Ho un rapporto cordiale ma non troppo intimo con una gatta, che era invece molto amata dai miei genitori. Accompagnandola in treno da Genova a Roma ho letto l’articolo di Camillo Longone, sul “Foglio” del 7 agosto, dedicato alle affermazioni polemiche della ministra Brambilla contro il Palio di Siena.
Longone manifesta grande insofferenza per Brambilla e contesta la sua ostilità al Palio di Siena, oltre che con anche comprensibili motivazioni di ordine promozionale (un ministro del turismo che critica il Palio perché i cavalli soffrono sarebbe capace di chiedere la demolizione delle Tre Cime di Lavaredo perché troppo pericolose per gli escursionisti…), anche con assai radicali citazioni filosofiche.
Sono tratte dal pensiero – così scrive – della filosofa francese Chantal Delsol e più o meno possono essere riassunte in questo concetto: l’uomo contemporaneo, perdendo la fede e Dio, perde la “dignità umana”. E un eccessivo sentimento di comunanza con la natura degli animali ne è sintomo. La “mancanza di una frontiera netta tra l’animale e l’uomo – cita Longone – toglie a quest’ultimo la sua sacralità”.
E’ un articolo scritto anche con ironia, ma questa idea che l’uomo ci rimetta qualcosa di irreparabile se si lascia prendere la mano dal sentimento per un animale, e che ci sia di mezzo anche l’ordine divino mi ha procurato un grande senso di fastidio.
Ci viene ricordato che dopo aver contestato il Palio passiamo in macelleria per arricchire la nostra tavola. Non sono mai stato attratto da Palii, Corride e non mangio carne di cavallo. Tuttavia può darsi che abbiano delle ragioni coloro che difendono riti e giochi che hanno antichi e importanti significati simbolici, anche se gli animali non se la passano bene.
Tuttavia penso che vedere nei cavalli, tori, gatti ecc. un altro genere di persone e nutrire per loro sentimenti di amicizia e rispetto non sia affatto una cosa cattiva. Anche se è irrazionale, e quindi poco coerente con le gerarchie perfette di una certa teologia.