Io gli avevo creduto, mi ero perfino commossa e il mio articolo del 10 ottobre scorso sul Secolo XIX lo lasciava trapelare. Sergio Cofferati, poco prima che il suo bimbo compisse un anno, aveva annunciato che non si sarebbe presentato candidato sindaco una seconda volta a Bologna perché desiderava restare a Genova accanto al piccolo Edoardo e alla compagna Raffaella Rocca impiegata al teatro Stabile cittadino. La decisione era “sofferta”, disse il Cinese che spiegò anche: “Non si può costringere un bambino a vivere in auto. Lui e la mia compagna devono fare 600 chilometri per stare con me”. Si riferiva all’andata e ritorno Genova-Bologna. L’annuncio fu talmente clamoroso da finire sui giornali e non solo di Genova e Bologna; la stampa tutta si mostrò commossa di fronte a un uomo pubblico che sceglieva un figlio, il secondogenito amatissimo, invece della carriera.
Si parlò di nuovi padri e di diversa consapevolezza maschile, appena sbiadita da qualche commentatore maligno che immaginava il probabile disagio del primogenito (e della prima moglie) per i quali tali scelte non erano state compiute. E ci fu anche chi avanzò un sospetto: lui se ne andava da Bologna consapevole che avrebbe perduto la seconda tornata elettorale. Ma insomma la notizia restava comunque toccante. E poi si sa, l’età può portare consiglio: Cofferati, ormai maturo, aveva cambiato stile di vita, magari diventava un esempio per altri uomini che non avrebbero più trascurato i figli e neppure i genitori anziani (aggiungo io).
Tutto bene per qualche tempo fino a che, in questi giorni, si fa sempre più insistente la notizia che il Pd pensa di sistemarlo come capolista alle elezioni europee per il collegio nord occidentale che include Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia. Lui fa sapere, anche ai giornalisti, che potrebbe starci. Sempre se il partito ha bisogno di lui. E il Pd annuncia di avere necessità eccome di lui! Urge reperire candidati di prestigio per una sfida elettorale che si annuncia difficilissima. Il Pd genovese è d’accordo sul suo nome. Del resto fare il sindaco è molto più faticoso che essere deputato europeo, tanto più che gli italiani si sono dimostrati tra i più assenteisti, ahimè, dell’assise. A dire il vero gli altri Paesi mandano a Bruxelles soprattutto giovani politici motivati a lavorare tanto e cercare, ad esempio, di reperire fondi europei, ma da noi non funziona così, purtroppo.
In questo coro di consensi ha invece protestato seccamente la governatrice del Piemonte Mercedes Bresso che – sia nella direzione del suo partito, il Pd, sia ai giornalisti di diverse testate – ha piegato che si batterà “con forza perché Cofferati non sia capolista. Ha appena detto di volersi dedicare alla famiglia. I nostri elettori non lo voterebbero, non vogliamo far ridere nessuno, tutti sanno che Bologna è a trecento chilometri da Genova, mentre Bruxelles a duemila”. Ieri la giornalista Mariella Gramaglia ha scritto un’opinione sul manifesto in cui si mostra molto sdegnata per l’incoerenza sia di Cofferati sia del Pd. E ancora più perché ha letto, racconta, che il leader Franceschini, favorevole alla candidatura avrebbe detto: “Cofferati è ancora molto popolare e la vicenda di suo figlio la sanno solo 500.000 persone”. Allora, scrive Gramaglia, siamo mezzo milione di “babbioni che hanno preso alla lettera relazioni umane e conflitti”, babbioni che credono che ci sia un’Italia diversa da quella di Berlusconi in cui “tutto può essere detto e smentito, affermato e negato, perché tutto è uguale e irrilevante”. Il sospetto di essere stati imbrogliati resta e non solo a Gramaglia. Che aggiunge accorata: “Non c’è un po’ di rispetto per le donne? Tutti ne conosciamo almeno una che a una brillante carriera ha scelto di rinunciare davvero per amore dei suoi figli. Non meriterebbe almeno di non essere presa in giro come persona e come elettrice”. Ecco, questo punto mi ha particolarmente colpito. E affondato