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“Qui giace una virgola antiquata”

6 Febbraio 2012
di Letizia Paolozzi

Wislawa Szymborska, 1923-2012, Nobel per la letteratura 1996, ebbe il dono di una “lirica filosofica” (Francesco M. Cataluccio sul “Sole 24 Ore”). Per questo e per l’ironia, l’invenzione linguistica, lo sprezzo del pericolo nell’avvicinare cose, oggetti, concetti assai distanti quali morte e pasticcio di carne, ciechi e autografi, biografia e prosa, metafisica e cagnolini, ci mancherà.

Mancherà in particolare alle donne polacche, tedesche, inglesi, svedesi e italiane per il modo glaciale con cui intese limitare l’enfasi e l’eccesso, la ridicolaggine di ogni serietà: l’eccesso femminile in particolare, che sfocia nella commozione mal riposta, si compiace della frase scritta con grazia, emulsiona banalità con sublimità.

“Insomma, vogliamo toglierci le ali e cercare di scrivere a piedi”?

Nonostante le trecento poesie scritte (sia lode ai Libri Scheiwiller, all’editore Adelphi, alle traduzioni di Pietro Marchesani) resteremo con la voglia di altre filastrocche, limerick, versi bambineschi solo in superficie.

Nella scrittura ebbe cura delle parole e ogni parola fu adeguata al concetto che aveva in mente.

Così scrisse il suo “Epitaffio”:

Qui giace una virgola antiquata
L’autrice di qualche poesia. La terra l’ha degnata
Dell’eterno riposo, sebbene la defunta
Dai gruppi letterari stesse ben distante.
E anche sulla tomba di meglio non c’è niente
Di queste poche rime, d’un gufo e la bardana.
Estrai dalla borsa il tuo personal, passante,
e sulla sorte di Szymborska  medita un istante.

 

 

 

 

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