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Dallas, o la “pornografia dei sentimenti”

12 Dicembre 2008
Pubblicato sul Secolo d’Italia del 10 dicembre 2008
di Roberta Tatafiore

Lui la agguanta silenzioso. Lei mormora rapita: “tu ottieni sempre quello che vuoi”. Lei è una delle innumerevoli amanti del petroliere più cattivo del Texas, quel JR (Gei Ar per le spettatrici) Ewing che fu mattatore del serial televisivo Dallas. Il 2 aprile del 1978 sulla CBS statunitense andò in onda la prima puntata e fu l’inizio di un nuovo modo di fare televisione per signore e signorine.
Oggi, in occasione del trentennale, il canale Hallmark di SKY (“la tv che segue il ritmo del cuore”) trasmette ogni giorno alle sette del pomeriggio, sabato e domenica compresi, le puntate del serial debitamente restaurate. Cerco di seguirle tutte: un po’ perché amo la televisione, un po’ perché vado pazza per la fiction romantico-sessuale, un po’ perché rivedere Dallas è come tuffarsi nei Settanta e degli Ottanta del secolo scorso, senza amareggiarsi al ricordo delle ben note brutture politiche del tempo.

Nel 1978, in Italia, l’economia era in leggera ripresa dopo qualche annetto di stagnazione a carattere mondiale. In Usa, invece, esplodeva grazie alla fine della guerra in Vietnam, alla nascente informatica e all’industria petrolifera texana. Alle insidie dell’oro nero – fonte di nuove ricchezze e di nuovi poteri – si affidarono l’autore e i produttori di Dallas (tra i quale c’era anche Gei Ar, al secolo Larry Hangman) per inventare un plot stile I peccatori di Payton Place, ma più semplificato e incalzante, in cui i maschi giocano il ruolo dei vincenti o dei perdenti senza scrupoli e le femmine quello di muse irrequiete dei medesimi, alla ricerca di un sé che non trovano, e però tentate, molto tentate, da sussulti di libertà.
L’epicentro della story è la Ewin Oil: un nome da brivido per gli abitanti di Dallas, un ranch favoloso, il South Fork, una famiglia continuamente in guerra, esterna e interna. I due figli prediletti del rude patriarca Jock e della dolce matriarca Ellie, infatti, si detestano. La lotta tra Gei Ar il cattivo e Bobby il buono per il controllo della società è talmente cruenta da spingere il cattivo sempre più verso la cattiveria e da far diventare il buono un mascalzone.
Mascalzone è anche Cliff Barns, anche lui figlio di petroliere nonché fratello della limpida Pamela, moglie di Bobby, mentre Sue Ellen, moglie di Gei Ar, splendido esemplare di moglie da rappresentanza, tenta continue fughe e tradimenti, a partire dalla relazione adulterina proprio con Cliff. Costui, esperto in colpi bassi, ha il cuore marchiato dal rancore perché Jock in gioventù aveva fregato suo padre riducendolo un pezzente.
Nella leggenda televisiva americana si racconta che nei giorni prima della messa in onda, autore e produttori temessero un flop: troppi intrighi e troppe spregiudicatezze avrebbero potuto disgustare il pubblico casalingo ancora arretrato, puritano, conservatore. Invece, la saga degli Ewin e dei Barns si protrasse per tredici anni, seguita da milioni di spettatori in tutto il pianeta televisionato.
Evento Statunitense, evento italiano.
La serie arrivò sugli schermi di Raiuno nel 1981. Piacque al pubblico ma non alla direzione Rai (Willy De Luca direttore generale e Sergio Zavoli presidente) indecisa se continuare a trasmetterla. Silvio Berlusconi si insinuò in quelle titubanze, si precipitò negli Stati Uniti e acquistò l’intera serie.
Grazie a Dallas, Canale 5 di Fininvest prese il volo. In seguito il serial passò su Rete4, la rete che trasmise anche i due telefilm realizzati dopo la fine delle centinaia e centinaia di puntate: Il ritorno di JR (1996) e La guerra degli Ewing (1999). Per dire che il mito è durato molto a lungo, non si è ancora spento, e però ha avuto un epigono malinconico.
Nel 2006 la CBS ha tentato un rifacimento dell’opera con nuovi autori e nuovi attori (tra i quali John Travolta e Jennifer Lopez) senza riuscirci. Poco meno di un mese fa, infine, la Augustin Media Group ha organizzato una serata a pagamento per il trentesimo anniversario chiamando a raccolta nel South Fork Ranch (diventato nel frattempo meta turistica) gli attori sopravvissuti varie celebrità e i fans. Disastro: una folla mal organizzata ha invaso il ranch senza aver chiaro quello che potesse fare e con chi si potesse intrattenere. “Il sogno di Dallas è diventato un incubo”, ha scritto uno degli organi dello showbiz texano.
Ho ripercorso il sogno di Dallas su internet alla ricerca degli idolatrati protagonisti: chi è morto, chi è vivo, i loro di oggi, le imprese di ieri: un amarcod anch’esso malinconico che meriterebbe un capitolo a sé per essere raccontato.
Ai tempi dei fasti del serial ero giovane, indaffarata, femminista credente. Mi beavo in compagnia della famiglia Ewing di straforo, piazzandomi davanti a un piccolo televisore spartanamente in bianco e nero. Senza vergognarmene, però, ché anzi condividevo con qualche amica quella passione e insieme ci divertivamo a decodificarne la struttura narrativa e simbolica.
Dallas, infatti, inaugurò un nuovo sguardo sulle donne. L’obiettivo della macchina da presa ne svelava le nuove tensioni diciamo per brevità post-sessatottine: Pamela si rifiuta di starsene al South Fork Ranch in attesa del ritorno a casa di Bobby tra un tuffo in piscina e una cavalcata nella prateria, si cerca un lavoro e fa carriera vincendo le resistenze del marito. Sue Ellen si butta nell’ubriachezza e nell’adulterio, ma va dallo psicanalista per uscirne. Cade e risorge continuamente. Persino la placida e saggia Ellie, amata e rispettata dal “suo” Jock, scopre la passione ecologista, trasforma il club di benefattrici che presiede in una macchina da guerra per combattere l’avanzata dei pozzi petroliferi e della speculazione immobiliare prodotte proprio dal marito.
Configgono, le donne di Dallas, e però a un certo punto si fermano, attente a non scassare il sistema dei valori tradizionali e a non perdere l’appoggio degli uomini. Come sempre, si può dire, rappresentano il contrappunto melodrammatico all’epopea maschile guerriera, ma senza assumere le vesti della derelizione e della sconfitta. Così grazie al doppio filo della com-passione (patire e gioire insieme) che lega l’Opera al Fruitore, Dallas piace alle spettatrici di ieri e di oggi perché titilla il loro inconscio.
Proprio a metà degli anni Ottanta da noi viene pubblicato un libro che, per tutt’altre vie, conferma le ragioni dell’ “effetto Dallas” e delle successive soap-opera ispirate dalla guerra degli Ewing: Donne sesso e pornografia di Beatrice Faust (edito del Centro scientifico torinese). La studiosa australiana dimostra sulla base di elementi assai convincenti come le donne, generalmente disgustate dalla pornografia maschile, non siano del tutto estranee al suo meccanismo narrativo. Hanno, infatti, la loro pornografia, quella dei sentimenti: dai fotoromanzi ai romanzetti che una volta si chiamavano d’appendice, da Dallasa Beautiful. Ovvero: sesso e potere, intrigo e tradimento uguale piacere. La ricetta continua a funzionare scorrendo sulla catena di montaggio dell’immaginario che accompagna le nostre vite.
A proposito: ieri, mentre scrivevo questa rubrica, buttavo un ogni tanto un occhio sulla tele per non perdere la cinquemila duecento ottantacinquesima puntata di Beautiful su Canale 5. Ovviamente prodotta dalla CBS.

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