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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Storie di maternità migranti

19 Maggio 2011
Pubblicato su "Europa" il 18 maggio 2011
di Franca Fossati

Winny Khamiri è una ragazza olandese di 23 anni. Ha conosciuto Nizar, tunisino, in un villaggio vacanze in Grecia dove entrambi facevano gli animatori. Si sono amati subito e si sono sposati.
Scelgono di vivere in Tunisia, ma appena comincia la rivoluzione dei gelsomini lei decide di rientrare in Olanda: è incinta, al sesto mese. Nizar, appena sistemate le cose, la raggiungerà. Infatti poco tempo dopo lui attraversa il mare sul barcone, ma siamo ormai oltre il fatidico 5 aprile, viene rimpatriato.
Nizar riprova ancora e per la seconda volta approda a Lampedusa dove viene trattenuto con gli altri in attesa di essere rimandato a casa. Così nell’isola arriva lei, Winny, con l’album di fotografie del matrimonio, per riprendersi il marito. Per il momento le hanno solo permesso di riabbracciarlo (La Stampa, 14 maggio).
Cynthia è nigeriana, ha 24 anni e una pancia di nove mesi. Viveva in Libia con il marito. Ma c’è la guerra e per di più lui è cristiano. Così hanno attraversato il mare, cinque giorni di navigazione per arrivare a Lampedusa. Lì, per fortuna, il medico dell’ambulatorio è anche ginecologo.
Anche Joy è incinta e viene dalla Libia, come Patricia, anche lei al nono mese e Marta, al quarto mese. Affrontano la traversata con le mani sulla pancia per parare i colpi del mare. “Si vergognano a fare i loro bisogni durante la traversata, temono di stimolare le contrazioni –racconta il medico di Lampedusa- spesso arrivano qui con un blocco alla vescica e siamo costretti a mettere il catetere” (Corriere della sera, 14 maggio).
Coraggio e incoscienza?
Il fatto è che fuggono da luoghi dove si muore comunque. Senza contare che ogni giorno nel mondo muoiono mille donne di parto e la metà di loro vive nell’Africa sub sahariana (sanitaincifre.it)
.
Piccole storie di donne e di madri che sbucano dalle pagine dei quotidiani e inteneriscono il cuore, per un attimo. Per non farle dimenticare la Compagnia multietnica del Suq di Carla Peirolero e Valentina Arcuri ne hanno fatto un racconto teatrale, “Madri clandestine”, che è stato in scena proprio in questi giorni al Duse di Genova. Storia di cinque donne migranti che si prendono cura di una bambina nata su un barcone. Il coro che accompagna lo spettacolo è fatto da cantanti del conservatorio e ragazze nigeriane della chiesa pentecostale (Famiglia cristiana, 10 maggio).
Oltre alla poesia e alla solidarietà verso queste maternità migranti, va ricordato, come fa Nicola Cacace sull’Unità (17 maggio), che l’Italia ha il più grosso buco demografico mondiale, pari a 500 mila giovani mancanti ogni anno.

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