa come non lavoro e una donna le chiese se si considerava femminista. E dopo la sua netta risposta, quella che apre questo articolo, si riprese a discutere in tutt’altro modo: «Le donne parlarono di conflitti relazionali, non solo tra loro ma anche con gli uomini […] Cosa alimentava quella divisione tra donne e il conflitto tra donne e uomini?»

Ho riportato per esteso l’andamento di questa discussione, e l’affermazione che l’ha sbloccata e diversamente orientata, perché mi sembra utile a comprendere come e perché l’ “etica della cura”, così la nomina Carol Gilligan, rovescia il punto di vista, e permette di uscire dall’impasse a cui si consegna il femminismo esclusivamente paritario. O, detto meglio, permette di capire quello che succede quando si confondono uguaglianza e parità, quando sembra che l’obiettivo delle femministe sia diventare una copia, una replica degli uomini. È successo molte volte in passato, e continua a succedere.

È da quel dibattito, e anche da uno strillo di copertina del New Yorker –  «Perché il femminismo continua a dividere?» – che nasce per Carol Gilligan l’idea di questo nuovo libro, dove ripercorre le tappe della propria originale elaborazione negli ultimi trent’anni. A cominciare dal racconto del folgorante caso di Jake e Amy, entrambi undicenni, a cui viene sottoposto un test per valutarne il grado di sviluppo morale. La domanda è: fa bene Heinz a rubare al farmacista il farmaco indispensabile per salvare la moglie, perché lui non ha i soldi per comperarlo? Jake risponde senza esitazione di sì, che fa bene, è un problema logico, la vita vale più del denaro. Amy invece risponde di no, che secondo lei ci sono altri sistemi, che potrebbe farsi fare un prestito, pagare a rate, però non è giusto che la moglie muoia. Per lei il problema è la risposta sbagliata del farmacista, che non accetta meno soldi. Nella sua visione del mondo, che è fatto di relazioni, «se nel mondo tutti aiutassero gli altri, non ci sarebbe bisogno di rubare». Amy non comprende la logica della morale, perché nella sua esperienza il mondo è fatto di persone, e le soluzioni si trovano solo se ci si mette in relazione.

È sulla base di queste osservazioni, in fondo semplici una volta che si è formulata la domanda – qual è la peculiare voce delle donne? – che Carol Gilligan ha proposto l’idea della relazione e della cura. Che all’interno del patriarcato, definito come il sistema che «elevando alcuni uomini sopra di altri (distinguendo gli uomini dai ragazzi) e tutti gli uomini al di sopra delle donne, […] si struttura come un sistema di dominio», è «un’etica femminile, non universale». Sono le donne a essere generose, altruiste, gli uomini sono razionali, logici.

Nel continuare ad ascoltare la voce delle donne, sulla base del proprio lavoro di psicologa e allargando la propria riflessione, Carol Gilligan oggi può dire: «In una cornice patriarcale la cura è un’etica femminile. In una cornice democratica la cura è un’etica dell’umano». E, considerazione di grandissima importanza, ora che si presta grande attenzione alle psicopatologie che attraversano il corpo sociale, per esempio quelle prodotte dalla globalizzazione e dal neocapitalismo finanziario, sottolinea: «Inoltre, separando padri da madri, figlie e figli e operando una biforcazione dell’umano in maschili e femminili, il patriarcato crea fratture nella psiche che separano ognuno da parti di sé». Il patriarcato crea scissioni, nelle vite individuali come nella vita sociale. Scissioni pericolose, che concorrono a creare molte delle angosce e delle tragedie apparentemente cieche e senza soluzioni che ci attraversano, sia come individui che come società nel suo insieme.

Leggo questo ultimo generoso lavoro di Carol Gilligan pensando alla ricerca che nel 2011 ha portato il “Gruppo del mercoledì”, di cui faccio parte, a proporre “La cura del vivere” (supplemento a Leggendaria n. 89/2011), ovvero il rovesciamento della cura intesa come destino imposto alle donne, ma come proposta politica al mondo. E nello scorso marzo, nel testo “Dei legami e dei conflitti. Cosa succede se l’Europa si prende cura” (Leggendaria n. 105/2014, il materiale dell’incontro che ne ha discusso sarà pubblicato nel prossimo numero), scrivevamo tra l’altro: «Oggi si tratta di pensare alla “cura” come alla pratica che riapre il conflitto tra capitale e vita. Pensarla nel suo essere base costituente delle attività umane, di uomini e donne, che senza quella attitudine e capacità non avrebbero modo di stare al mondo. Cura del regno e cura della famiglia. Cura del potere e cura della vita. Cura del generale e cura del quotidiano. È questa dicotomia patriarcale che va svelata e rovesciata, giacché rende inintelligibile e opaca la realtà. Non solo. Va svelata perché rende funzionale l’attitudine maschile alla cura come esercizio del potere e traduce in mero dato biologico la cura delle donne. E quando il potere chiede altro, come nelle politiche della globalizzazione finanziaria, le cose appaiono chiare e la cura per il Welfare si rivela nell’ossessione del fiscal compact. Liberarla dalle pastoie delle costruzioni sociali e simboliche che ne hanno depotenziato il significato e ostacolato la forza di cambiamento, è il positivo conflitto politico che le donne possono aprire, a partire dal modo in cui hanno ereditato il significato della cura».

Portare nel mondo la potenza trasformativa della cura, farne l’asse dell’azione politica, questa mi sembra la convergenza con l’indicazione forte che viene da Carol Gilligan. Lei, che non è una politologa, non definisce la democrazia. È evidente in ogni caso che la considera lo spazio della convivenza umana in cui prevale l’inclusione, l’apertura, la relazione e non il dominio e la gerarchia. Una definizione sufficientemente ampia, che si può condividere, anche se forse non si è perfettamente d’accordo in tutto.

L’importante è che le donne resistano, dice Gilligan. Resistere a voler far sentire la propria voce, non si facciano sedurre dalle sirene dell’egualitarismo conformista. Che resistano come le adolescenti che ha osservato con tanta attenzione, che ha aiutato a trovare le tracce della propria originalità, del proprio conflitto, che non è interiore, non è un problema dello sviluppo psichico, ma sempre politico. Che mantengano con fermezza l’idea del mondo non separato, tra emotività e razionalità, tra sentimenti e giustizia.

L’importante, aggiungo, è non cedere, non avere paura di portare nel mondo la propria visione. Come dice Carol Gilligan, avere cura è liberare il comune mondo umano dal patriarcato.

 

Carol Gilligan La virtù della resistenza. Resistere, prendersi cura, non cedere Introduzione all’edizione italiana

di Federica Giardini, Traduzione di Marta Alberti e Silvia Zanolla Moretti&Vitali, Milano 2014 168 pagine 14 euro

Carol Gilligan Con voce di donna. Etica e formazione della personalità Trad. di Adriana Bottini, Feltrinelli, Milano 1987

Gruppo del mercoledì La cura del vivere, supplemento a Leggendaria n. 89 settembre 2011

Gruppo del mercoledì, Dei legami e dei conflitti.Cosa succede se l’Europa si prende cura? Leggendaria n.104maggio 2014

Letizia Paolozzi, Prenditi cura et al., Milano 2013, 80 pagine, 9 euro

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