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Fuga dall’amore, sulle note di Bach

30 Gennaio 2012
di Alberto Leiss

Glenn Gould ci provò a avere una famiglia, ma non ci riuscì. Lo ricorda Andrea Breschi nell’ultimo di tre articoli dedicati al famoso pianista e pubblicati dal Foglio.  Provò intensi amori per persone e animali. Alcuni dissero di una sua relazione con la soprano Roxolana Roslak , con la quale incise nel ’77 l’intero ciclo dei lieder  Marienleben di Hindemith. Una voce piena di fascino. E anche la sua figura, da quanto si vede nella foto di copertina del CD, con un mefistofelico Glenn che le sta dietro le spalle. Breschi spiega l’ostilità di Gould per la musica di Chopin,  Schumann e Schubert, che non eseguiva, con il suo rifiuto verso le strutture “ripetitive”, l’incapacità di questi romantici di costruire forme complesse e equilibrate.  E se invece fosse stato il contenuto sentimentale e erotico a indisporre il grande interprete del cerebrale e mistico Bach? Questo spiegherebbe anche la sua ruvida riserva verso Mozart (che invece eseguì con esiti abbastanza disastrosi).

Pensieri vaghi dopo la visione di “Shame”, dove Brandon-Fassbender consuma la sua sessualità compulsiva e l’incapacità di amare al suono della variazioni Goldberg e di altre magistrali esecuzioni gouldiane di Bach. Bellissima la lunga sequenza della corsa nella notte di New York per sfogare rabbia e gelosia verso la sorella, che fa l’amore con il suo capoufficio, sulle note del preludio in mi minore, n.10, del Calvicembalo ben temperato.

Il film di McQueen lo si può prendere come un racconto un po’ scontato, a tratti eccessivo e noioso, della condizione maschile non troppo felice in quest’epoca. Oppure ci si può appassionare al mix di suggestioni estetiche, visive e sonore, e a alcune battute essenziali. Come il dialoghetto centrale tra Brandon e l’unica donna che non è una prostituta con la quale tenta un approccio, condannato al fallimento. Alla domanda: chi vorresti essere nel passato o nel futuro? Lui risponde: un musicista negli anni ’60. Lei: me stessa in questo momento.

Brandon si commuove quando sente la sorella cantare una versione di New York New York lentissima e stralunata: la voce di Carey Mulligan e il suo volto in primo piano lungo tutta la canzone sono forse la cosa più bella del film. E anche la sequenza più caldamente erotica. Le altre scene di sesso sfumano dalla freddezza dell’ossessione ginnica alla maschera dolorosa e tragica di Brandon quando dovrebbe raggiungere il massimo piacere.

Sarà nel sentimento più profondo verso l’infelice ma più vitale sorella (le donne sono comunque migliori) l’occasione di redenzione per il povero sexual-addicted?  Qualcosa che evoca, oltre l’erotismo della musica, quello dell’ideale letterario di Musil, nella intensità finale del rapporto tra Ulrich e Agathe. Il registro del film certamente è molto meno ricco, ma siamo comunque di fronte all’ennesima evocazione di un maschio senza qualità.

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