Dunque, dopo cinquant’anni, ha vinto Barbie, “superfemminile e bellissima, piena di vestiti, di scarpe e di borsette”, Barbie che a essere madre non ci pensa proprio, che insegna alle bambine “una vita femminile di consumi e di affermazioni sociali”, condannata “a una vita solitaria, individuale, immersa nella contemplazione di se stessa”. Altro che otto marzo. E’ questo l’amaro bilancio di Lucetta Scaraffia per la festa della donna (Il Riformista, 5 marzo).
Non è allegra, anche se per ragioni (quasi) opposte, anche Maria Laura Rodotà perché in questo 2009 “niente sembra più al sicuro, e tante femmine –soprattutto femmine- non si sentono molto bene”. “Perfino le iper-occupate iper-abbienti vengono maltrattate” (vedi Emma Marcegaglia paragonata a un “corvo” dal ministro Scajola) e, tutte quante, “non siamo davvero emancipate; né sul lavoro, né in famiglia, né per strada, né quando veniamo bombardate di spot e programmi tv con decerebrate svestite; né quando (orrore) pensiamo che il nostro corpo sia (parrebbe logico) nostro” (Corriere della sera, 8 marzo).
Maria Giovanna Maglie si unisce, a modo suo, al coro del disincanto e della sconfitta. Dopo aver scritto, il 7 marzo, che è meglio “un maschilista tronfio e disilluso” come Franco Califano che “la schiera di finti femministi mosci che ci predicano ogni giorno”, conclude, due giorni dopo, che “l’8 marzo del 2009 sarà ricordato come un giorno di grande silenzio delle donne, essendone invece gli uomini i protagonisti, nelle parole come nell’esercizio del dominio” (Il Giornale, 9 marzo).
Insomma: c’è poco da stare allegre. Eppure a leggere il sondaggio Swg proposto da Il Venerdì di Repubblica le donne italiane non sembrano così pessimiste né sembrano definitivamente asservite al modello Barbie. Infatti il 67 per cento crede che negli ultimi 10 anni il ruolo e il peso delle donne nella sfera sociale e pubblica sia aumentato; il 61 per cento che il femminismo abbia portato una maggiore libertà; il 58 per cento mette in cima alle priorità i figli (percentuale che cresce tra i 35 e i 54 anni) e, al secondo posto, il lavoro. Lavoro che è importante, molto importante, per il 98 per cento, perché rappresenta indipendenza economica e realizzazione di sé. Il 69 per cento però avrebbe voluto più figli. .Infatti il 51 per cento chiede più asili, scuola a tempo pieno, assistenza agli anziani.
Un sondaggio è un sondaggio, lo sappiamo, ma questo ci sembra rappresenti bene l’aria che tira tra le donne. Che non è la stessa che si respira tra le opinioniste dei quotidiani.