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Microcritiche/ Scorsese sul potere, Yehoshua sull’arte

10 Febbraio 2012
di Letizia Paolozzi

“Boardwalk Empire” (Sky cinema 1, il venerdì sera) 

Il proibizionismo ovvero alcool e sangue, disperazione e ricchezza improvvisa. “L’Impero del crimine” è una galleria di gangster con Al Capone, Lucky Luciano, Nucky Thompson (nei titoli di testa compare uno straordinario Steve Buscemi, ripreso di profilo come in un quadro di Magritte). Politici assassini oppure assassini che si buttano in politica. E poi madri bigotte, ragazzine stuprate a dodici anni, meretrici attente contabili in attesa della fortuna. C’è tutto il Martin Scorsese di “Gangs of New York”, non soltanto la sua supervisione produttiva, in questa Atlantic City ricostruita a Boston. Senso di colpa, religione punitiva, gole squarciate, spietatezza di eroi marchiati dalla loro ambizione; vendette del Klu Klux Klan e sensualità della carne femminile. Un gangster-movie in dodici puntate (secondo ciclo) sullo sfondo dei roaring twenty. Atto d’amore per il cinema anche se rovesciato rispetto a quello, poetico e un po’ lento, che abbiamo ritrovato in “Hugo Cabret”.

“La scena perduta” di Abraham B. Yehoshua, Einaudi, 2011 

Un quadro nella letteratura; la letteratura che si interroga sulla creatività e la creatività impastoiata nel dolore della memoria. Fino all’accettazione degli “abissi del tempo”. Libro dalla lentezza maestosa, gira intorno all’iconografia della giovane Pero che, nella “Caritas romana”, allatta il vecchio padre Cimone condannato a morire di fame. Si tratta di un gesto di intensa compassione oppure di violenta provocazione erotica? L’ambiguità sta tutta nell’interpretazione del quadro ma l’attrice, Ruth, ora “protagonista” ora “musa”, rifiutando di interpretare la scena, è netta nella decisione. Anche il regista dopo decenni dovrà ricostruire la scena perduta per guardare avanti, al cambiamento di Israele, nonostante i missili Qassam che illuminano la notte.

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