Jana Pittman-Rawlinson, australiana, due volte campionessa del mondo dei 400 a ostacoli, è alta un metro e ottanta e quando si guardava allo specchio vedeva solo “braccia muscolose, spalle larghe e gambe forti e grandi”. Per questo, per essere più bella e più femminile, si era rifatta i seni. Ma, in vista delle Olimpiadi di Londra, ha deciso di far rimuovere le protesi. Le tette voluttuose rallentano la corsa.
“Non potevo indebolire il mio paese per vanità” ha dichiarato a Woman’s Day, “ora sono tornata piatta come una frittella”. Professionalità? Patriottismo? Per Nicolò Scuderi, chirurgo plastico, Jana è come “un’amazzone che si sottopone alla mutilazione del seno per poter tirare con l’arco” (Il Giornale, 5 gennaio).
Sta di fatto che il corpo delle donne fa problema.
Se per correre le curve sono controindicate, per fare il tg sono d’ordinanza purchè accompagnate da un faccino levigato. Questa la denuncia della sottosegreteria inglese per le Pari opportunità che ha accusato la Bbc di cancellare dal video giornaliste esperte ma segnate dalle rughe dei cinquant’anni (Corriere della sera, 4 gennaio).
Aldo Grasso dice che “il vizio non è solo inglese” e per questo sollecita il parere della Ministra Mara Carfagna. La quale risponde che in Italia va tutto bene, le telegiornaliste sono belle, giovani e brave. E quando sono mature diventano caporedattori e vicedirettori. Anzi, è “finalmente caduto il pregiudizio secondo il quale una donna attraente non possa essere contemporaneamente anche una professionista competente” (Corriere della sera, 5 gennaio). Glissa la nostra ministra sul fatto che si può anche essere bruttine, anziane e competenti. Mentre agli uomini, in Gran Bretagna come in Italia, non è richiesta un’immagine attraente per apparire in video (basti pensare a Vespa o a Costanzo). Insomma: è il corpo delle donne a fare problema.
Che la sessualità e il corpo femminile continuino a essere mistero per gli uomini lo dimostrano i commenti alla ricerca del King’s College londinese pubblicata sul Journal of Sexual medicine, secondo cui il punto G non esiste, è frutto di immaginazione incoraggiata dai terapisti sessuali. Per arrivare a questa fatidica conclusione sono state studiate 900 coppie di gemelle britanniche: pur avendo lo stesso patrimonio genetico alcune affermano di averlo, altre no.
Alba Parietti, ad esempio, non sa se ce l’ha, ma consiglia alle donne di trovarsi un amante coi fiocchi (Il Messaggero, 5 gennaio). Mentre a Cinzia Leone piace pensare che esista, “altrimenti ci rimane solo il punto it e il punto com. Tifiamo almeno per il punto org.” (Il Riformista, 5 gennaio).