E’ difficile dare torto a Livia Turco quando denuncia il carattere ricattatorio delle linee guida del governo in merito alla pillola Ru486. Infatti nel documento del Ministero si dice che le direttive non sono vincolanti per le Regioni, ma si ribadisce la necessità del ricovero per chi sceglie l’aborto farmacologico. E si aggiunge che “chi dovesse applicare protocolli clinici che ammettono le dimissioni volontarie della donna dopo l’assunzione della prima pillola va incontro a irregolarità”.
E cioè?
Esisterebbe, secondo la sottosegretaria Eugenia Roccella, “una criticità amministrativa che potrebbe determinare dei problemi sul piano del rimborso della prestazione da parte del servizio pubblico” (Corriere della sera, 10 luglio). Linguaggio tanto burocratico quanto ipocrita. Si dice che si tratta di una interruzione di gravidanza più complicata e dolorosa, sul piano psicologico, di quella chirurgica ( e anche chi firma questa rubrica lo pensa), ma contemporaneamente si grida contro l’aborto facile, “l’aborto a domicilio”, il “fai da te” (Isabella Rauti, su Il Giornale, 16 luglio).
La Curia emiliana parla chiaro: si tratta della “banalizzazione dell’aborto sul piano culturale” (Bologna sette, supplemento di Avvenire, 18 luglio). Allora: il problema è sanitario o, appunto, culturale? La Regione più scandalosa è sempre l’Emilia Romagna (seguita proprio in questi giorni dalla Toscana) che ammette esplicitamente la possibilità del day hospital, garantendo però “la presa in carico ospedaliera fino al 14 esimo giorno”.
Altre regioni, più furbamente, votano le linee guida del governo e si liberano così della responsabilità delle donne che si dimettono volontariamente dall’ospedale. E’ questo il risultato che si voleva ottenere per tutelare la tanto sbandierata salute delle donne?
Nel Lazio la situazione è paradossale. Si boccia la mozione che voleva rendere facoltativo il ricovero, ma viene anche respinto l’emendamento che chiedeva di accelerare la distribuzione della Ru negli ospedali (Il Giornale, 15 luglio).
In Puglia invece è stata interrotta la somministrazione della pillola. Lo denuncia Libero(16 luglio) a tutta pagina, “il dottor aborto è in ferie” e non si accorge che la vera notizia è che a Bari c’è un solo ginecologo non obiettore.
Un problema culturale c’è, senz’altro. Ma di segno diverso da quello denunciato dalla Curia bolognese. Basti leggere la cronaca che Il Giornale (19 luglio) dedica alla madre segreta del figlio di Cristiano Ronaldo. Sarebbe una cameriera, “una tipa di Los Angeles” che “ha vinto il superenalotto del sesso” cedendo il bambino al padre in cambio di denaro. Un bambino che viene allegramente definito “un madornale impiccio”.