Ma voi avete capito che cos’è il bosone di Higgs, altrimenti detto “particella di Dio”?
Vi risparmio la storia – ripetuta in ogni articolo perché è la più semplice da raccontare – di questo nome: una storpiatura non priva di esiti filosoficamente imbarazzanti dell’originario titolo di un saggio sull’introvabile bosone, che più semplicemente suonava “La Particella Maledetta”.
Qualche lume in più mi è venuto dall’articolo di Carlo Rovelli pubblicato dal “Domenicale” del Sole 24 ore.
La teoria di cui il bosone ora ritrovato (con una probabilità che sfiora il 100% mancandolo per qualche altra particella matematica infinitesimale) sembra essere una specie di architrave, si chiama – molto più dimessamente – “Modello Standard”. E’ il risultato di mezzo secolo di ricerche dopo Einstein e la fisica quantistica, e serve per interpretare il modo in cui funziona la radice più piccola della materia dell’universo.
La cosa interessante – almeno ai miei occhi – è che questo “Modello Standard” è stato guardato a lungo con sospetto da molti scienziati, irritati soprattutto dalla sua scarsa eleganza formale, ideale e matematica.
Sì, pare sia una sorta di brutto anatroccolo del pensiero scientifico. Niente a che vedere con la magistrale sintesi einsteniana: E = mc2. Oppure con certe frasi folgoranti e fondamentali dei filosofi: “Cogito ergo sum”. O col tema inequivocabile della quinta di Beethoven: sol sol sol miii!!
Il “Modello Standard” è invece una teoria intricata, costruita pezzo per pezzo, unendo idee brillanti e argomenti involuti, un po’ sbilenca, insomma “un patchwork di pezzetti aggiustati”. Che però, a quanto pare, funziona.
Forse questa struttura deriva dalla difficoltà di “imbrigliare” simbolicamente un microuniverso estremamente complesso, mobile, imprevedibile, capriccioso.
Mi viene il sospetto che questo misterioso mondo di particelle subatomiche, i cui comportamenti oscillano in modi che sono stati giudicati indeterminati, che non hanno massa (sarebbe il famoso bosone a garantirgliela magicamente…) ma che in certe condizioni esplodono con una potenza che può distruggere la terra, assomigli un po’ al balordo mondo di noi umani.
Aspettiamo ormai da troppo tempo un “Modello Standard” in grado di interpretarci e darci qualche nuova regola più efficace. Le formulette “semplici” sono fallite. Obbedire a Dio? Non funziona più. Fare la lotta di classe? Men che meno. Affidarsi al mercato? Che sciagura.
Il fatto è che la realtà umana è mutevole e imprevedibile, piena di passioni, conflitti, simboli cangianti, di uomini, di donne, e un numero imprecisato di altre identità sessuali.
I terremoti che ci hanno colpito, con la loro terribile insistenza, rappresentano una buona metafora della nostra vita e della crisi che attraversiamo. Producono lutti e paura, ma anche buoni sentimenti, spingono al riconoscimento, alla percezione di una realtà che si scompone in mille parti e che deve essere rimessa insieme, magari in un altro ordine, più gradevole e sicuro.
Questo succede costantemente anche quando la terra – per fortuna – non trema.
Per capirlo abbiamo bisogno di un bel “patchwork di pezzetti aggiustati”. Un pensiero che combaci meglio con i percorsi zigzaganti delle nostre giornate.
(Sono sotto l’impressione dell’ultima notizia letta in Internet prima di addormentarmi: questo Squinzi che fa il professore anche lui e dà i voti al governo: dal 5 al 6. E Monti che gli risponde: così fai alzare lo spread! Particelle maledette, impazzite…)