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Clienti e prostitute, ordine e parità

18 Settembre 2008
di Letizia Paolozzi

Con l’eccezione dei Radicali (che hanno manifestato sotto il Campidoglio), le proteste del Comitato per i diritti civili delle prostitute e i dubbi di alcune associazioni cattoliche, il disegno di legge della ministra per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, non ha suscitato che flebili prese di posizione.
Se ho capito bene, il ddl sostiene che per strada dovrebbero essere egualmente puniti (è la realizzazione della parità?) clienti e prostitute: da 5 a 15 giorni di carcere, da 200 a 3mila euro di multa. Non so se qualcuno andrà a finire in galera. Varranno, comunque, le ordinanze à la carte di tanti sindaci volenterosi.
L’altro giorno, a Roma, è entrata in vigore l’ordinanza 242, “fortemente“ voluta dal sindaco Alemanno. Vieta alle lucciole di “assumere atteggiamenti e comportamenti e di indossare abbigliamenti, che manifestino inequivocabilmente l’intenzione di adescare o esercitare l’attività di meretricio“. Addio gonne appiccicate alle natiche e conseguente fuoriuscita delle cosce nonché tette strabuzzate dal toppino. Si consiglia un grigio capo Yamamoto alle signore e signorine passeggiatrici lungo la Salaria,. I vigili sono preoccupati: come riconosceremo Titti la moldava, Deborah la senegalese dedita al mestiere più antico del mondo dalle Paris Hilton de’ noantri che escono da scuola? A meno che, anche per loro, non ci sia in agguato il grembiule di Mariastella Gelmini.
Tuttavia, decine di telefonate di soddisfazione dei Comitati dei cittadini sono arrivate al Campidoglio. Ovvio che la gente voglia dormire tranquilla. Avendo la certezza – questo garantisce il ddl – che le vittime (le prostitute) saranno sottratte allo sfruttamento. E i maiali (i clienti) verranno puniti.
Ora, è vero che lo sfruttamento di esseri umani, la prostituzione minorile sono aumentate vertiginosamente. E che bisogna contrastarli. Ma le flebili proteste dipendono da altro. Dipendono da una vulgata secondo la quale è escluso che una donna – senza desiderio né amore – possa consentire liberamente a dare il suo sesso. Se vi consente è colpevole, quindi deve essere punita. O redenta. Tertium non datur.

L’idea è questa. L’opinione pubblica (comprese molte femministe, con qualche eccezione come quella di Roberta Tatafiore) pensa che si debba fare opera di convincimento: il sesso non è una merce. La prostituta è una schiava anche quando non sia forzata a prostituirsi.

In un modello virtuoso e di onesti costumi non ha senso l’affermazione “my body, my property“. E Bocca di Rosa, in quanto vittima assoluta, non ha diritto di parola. Se dice: “Io ho deciso di prostituirmi“, la sua parola è sicuramente inaffidabile. Sicuramente avrà paura del pappone, del magnaccia, del prosseneta. Oppure se rivendica di voler disporre del proprio corpo viene giudicata una irresponsabile. Ingenua e pure alienata.

In questo modello virtuoso (ma quando mai lo raggiungeremo?) è il sesso a creare disordine. E il disordine sessuale rimanda al disordine sociale. Non da oggi procedono appaiati, in un amalgama poco rassicurante. Lo dimostrano i tentativi portati avanti dai governi di centrodestra e centrosinistra, indifferentemente, per riformare la legge Merlin. Dalla Bossi-Fini al pacchetto-sicurezza dell’ex ministro Giuliano Amato dove però, con soddisfazione delle gentili ministre, si proponeva di colpire il cliente, le sue perversioni, le pulsioni mortifere, la diseducazione affettiva, con le multe spedite a casa e la riprovazione dei famigliari. Così impara a chiedere un corpo a pagamento. Massacratelo senza pietà. E’ un uomo e per gli uomini non tira una buona aria. Forse ne hanno combinate troppe o non stanno combinando nulla.
Ora clienti e prostitute sono colpiti ambedue. Della libera scelta degli individui, ovvero delle relazioni sessuali tra adulti consenzienti, non gliene importa niente a nessuno. Siamo in un tempo in cui bisogna puntellare l’ordine morale. Sacralizzare il sesso; inseguire quello politicamente corretto. Senza perdere tempo a occuparsi di quale sia l’idea che abbiamo della libera scelta in una società democratica.

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