Rosa / Nero

uomini e donne nella cronaca di tutti i giorni

Le maestre dimenticate

18 Novembre 2008
Questa rubrica è apparsa su "Europa" il 12 novembre 08
di Franca Fossati

“I bambini di adesso sono più grandi di quanto fossimo noi alla loro età: in quinta sono già adolescenti, per i gusti musicali, per l’abbigliamento, per il modo di stare insieme”. E i piccolini, quelli di prima e seconda? “Sono più infantilizzati, come se non ci fosse separazione con la scuola materna”. E quelli stranieri? “Sono molto più autonomi, a 10 anni si fanno da mangiare, attraversano la città con l’autobus, vanno a casa da soli”.
A parlare è Anna Lona, maestra elementare di Verona, 53 anni. E’ intervistata su Una Città, mensile di interviste e foto, indipendente, autofinanziato, che si riceve solo per abbonamento (ma è consultabile on line: unacittà.it). Anna spiega, finalmente, la differenza tra il tempo pieno e il modulo; spiega che nessun maestro unico può reggere una classe con un disabile e magari 7 o 8 ragazzi stranieri e che bisognerebbe dirlo chiaro che la scuola a cui si pensa è quella dove non ci sono disabili né immigrati.
Ma aggiunge che neanche il modulo va tanto bene, che servirebbe, soprattutto nei primi due anni, una figura di riferimento, che risponda ai genitori, che tratti con la circoscrizione, che garantisca l’unitarietà del percorso educativo. Anna parla degli errori del sindacato (di cui è stata attivista), di come si costruisce la disciplina anche senza i voti, di come si inventano soluzioni per insegnare ai bambini di adesso “che sanno un sacco di cose in più”. E dice della delusione della politica di sinistra che sa dire solo no e non sa fare proposte. Un bel racconto, senza slogan.
Anche Maria Cristina Mecenero è maestra, a Milano, da 25 anni. Così descrive su Il Manifesto (1 novembre) il suo lavoro: “Tutti i giorni ascolto, ricompongo conflitti, metto in ordine l’aula, assegno i compiti, preparo avvisi, invento proposte, le sperimento, capisco che qualcosa non va e allora aggiusto il tiro, a volte non lo capisco e faccio dei disastri non gravi, ma gravi per me che mi sento così responsabile”.
Sono donne al 96 per cento a insegnare nelle elementari. Sono donne, soprattutto del Sud (dove il tempo pieno non raggiunge il 9 per cento delle scuole), quelle che patiranno la nuova legge. E’ là che i bambini usciranno da scuola alle 12,30 già dall’anno prossimo “e l’effetto continuerà a ricadere sulle madri meridionali che, tanto, per il 62 per cento sono fuori del mercato del lavoro”. Così Mario Pirani su Repubblica (10 novembre) in una pagina che racconta “la verità sulla riforma Gelmini”.
Ma, tranne queste e poche altre eccezioni, sui giornali si parla solo di università. Le maestre? Già dimenticate.

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