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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Al Cletofestival con le Città Vicine

9 Luglio 2014
di Franca Fortunato

Pubblicato sulla rivista Casablanca di giugno-luglio 2014 –

Ci sono incontri che aprono a nuove relazioni e nuove conoscenze. E’ il caso del mio incontro con Franco Roppo Valente, giovane di Cleto, paesino in provincia di Cosenza, dove con un gruppo di giovani ha fondato l’associazione “La Piazza” con cui da anni lavora per salvare dall’abbandono e dallo spopolamento quello che è uno dei più belli borghi medievali della Calabria. La mia terra è piena di bellissimi borghi, ricchi di storia, di cultura e fascino suggestivo, paesi arroccati sui monti, che nel corso del tempo sono stati abbandonati.
Cleto, come altri, si è salvato da tale destino grazie alla presenza di famiglie di immigrati rumeni che lo hanno ripopolato e rianimato e grazie a giovani, come Franco e quelli/i della sua Associazione, che si ostinano a restare e fanno di tutto per conservarlo e tenerlo in vita. Ogni anno dal 18 al 20 agosto,Franco e il suo gruppo organizzano il Cletofestival, di cui mi ha parlato al nostro primo incontro, quando il nome “Cleto” non mi diceva granché. Un festival particolare, all’aperto, lungo le caratteristiche vie del centro storico, con lo scopo di far rivivere l’antico borgo medievale tramite l’arte, il teatro, le arti figurative, la fotografia e la letteratura. Le piccole piazzette, i vicoli e le stradine, in mancanza di grandi spiazzi, diventano parte stessa dell’evento, delle performance. Quest’anno il festival è arrivato alla sua quarta edizione. Ogni anno un tema. Il primo l’Essenza, nel senso di riscoperta delle cose nella loro genuinità, originalità, interezza. Poi la Terra, come bene comune da tutelare, curare, salvaguardare, promuovere e “confiscare”, come territorio da raccontare, svelando per quello che è ora e recuperando ciò che è stato, con i suoi luoghi, le sue persone, i suoi cibi, i suoi odori, i suoi riti. Al terzo anno la Coscienza, come capacità di distinguere il bene e il male per comportarsi di conseguenza, contrapposta all’incoscienza. Strettamente legato al tema della coscienza quello dell’alimentazione e della sovranità e sicurezza alimentare.
Quest’anno sarà il viaggio, “inteso come intreccio di esperienze vecchie e nuove, al fine di ripercorrere la storia, i racconti, i riti e le tradizioni delle nostre terre, vissute troppo spesso come un viaggio della speranza a bordo di un barcone, uno di quelli che ogni anno partono dall’Africa e approdano nel migliore dei casi a Lampedusa e sulle coste italiane e calabresi”. Quei barconi carichi di corpi viventi, desideranti, in fuga dalla miseria, dalla guerra e dalle persecuzioni, saranno presenti al Cletofestival grazie alle Città Vicine che vi parteciperanno – invitate da Franco e dalla sua Associazione – con la mostra “Lampedusa porta della vita”, realizzata in occasione del Lampedusa festival 2013, da Anna Di Salvo e Katia Ricci delle Città Vicine, e da Rossella Sferlazzo dell’associazione lampedusana Color Revolutions.
La mostra raccoglie opere di artisti e artiste di varie parti d’Italia, foto, dipinti, opere realizzate con materiali vari, tutti ispirati al mare e ai suoi colori, per esprimere la “drammaticità e la felicità di donne e uomini migranti quando in lontananza intravedono la Porta di Lampedusa quale salvezza e accesso a una nuova vita”. Quella Porta che molti/e non sono riusciti/e a varcare perché inghiottiti/e dal mare, che custodisce i loro corpi senza vita, senza speranza, senza sogni, senza nome, nei suoi abissi, divenuti tombe su cui non è possibile né deporre un fiore né piangere per loro. La mostra, dopo aver viaggiato per l’Italia, creato ponti, relazioni di scambio con donne e uomini delle città ospitanti, approderà a Cleto per poi riprendere il suo viaggio, come vorrebbero fare tanti dei migranti arrivati a Lampedusa, sulle coste della Sicilia o della Calabria , e non essere rinchiusi nei tanti Centri della “vergogna” di identificazione ed espulsione.
Un po’ di storia
Cleto è uno dei più belli borghi medievali sparsi per la Calabria. E’ situato sulle pendici del monte Sant’Angelo, su uno sperone roccioso, ed è circondata da secolari uliveti. La storia delle sue origini, che vuole sia stata fondata da una donna, Cleta, è avvolta di mistero e di fascino. Si narra che nel periodo della guerra di Troia, X secolo a.C., la regina delle Amazzoni Pantasilea, richiamata da Priamo dopo la morte di Ettore, per respingere gli achei, rimase uccisa in battaglia da Achille. Cleta, sua nutrice, che l’amava con tenerezza e che l’aveva seguita a Troia, pose la sua regina su una nave e, accompagnata da molta gente, partì per tornare in patria e darle onorata sepoltura. Durante il viaggio una tempesta colse impreparata la nave su cui viaggiava e attraccò in Calabria. Qui vi rimase ed edificò la città che dal suo nome si chiamò Cleta. Questa crebbe di popolo e di forze, tanto che all’epoca della Magna Graecia entrò in guerra con Crotone. L’esercito dei crotoniati uccise la regina la quale prima di morire espresse il desiderio che tutte le regine, che avrebbero regnato dopo di lei, portassero il suo nome, così . Aveva fondato anche un’altra città calabrese, Caulonia. L’antica Cleto, durante la dominazione normanna mutò il suo nome in Pietramala. Su questo secondo nome ci sono diverse versioni: oltre alla possibilità che derivi dalla famiglia feudataria di Guido di Petramala, si sostiene che significhi “pietra dura”, cattiva, come scrive il Padula: < Pietra grande, pietra inaccessibile a guisa di Piramide(..) le sole formiche possono salire in Pietramala>. Nome che mantenne sotto gli Aragonesi e gli Angioini ed oltre, fino al 1862 quando divenne Cleto.
Itinerario nel borgo
Per entrare e attraversare il borgo, seguiamo Giovanna Bergantin nel suo itinerario descritto su Il Quotidiano della Calabria il 3 maggio 2014 per la rubrica “Borghi in Calabria”. Circondata da resti di mura, si entra nel piccolo borgo attraverso Porta Pirillo, chiamata così perché la piazzetta antistante ha la forma di una pera. E’ una delle quattro porte da cui si accedeva al centro storico. Le altre erano Porta Forgia perché vi erano i “forgiari” che lavoravano il ferro per costruire le armi. Porta Cafarone chiamata così dal nome della persona addetta alla sorveglianza della gente che usciva o entrava e Porta Timpone, perché vicina a un dirupo.
Il centro storico è percorso da gradoni che portano al castello medievale, scavati nella roccia e corrosi dalla natura. Si percorre una breve via, un tempo affollata di botteghe artigiane e si arriva alla Chiesa dedicata a Santa Maria Assunta, con strutture a tre navate e due portali. Edificata nel XVI secolo è in stile rinascimentale con spunti barocchi. La torre campanaria, a forma quadrata, ha sulla sommità una cupola. Al suo interno si trova un antico organo recentemente restaurato. Da qui inizia la salita verso il castello, tra antiche e sinuose stradine attorniate da modeste costruzioni in pietra, di tanto in tanto sovrastate da palazzi gentilizi con belle logge e pregevoli portali. Si arriva al castello di origine normanna, trasformato in fortezza dai vari feudatari che si susseguirono. Conserva ancora le mura, le torri, alcuni ambienti interni, cisterne per la raccolta dell’acqua e silos per la conservazione delle derrate alimentari.
Cleto – come altri paesini della Calabria – Riace, Acquaformosa, Decollatura, Caulonia, Badolato – è un esempio di accoglienza e di buone pratiche di convivenza con gli immigrati. Venti famiglie di rumeni hanno ridato vita al borgo, abitando case abbandonate, lavorando nell’agricoltura e nell’edilizia, partecipando alla vita comunitaria ( i ragazzi sono da sempre tra i volontari del festival agostano) e soprattutto garantendo la prosecuzione dell’attività scolastica nell’asilo, nelle elementari e nelle medie. Quando Giusy Nicolini, sindaca di Lampedusa, ha lanciato l’appello perché si mandassero libri per una Biblioteca nell’isola, a Cleto l’associazione “La Piazza” ne lanciava un altro simile. La gente del posto, prima dei libri, ha portato la vernice, i divani, le mattonelle per mettere in piedi la sede e poi privati, Case editrici e enti hanno mandato i libri, a cui si aggiungeranno quelli delle Città Vicine, destinate a Lampedusa, che la sindaca non ha più voluto tanti ne erano arrivati. La Biblioteca, sita nel centro storico è intitolata a Peppino Impastato.
Il Festival di agosto, come quello di Lampedusa dal 25 al 30 settembre che vedrà, per la terza volta, partecipare le Città Vicine, a cui stanno a cuore le sorti dei migranti e la bellezza dei luoghi, la loro conservazione e difesa dall’abbandono e dal degrado, sarà occasione di relazioni, confronto e scambio con donne e uomini del borgo, con i giovani dell’Associazione di Franco, e così il piccolo paesino medievale allargherà la rete delle Città Vicine.

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