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Microcritiche / In hotel con Franz Lehar

25 Aprile 2014
di Ghisi Grütter

GRAND BUDAPEST HOTEL – film di Wes Anderson –

Finalmente una commedia deliziosa, divertente e raffinata! Ambientato in una splendida località termale mitteleuropea, in cima a una montagna in un Paese chiamato Zubrowska, quest’albergo, una volta di lusso, è il luogo che ospita tutta la vicenda in un incantevole clima da operetta, alla Franz Lehar. Partecipa al suo successo un cast eccezionale ricchissimo di bravi attori. Ralph Finnes è il Monsieur Gustave il concierge intorno al quale è costruita la storia: una sorta di “Inimitabile Jeeves” più snob dei suoi stessi padroni. Willem Dafoe e un insolito Adrien Brody sono i cattivissimi Jopling e Dimitri tratteggiati in modo caricaturale da Wes Anderson.
Bravi anche il capo poliziotto Edward Norton, il detenuto Harvey Keitel, l’impassibile scrittore Jude Law, il collega concierge Bill Murray e così via: tutti volti inseriti quali citazioni in omaggio a modi diversi di fare cinema. Ottima l’interpretazione del Lobby boy Zero Moustafa, il poco più che esordiente Tony Revolori che, figlio di guatemaltechi, ha un caratteristico “volto da immigrato” che potrebbe essere alla volta arabo, israeliano o indiano. Uno humour grottesco quello di Wes Anderson che progetta con cura a tavolino ogni minimo dettaglio, dai dolci Meldel al decò della facciata dell’albergo, dagli anelli di Willem Dafoe all’arredamento della magione della Madame D., la proprietaria defunta del Grand Budapest Hotel. Il film cambia il suo formato tre volte a seconda delle epoche rappresentate; infatti la costruzione del film è a scatole cinesi con lunghi flash-back uno dentro l’altro. Il regista Wes Anderson ha conosciuto all’università Owen Wilson (anche lui fa un’apparizione nel film) con cui ha scritto le sceneggiature dei primi tre film; si è cimentato anche in stop motion di cui si trovano tracce anche in questo film. Presentato al festival di Berlino 2014, il “Grand Budapest Hotel” è ambientato negli anni ’20 ed è memore delle parodie politiche di Chaplin e di Lubitsch. Ottime anche le musiche di Alexandre Desplat che pongono l’accento al ritmo filmico.

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