Che errore quel “vajassa” di Mara Carfagna. Ha reso fin troppo facile ridurre tutto allo scontro sguaiato tra due belle della politica. Così Mussolini può replicare: se Mara non si scusa io non voto la fiducia.
Capricci di femmine diranno di nuovo, come Libero aveva già scritto (20 novembre) all’annuncio delle dimissioni, “bizze di donne” scrive Sartori sul Corriere della sera (23 novembre). Il guardonismo è alle stelle “perché il gioco delle donne che odiano altre donne rassicura il maschilismo della politica” (Mario Ajello, Il Messaggero, 22 novembre).
In realtà il gesto di Carfagna, vajassa a parte, è stato forte e inedito e non solo perché a farlo (anche solo a minacciarlo) è una donna giovane e bella. Dei ricorrenti annunci di dimissioni di Tremonti si scrive per sentito dire dall’anticamera del Consiglio dei ministri. Ma lui non le ha minacciate pubblicamente. Altri ministri si sono dimessi perché travolti da scandali.
Carfagna invece, nonostante lo scandalo della sua cooptazione al governo, aveva tenuto duro. Aveva sopportato anche, con visibile tensione, la terribile performance di Sabina Guzzanti a piazza Navona senza annunciare la fuga. E’ adesso, diventata credibile perfino agli occhi di chi l’aveva umiliata, che può permettersi il gesto della rottura.
Ambizione, sfida, protervia, progetto politico? E’ il gesto di “una zarina affamata di potere” come dichiara a Il fatto quotidiano Paolo Guzzanti (21 novembre)?
Vuole preparare così la sua candidatura a sindaco di Napoli? A sinistra (vedi Massimo Giannini su Repubblica, 22 novembre) sono sicuri che si tratti di una “battaglia per la legalità” in Campania, contro i poteri dittatoriali e mafiosi del suo partito.
Ma si sa che in politica i nemici dei miei nemici diventano subito amici e quella che fino a ieri era indignazione, allusione, disprezzo “si sopisce con la stessa velocità con cui si era innalzata e viene sostituita dal plauso altrettanto vibrato e vibrante” (Ritanna Armeni, Il Riformista, 21 novembre).
Piccole donne crescono, commentano i più paternalisti. Donne che si rivelano “il punto più debole della catena berlusconiana” (Ajello, Il Messaggero, 22 novembre). O il punto più forte? Secondo Giuliano Ferrara, Carfagna e le altre giovani donne del governo sono “il prodotto migliore della tonalità extrapolitica del loro capo e della sua singolare esperienza della vita, così lontana dalla banalità burocratica” dei partiti tradizionali (Il Foglio, 22 novembre).
Comunque sia c’è chi spera, come Maria Laura Rodotà, che “la riscossa della ministra ex valletta serva a qualcosa”, a far sì che “la cooptazione politica causa grazie femminili” diventi un ricordo (Corriere della sera, 22 novembre).