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Boccia con Lonzi. Il piacere e la realtà (e gli uomini)

20 Luglio 2014
di Gaia Leiss

1865-5 Con Carla LonziDopo ventiquattro anni dalla pubblicazione de L’io in rivolta(1) , sua prima monografia sul vissuto e l’opera di Carla Lonzi, oggi Maria Luisa Boccia torna a scrivere di questa femminista delle origini (Con Carla Lonzi. La mia opera è la mia vita, Ediesse). Di certo non lo fa con l’intento di qualificarsi come “specialista lonziana”, la spinge piuttosto una necessità interiore. Se il testo del ‘91 aveva l’intento , fondamentalmente divulgativo, di riportare Lonzi a un’attenzione più ampia, oggi Boccia sembra voler focalizzare l’attenzione su alcuni punti centrali, da lei vivamente sentiti e la cui elaborazione si è compiuta nel dialogo serrato con il testo dell’altra donna.
E’ infatti convinta che sia “possibile trovarsi coinvolta in un rapporto tra donne, serrato e fecondo, affidandosi solo alla parola scritta. E ritrovare nel pensiero di una donna una fonte da cui far sgorgare il proprio pensiero” (p.7). Ed è proprio la peculiarità del testo di Lonzi a presentarsi come prova di quella possibilità: nella sua capacità di non separare mai pensiero ed esperienza, di mostrare nella scrittura quella non separazione che è sempre così difficile da nominare. Cosicché chi legge è sollecitato a “intraprendere la stessa strada”, ma senza che si attivi mai un dispositivo di esemplarità. La speranza, ancora, è che questo suo libro – frutto di un lavoro di tessitura fra il proprio pensiero e quello di Lonzi – possa funzionare come “tramite per il riconoscimento tra pratiche di donne differenti” (p.11).
Ma nel testo è presente anche una risposta soggettiva alla domanda “perché Carla Lonzi oggi?”, una risposta che ci introduce a uno dei temi portanti. “Nonostante le differenze di percorso, e nonostante tutto l’accaduto che divide il presente dal suo tempo – scrive Boccia – trovo in Lonzi uno stimolo e una promessa. Lo stimolo a essere esigente con me stessa, nella vita privata e pubblica. La promessa è che se vi corrispondo posso trovare il modo di coniugare principio di piacere e principio di realtà” (p.70). Nella visione dell’autrice infatti, se nodo cruciale del femminismo della differenza è nell’aver posto una trascendenza femminile autonoma, tale trascendenza può essere ricondotta all’affermazione da parte della donna di “un differente principio di piacere e di realtà” (p.15).
Risvolto cruciale di tale dinamica è il rifiutare che questi due principi siano condannati a un conflitto eterno e irrimediabile. Scrive Boccia: “Per Lonzi, qui la radicalità, non c’è principio di realtà senza principio di piacere. Detto altrimenti, se per avere presa sulla realtà una donna deve rinunciare al proprio piacere, al proprio desiderio, una donna avrà un’esistenza non libera, non compensata da alcuna realizzazione” (p.67).
Alla discussione sul principio di piacere si connette poi un secondo aspetto particolarmente insistito nel testo: la questione del rapporto con l’uomo. Fare il femminismo come Lonzi lo ha inteso ha significato infatti affermare un principio di piacere in proprio, separato da quello maschile: spezzare tanto la gabbia della complementarietà quanto quella dell’opposizione lineare. E’ il venir meno della “necessità di affermarsi con o contro l’altro, comunque in costante riferimento all’uomo” (p.89).
Questo passaggio, necessario al porsi della donna come soggetto, non rappresenta tuttavia l’esclusione dell’uomo dagli orizzonti dell’esperienza femminile. Se è vero che Lonzi nel separatismo ha scoperto e inventato le relazioni di riconoscimento fra donne come fondamento della libera soggettivazione femminile, tuttavia non ha mai rinunciato all’aspirazione “ad ottenere riconoscimento anche dagli uomini” (p.90). Vai pure(2) e i pochi testi successivi testimoniano di questo atteggiamento, e suggeriscono l’idea che quello del riconoscimento da parte dell’altro sia uno scoglio su cui il femminismo rischia di continuare ad arenarsi. Maria Luisa Boccia concorda: oggi più che mai la mancanza di una parola autentica sulle relazioni – di qualunque natura esse siano – che intratteniamo con gli uomini può rappresentare un serio ostacolo al pieno dispiegarsi della libertà femminile nel mondo.
Su questo punto, come su molti altri, il pensiero di Lonzi non ha avuto il successo auspicabile. La tesi di questo libro è che ciò sia dovuto al suo essere un pensiero che richiede troppo, che affatica non concedendo mai di riposare “su una verità conquistata” (p.80). Una fatica, dico io, che è però il prezzo della grande libertà che il testo di Lonzi mostra, più che teorizzare: quella libertà che fa sì che valga ancora la pena scrivere e pensare con lei come fa Boccia. E credo che la sua speranza che questa operazione possa fare ponte fra donne che hanno presenti esperienze differenti non sia vana.
Forse il testo di Lonzi, che mostra con vividezza e racconta con precisione l’esperienza di una donna che aveva presente l’essenziale, che è così fertile e vivo, ma che tuttavia rimane un testo – fatto quindi di mediazioni scelte e ragionate – può essere a sua volta mediazione nelle relazioni che abbiamo con altre donne in carne e ossa. Relazioni nelle quali, esattamente per la loro natura incarnata, non mancano mai elementi di opacità. Può aiutare a porci reciprocamente le domande giuste, a rispondervi con autenticità, ad ascoltare le risposte della altre con mente sufficientemente sgombra.
Rileggendo Lonzi insieme a Boccia, di domande me ne sono venute in mente almeno due. Per certi versi sono ovvie, ma le risposte, anche nel circolo delle mie relazioni più strette, improvvisamente mi sono apparse più sottintese che esplicite. Lonzi ci ha dato conto di cosa è stato per lei il riconoscimento fra coscienze femminili e che ruolo ha avuto nel suo nascere a soggetto: che cosa è per noi oggi il riconoscimento fra coscienze femminili? E che ruolo ha nel nostro essere soggetti? Lonzi ci ha dato conto della sua relazione con un uomo che amava, e del riconoscimento che si aspettava: come sono oggi le nostre relazioni con gli uomini? E che tipo di riconoscimento ci aspettiamo?
Ecco, da due sono già diventate quattro.

1)Maria Luisa Boccia, L’io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La tartaruga Edizioni, Milano, 1990
2)Carla Lonzi, Vai pure. Dialogo con Pietro Consagra, Scritti di Rivolta Femminile. Prototipi, Milano 1980.

da leggere:

Maria Luisa Boccia, Con Carla Lonzi. La mia opera è la mia vita. Ediesse, 152 pag. 12,00 euro

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