Con l’invito a riflettere sul fatto che “per ogni donna disponibile a dare sesso in cambio di denaro (o di carriera o di altri vantaggi) si conta un numero cento volte maggiore, a essere prudenti, di uomini pronti a quello scambio”, e che molti sono i modi di vendersi, anche da parte maschile, per ottenere potere, ho semplicemente cercato di invitare i maschi di buona volontà a “partire da sé”, per analizzare il modello di relazione tra i sessi che mercifica i corpi e le esistenze e per capire se e quanto quel modello è radicato in noi.
L’autocoscienza alla quale faccio riferimento è questa, non la richiesta di eleborazioni interpretative generalizzanti e “in nome di tutti”. E’ riflessione sulla propria vita, sulle condivisioni automatiche o meno di stereotipi e pregiudizi, sulla storia individuale di relazione con l’altro sesso e con il proprio.
Sollecitavo riflessioni proprio su quelle “questioni che hanno già un bel po’ di difficoltà a chiarirsi nella dimensione individuale”, come ha scritto Stefano Colucci. Lo capisco, perché non sono operazioni facili o indolori. Il fatto è che, se non si applicano anche gli uomini a chiarirle, quelle questioni, le donne da sole non possono farcela.
Anche per questo, suonano patetici gli indici alzati a condannare un movimento delle donne che non avrebbe saputo trasmettere a figlie e nipoti il senso del limite tra libertà e libertinismo. Nel frattempo gli uomini dov’erano?
Davide Rondoni, che con Colucci e Tonino Cantelmi ringrazio per l’attenzione critica alla mia piccola provocazione, nel suo intervento dimostra che anche per lui il problema è ancora solo quello di chi si vende, non di chi compra.
Ha notato il giornalista Alberto Leiss su donnealtri.it: “Non è strano che per la donna che si prostituisce esistano molti nomi, per lo più infamanti, mentre per l’uomo che paga per comprare il suo corpo circola finora solo il neutro sostantivo cliente?”. Ecco un buon tema di riflessione autocoscienziale.
E a Cantelmi, che analizza la nuova identità liquida di chi si prostituisce rispetto al vecchio “mestiere”, vorrei dire che quella liquidità è vecchia quanto il mondo. Del resto, immagino che nessuno rimpianga i bei tempi andati, quando le donne di malaffare (malaffare solo loro, naturalmente) erano ben riconoscibili, recintate, marchiate e divise da un mondo perbene che le usava, mentre le disprezzava.
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