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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Sarah, Hillary e l’uragano

6 Settembre 2008
di Franca Fossati

Il senatore McCain aveva preparato una lista di cinque donne come possibili vice, tra loro Condoleezza Rice e la top manager Carleton Fiorina (Il Tempo , 1 settembre). Convinto, prima dell’uragano dal nome maschio, che una donna, grintosa e conservatrice, potesse essere la sua salvezza.
La scelta poi, abbiamo visto, è caduta su Sarah Palin, “la prima mamma d’America”, come la definisce Il Foglio (30 agosto) che vanta, giustamente, di avercela fatta conoscere in anticipo. Per molti commentatori conta il fatto che sia giovane, che sia cristiana (evangelica) e pro life, che sia dotata di grande carisma, ma soprattutto che sia femmina. E madre e, presto, nonna, a 44 anni.
Altro che il film Juno: qui è come Beautiful, scrive Maria Laura Rodotà (Corriere della sera , 2 settembre), e la realtà supera di gran lunga la fiction. Ma Sarah è soprattutto cacciatrice: a caccia, infatti, di “hillariste depresse” (Corriere, 30 agosto), quelle che avevano puntato sulla Clinton innanzitutto per via del suo sesso. E di “soccer mums”, le mamme che scorazzano i figli in giro per palestre e campi sportivi, casalinghe o con un lavoro part time, non particolarmente interessate alla politica, ma capaci di fare la differenza nella conta dei voti (peacereporter.it).
Insomma, è evidente: nella politica americana la variabile di sesso conta, eccome. Però a molti e molte dispiace ammetterlo. Così lo stesso Foglio ha detto che Palin “non fa politica in quanto donna, ma perchè è tosta” e poi si è contraddetto (2 settembre) sostenendo che Palin è sottoposta alla perfida invidia delle altre proprio perché è donna. E Lucia Annunziata, che ha dedicato un lungo articolo al discorso di Hillary Clinton a Denver, scrive: “Si è tolta i fiocchi, le lacrime, le tenerezze, i ruoli di mamma e moglie, insomma tutta quella bardatura da che l’attuale cultura politica l’aveva obbligata a indossare, e alla luce dei riflettori è rimasa scintillantemente nuda, in tutta l’intelligenza, la cattiveria, la capacità di calcolo e di tattica d’un politico di razza” (La Stampa, 28 agosto).
Il quale politico non si capisce di che sesso sia. Maschile, forse?
Di tutt’altro avviso Concita De Gregorio che invece ammira Hillary perchè è “una donna talmente forte da potersi permettere di piangere” e di cadere e rialzarsi senza un lamento (L’Unità, 28 agosto). In tanta confusione di commenti c’è una verità: che le donne stanno ancora cercando un loro modo, una loro misura con cui stare nella vita pubblica e soprattutto nella politica. Esattamente come noi che le guardiamo e le commentiamo.

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