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Della musica, dell’amore e dello stile

23 Febbraio 2011
di Alberto Leiss

Giuliano Ferrara ha impugnato l’arma della musica per tentare una difesa dell’”amor suo” Silvio Berlusconi: citando, ironicamente e provocatoriamente l’”azionista” Massimo Mila e la sua Storia della musica contro gli “azionisti neopuritani” che si mobilitano contro il Premier, ha rivendicato la grandezza del melodramma italiano, e della sua molto terrena visione dell’amore e del piacere, per inserire in questa nostrana tradizione assai poco “puritana” le avventure di Arcore.
Non fa per noi – argomenta tra il serio e il faceto il direttore del Foglio – la visione “notturna” e tragica dei sentimenti e dei comportamenti umani che si coglierebbe nelle musiche di Wagner, nel sinfonismo e nel romanticismo tedesco e austriaco.
Eugenio Scalfari gli ha risposto che seguendo questo melodrammatico sentiero lui e il Cavaliere finiranno per imbattersi nel Don Giovanni di Mozart e nel destino di dannazione infernale che l’opera riserva al protagonista di tanti delitti e dissolutezze.
Nel mio piccolo vorrei distinguermi da quest’uso della musica e dalle sue, per quanto effimere, conseguenze ideologiche.
A parte che Wagner non è Beethoven né Schubert, non posso certo accettare il paragone di Scalfari – e di altri in questi giorni – tra il Cavaliere e il Don Giovanni di Mozart. Quella figura ha una grandezza tragica e umana – siamo in una singolarissima ’”opera buffa” – che porta in scena un amore e un desiderio di libertà, anche nella sua contraddittoria ambiguità, del tutto eversivo. (Mancano due anni scarsi al 1789). Mentre – anche questo è stato detto – nelle incaute serate di Arcore non c’è nemmeno, e in nessun caso, una vera trasgressione.
Ma anche i poveri Rossini, Verdi, e persino Donizetti, davvero possono essere arruolati per comporre la colonna sonora del Bunga Bunga, insieme a Apicella?
Sarà vero che mettono in musica un’idea dell’amore più giocosa e meno spirituale di quella cantata da Schumman, Chopin, Mendelssohn – al cui romanticismo, peraltro, non manca certo la sensualità – ma non cancelliamo il fatto che il belcanto e anche la bella vita accompagnarono generazioni di italiani che si appassionarono generosamente alla politica, a un qualche “Risorgimento” che valeva per loro il prezzo della morte. E non dimentichiamo che mentre Donizetti componeva il suo “Elisir d’amore” un altro singolare romantico italiano, Leopardi, scriveva le Operette morali…
Ammetto che di Berlusconi non bisogna fare in nessun modo un “capro espiatorio”. Per questo capisco fino a un certo punto persino la polemica “antipuritana”. Ma gli artifici intellettuali funambolici di Ferrara non riusciranno mai a restituire al signore di Arcore ciò che gli manca assolutamente: lo stile.
Che, si sa, per un uomo è tutto.

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