Quale mai sarà il senso della politica se rifiuta la compassione, se rifiuta di patire-insieme-con? Ma sì, anche con un uomo potente. Anche con Berlusconi. Non c’è politica senza mediazione. In Italia, al contrario, c’è intolleranza alla mediazione (che viene definita “inciucio“). Intolleranza che circola virulenta tra i politici, tra la gente nei confronti dei politici, e poi nei confronti degli “islamici“, dei “froci“, dei “negri“. Pure i gatti e i cani non sono ben visti. Sarà il clima, appunto, del Paese d’o sole che non facilita le relazioni?
Non è roba nuova. Non comincia con l’anticomunismo (di Berlusconi), con l’antibelurlusconismo (dei postcomunisti). I più anziani ricordano i Forchettoni democristiani, i comunisti che mangiavano i bambini. Poi arrivò Andreotti-Belzebù. Le monetine lanciate a Craxi. Altro che antipolitica, qui siamo al troppo amore per la politica. E siccome sono più uomini a fare politica che donne (Siamo agli ultimi posti quanto a rappresentanza femminile, Vogliamo le quote rosa, Non c’è parità tra i sessi e altre dolorose constatazioni), sono appunto i rappresentanti del sesso maschile a trovarci il loro tornaconto. E dunque, la violenza, se non altro linguistica, è appannaggio maschile.
L’Italia – non da oggi – sembra preda di uno schmittiano stato di eccezione, pur condito alla amatriciana. Finite le grandi narrazioni (la Chiesa, il Pci, la Dc) che il conflitto lo traducevano in politica e nei Patti lateranensi, adesso viene accentuata l’immediatezza, anzi, il livore del conflitto. Il “popolo sovrano“ ama Lui; la minoranza del “popolo sovrano“ vuole eliminare Lui. Lui scuote le istituzioni, maltratta i giudici, minaccia i media. Fabrizio Cicchitto stila l’elenco del “network dell’odio“: in pratica, critica i giornalisti che hanno il dovere di criticare i politici. Quelli potenti innanzitutto. Gli uomini (della politica) suppongono di essere allo stadio. Nella casa del Grande Fratello.
Atteggiamenti feroci, derive linguistiche. Le offese sono scelte pescando da un vocabolario stitico che nulla offre di inventivo: Siete degli assassini, dei fascisti, comunisti, terroristi, xenofobi. Quando bisogna – e bisogna proprio – prendere le distanze dalle pretese di verità assoluta alla Di Pietro, si ricorre a termini usati. E usurati. Bersani, il segretario del Pd, ma anche Casini, leader dell’Udc, hanno condannato il gesto dell’odiatore-lanciatore di piazza Duomo “senza se e senza ma“. Ora il “senza se e senza ma“ appartiene al gergo di quei ragazzi di sinistra che gli uomini di centrosinistra – per non parlare di quelli del centrodestra – non avevano in alcuna simpatia.
Eccola qui, la debolezza della politica. Invoca le riforme, le intese, invita a abbassare i toni e intanto impazza il gioco a: Di chi è la colpa? Chi ha cominciato prima? Berlusconi se l’è cercata? Se la merita? Certo, che se Lui è amico dei mafiosi, ha disseminato bombe per l’Italia, ha ordinato attentati, corrotto e mentito, se è cresciuto sulla Videocracy, ha regalato farfalle, ha disseminato inviti per il lettone di Putin, come si farà a mediare con un tipo simile? Il quale tipo, per parte sua, punta sull’“amore“.
Sarà anche per questo groviglio che la compassione non ha avuto spazio nei commenti dei politici a ciò che è accaduto il tredici dicembre a Milano. Eppure, una attrice alla quale il premier non è mai piaciuto, ha scritto di aver provato “pena“ vedendo la faccia insanguinata di Berlusconi. Dipende dal fatto che Sabina Guzzanti, è una donna? Niente affatto. Rosy Bindi, pure lei donna (fu sostenuta da molte per questa ragione alle primarie del 2007 del Pd), ha subordinato la pena a questo e a quello, a chi zittisce e a chi contesta, a chi esaspera e a chi reagisce. Temo che la politica intesa in questo modo non serva a abbassare i toni.
P.S. Ho cercato di spiegare con questo pezzo perché la mia posizione è, quanto a linguaggio, impostazione, tono, in disaccordo profondo con quella di Cristina Liquori. Pubblichiamo la sua opinione perché Cristina è un’amica e perché in questi giorni si svolge una discussione interessante – che riguarda chi agisce sulla rete – e le donne che se ne servono.