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Non rinunciare alla passione del desiderio
Intervista a Luisa Muraro

31 Marzo 2009
di Silvia Neonato

La parità tra i sessi la liquida come “insensatezza”, superata dal fatto che, siccome esiste già, dobbiamo guardare oltre. «Per emanciparsi bisogna sostenere che le donne non sono inferiori agli uomini e mostrare che non c’è differenza tra uomo e donna. Che vuol dire farsi entrare in testa il pensiero dell’inferiorità e la volontà di essere alla pari con lui. Quante energie consumate per diventare uguali». Così spiega Luisa Muraro, forse la più discussa filosofa femminista italiana, che è in arrivo a Genova insieme ad altre quattro studiose del par suo per ragionare di libertà femminile e differenza sessuale, di rapporti tra donne, quote rosa, mutilazioni e violenza sessuali, velo, rappresentanza politica e relazioni con i maschi.

Il ciclo di incontri “Che genere di donna?” schiera cinque teoriche appartenenti a filoni diversi del femminismo italiano e si inaugura domani con, appunto, Luisa Muraro, teorica della differenza sessuale, autrice di libri molto venduti, docente e fondatrice della comunità filosofica Diotima all’università di Verona, nonché animatrice della Libreria delle donne di Milano.
Nessuna filosofa ligure è invitata (anche se ne abbiamo di notevoli come Luisella Battaglia e Nicla Vassallo) per fare spazio alle ospiti: dopo Muraro, Claudia Mancina, Monia Andreani, Antonella Besussi e Anna Elisabetta Galeotti che faranno incontri in forma di dialogo per rendere piacevole anche ai non specialisti il ricco dibattito teorico tra donne. Delle ospiti soltanto Besussi sostiene che esiste la persona e non la donna o l’uomo, per lei l’appartenenza sessuale non è rilevante, non incide né sul pensiero né sul comportamento.

Di ben altra idea Muraro, che nel suo nuovo volume Al mercato della felicità (Mondadori), torna al tema a lei caro del desiderio come motore per cambiare il mondo e quindi per fare politica. Chiarisce: «C’è la politica prima, quella portata avanti da tutti coloro che rendono vivibile la vita altrui, le maestre in lotta per salvare la funzione della scuola pubblica, ma anche i medici che non denunciano i clandestini. Poi c’è la politica seconda, quella del Parlamento». Ha scritto ne Il Dio delle donne (Mondadori 2003) che la grandezza umana – pochi lo sanno ma le fiabe lo insegnano – sta nell’impegnarsi «per ottenere il meglio al massimo delle proprie forze, sapendo che il risultato non dipenderà dai nostri sforzi ma ci verrà incontro, sorprendente come un regalo splendido e inatteso». Anche nel libro “Al mercato della felicità” la visionaria autrice parte dal racconto del mistico persiano islamico Farid aal-din Attar, contemporaneo a San Francesco, per ribadire: senza grandi orizzonti, senza grandi desideri che vita sarebbe la nostra? Ecco allora la storia narrata da ‘Attar di un’anziana che, pur sapendo di non aver possibilità di farcela, va al mercato per comprarsi l’ebreo Giuseppe venduto dai fratelli gelosi, lo schiavo più bello di tutti, offrendo alcuni gomitoli di lana da lei stessa filati. Il sensale le fa presente che non ha alcuna possibilità di comprarlo e altri la deridono. Ma a lei non interessa, quello che vuole è che amici e nemici sappiano che lei ci ha provato ad avere il meglio.

Un delirio di onnipotenza? «Niente affatto, è solo la consapevolezza che non si buttano via le aspirazioni più alte, non ci si piega al realismo, al conformismo e alla paura. Detta da una donna, la grande pretesa non suona come delirio di onnipotenza, significa smetterla con le mezze umiltà verso la classe maschile. Prendiamo le donne pubbliche: sono ancora troppo grate agli uomini che le hanno cooptate. Questo è femminismo di Stato, parla di rivendicazione di parità. Io credo invece che noi donne dobbiamo insistere sulla strada della vita pubblica e del lavoro retribuito senza però abbandonare la gioia della maternità e di curare una casa».
Muraro ha scritto che la ricetta dell’attuale crisi dei partiti (e del patriarcato che li ha ispirati) non si risolve con le formule consuete. «Così come non è con la parità che si muovono le donne, anche gli uomini devono cambiare la loro pratica politica. Luther King ha mobilitato i neri con un grande sogno, Obama ha preso i voti persino di conservatori e razzisti promettendo una nuova versione del sogno americano, quello che ha permesso a lui, ragazzo afro, di diventare presidente. Per rispondere alla crisi economica, le donne, e non solo loro, non devono asceticamente crearsi altri limiti e confini con il buon senso che ci si attende da loro: se c’è la crisi, dobbiamo cercare altre fonti di gioia, senza farci intimidire. Santa Teresa del Bambino Gesù dice: io voglio tutto. Per ottenere di più di ciò che abbiamo, occorre chiedere di più. E i sacrifici ce li dobbiamo scegliere noi donne, non farceli imporre».

L’aspetto inconsueto del pensiero di Muraro è che lei si ispira ai pensatori mistici per trovare antidoti alla grigia politica attuale. La realtà, spiega, «non assiste indifferente alla passione del desiderare per cui» si deve restare tra i compratori, come l’anziana che voleva Giuseppe, ostinati in una “trattativa instancabile” con il mondo attorno nel cercare un passaggio «tra il tutto già deciso e il non ancora». In poche parole ce lo spiega? «Non isoliamo nell’eccezionalità queste donne e uomini. Fanno qualcosa di terribilmente semplice, ci sono in prima persona, pensanti, al posto del già pensato e già stabilito e giudicato. Senza mai esagerare il potere del potere, come possiamo fare tutti»

Già uscito sul Secolo XIX

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