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Non uccidete Liberazione

31 Gennaio 2012
Pubblichiamo l'appello contro la chiusura di Liberazione
Una storia collettiva stratificata lungo vent’anni  non può essere
cancellata con una riga di calcolatrice.

Una voce non allineata e plurale non può essere messa a tacere con un clic.

Liberazione non può morire. Né trasformarsi, neanche temporaneamente,
neanche strumentalmente,  nella caricatura di se stessa.

Al governo, al primo ministro Monti, al sottosegretario Peluffo ripetiamo

che il mancato rifinanziamento del Fondo per l’Editoria e il ritardo
nella fissazione di  criteri rigorosi e chiari di erogazione del

contributo pubblico si stanno trasformando in una vivisezione di giornali,
di cui Liberazione è un primo tragico test.

All’editore di Liberazione, il Partito della Rifondazione comunista,

chiediamo
di sottrarsi al gioco al massacro.

Se non è possibile rimandare subito nelle edicole una forma anche ridotta
all’osso ma giornalisticamente ficcante di giornale cartaceo, almeno il
giornale in Pdf e il sito internet devono tornare in attività, per
restituire a lettori e lettrici, al dibattito pubblico e ai movimenti che
si battono contro la crisi degli speculatori e per l’informazione libera
una  voce sottile ma tenace e indispensabile. Per far vivere un giornale
vero, consistente e articolato, fatto da una redazione vera, giornalisti e
poligrafici insieme, così com’è sempre accaduto in questi vent’anni.

Tornare sulla decisione di spegnere il giornale, perfino la versione su
internet animata volontariamente dalla redazione in lotta per la
sopravvivenza, in attesa delle imminenti risposte da parte del governo e di
un accordo sindacale realistico e serio, è un gesto costruttivo ancora
possibile. All’altezza di una forza politica che non può rinunciare per
nessun motivo, specialmente ora, alla difesa dei lavoratori e allo sguardo
di critica radicale che ne caratterizza il dna.

Fondi all’editoria e regole chiare, subito.

Liberazione in Pdf e sito internet riattivati da domani.

Prodotto vivo e lavoratori vivi  al tavolo del confronto.

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