Michele Salvati è irriducibilmente fedele al mestiere di insegnare. Però, assieme all’economia politica, non ha mai nascosto di essere affezionato, fin dalle origini, al progetto del Partito Democratico. L’ha animato, coltivato, difeso con la cortesia ironica di chi non conosce e anzi, detesta i furori assiomatici.
Ora, il professor Salvati dovrebbe spiegarci come sia potuto avvenire che il giorno dopo le elezioni politiche si sia detto che il Pd aveva vinto e poi, con il passare dei giorni, tutti a stracciarsi le vesti perché, ebbene sì, il Pd aveva perso.
“Mettiamola così: il Pd soggettivamente ha vinto, però la sinistra ha perso“.
Quella sinistra che sarebbe stata spolpata in nome del voto utile?
“Ma il Pd aveva un disperato bisogno di presentarsi con una identità separata dalle altre“. Identità probabilmente è una parola grossa per un partito nato da poco, al quale è stato concesso un tempo stretto per crescere e che affronta la sfida ancora aperta di incrociare due storie, culture, linguaggi ancora niente affatto amalgamati.
In effetti, a guardare indietro, la convivenza tra il Pd e il governo Prodi si è risolta “con un farsi male reciprocamente“. Il primo doveva rimangiarsi domande e proposte. Il secondo era costretto a alzare le mani di fronte alle schiavitù coalizionali.
Quando arriva il colpo assestato da Mastella, Veltroni e Bertinotti, per quello che una donna semplice come me può capire, accettano di buon grado l’idea di andare da soli. Al Senato, sarà pari e patta con il Pdl e dopo, chissà, Pd e Prc riapriranno il discorso. Ma hanno fatto i conti senza l’oste. Senza la vittoria netta di Berlusconi. Alla fine della festa, il Pd sembra che non abbia avuto un voto dal centro.
“E quale sarebbe stata l’alternativa? Tutti insieme, appassionatamente? Il reale problema è proprio questo: con gli elettori del centro il Pd non ce l’ha fatta“.
Succede che l’Udc funzioni come sorta di diaframma “e Berlusconi prende due piccioni con una fava“. Il capo del Pdl ha ottenuto di liberarsi di Casini, mentre una fetta di elettori incerti apprezzerà comunque l’offerta di Casini.
Da tutte queste teorie e disegni strategici, resta che il Pd nell’area moderata non sfonda.
“Il Pd non ha ancora elaborato un messaggio di governo convincente, alternativo, capace di colpire una fetta di quell’elettorato. Non mi riferisco ai “brutti ceffi”, a quelli pregiudizialmente ostili al Pd ma agli altri“.
Il piccolo imprenditore impaurito dalla globalizzazione, l’operaio specializzato ma spaesato, l’infermiere che si lamenta delle ingiustizie nel punteggio scolastico che privilegia i figli degli extracomunitari a scapito dei suoi figli, non si sono fidati del Pd partito di governo.
Adesso, ci sono due modi per affrontare la realtà politica e sociale. Il primo è “pessimistico“: in questo Paese una forza di centrosinistra con la sua faccia riformista non sarà in grado di scrollarsi di dosso la dannazione da figlio di un Dio minore. Allora, proviamo a guardare verso l’Udc – D’Alema docet – rilanciando la palla a Casini.
L’altro modo o strada o via d’uscita parte dall’assunto che non esiste più l’antica ossessione di segnalare la propria diversità. Meglio puntare sul bipolarismo, contando sulla scelta di una legge elettorale che richiami quella modellata da Vassallo-Ceccanti (con premio consistente ai partiti più grossi).
Nel frattempo, è tutto un incalzare di fondazioni, associazioni, lobbies, think tank per tirarsi fuori dal partito liquido. Come il codino al quale si aggrappava il barone di Munchausen per cavarsi dagli impicci. Ma si tratta o no di correnti?
Macché. Sono posizioni culturali che si articolano; sono filoni di pensiero. “Anche se intanto le correnti si fanno“.
Comunque, insiste Salvati, serve una fase di assestamento. Prendere atto della botta ricevuta e andare avanti. Il Pd starà fuori dal governo per almeno cinque anni. In fondo, il Labour all’opposizione ci è rimasto per sedici anni.
Bisogna che si calmino le acque. “Evitiamo le partigianerie“. Tanto, ormai è lontano l’anno del vaticinio morettiano di piazza Navona, i tre milioni di persone assieme a Cofferati al Circo Massimo e “l’enorme perdita di tempo con i conflitti che si aprirono nel centrosinistra. Oggi c’è meno casino, una situazione semplificata. Quindi non appena la gente si sarà sfogata con i think tank, dovremo fare un congresso serio. Intanto, devono partire subito una o più scuole di politica“. Salvati è pronto. Insegnare è il suo mestiere.