Ho votato Sinistra Arcobaleno alla Camera e Pd al Senato. Della Sinistra Arcobaleno mi interessava che rappresentasse ancora un pezzo di Paese in Parlamento. Del Pd che fosse premiato il suo sforzo contro la frammentazione.
Probabilmente, volevo salvare capra e cavoli.
In effetti, delle sinistre non mi era piaciuto la conduzione propagandistica, la continua, assillante, malmostosa protesta “infragovernativa“ (per esempio il No al documento sul Welfare). Una conduzione per cui mi era venuto il dubbio che a Prodi l’avrebbero di nuovo mollato.
Nel frattempo i giornali tipo “Corriere della Sera“ venivano sostenendo che il problema del governo Prodi erano “i comunisti“.
Naturalmente, anche il governo dell’Unione ha mostrato il suo logoramento fin dalla nascita. Conducendo il risanamento in maniera ottusa, senza occuparsi né punto né poco del consenso popolare. Peraltro, con una vittoria risicata di 24.000 voti, senza mai cercare un’ apertura di ragionamento con il centrodestra, si è allegramente spartito le presidenze di Camera e Senato al proprio interno. Aggiungendo poi la presidenza della Repubblica.
Quanto al Pd, mi è parso l’unica novità, dal punto di vista della semplificazione del quadro politico, all’orizzonte. Dei vecchi partiti il Pd non ha nulla (e non è detto che sia solo una buona cosa). E’ fastidiosamente preda degli “I Care“, “Yes, we can“ fino ai manifesti che ho visto sui muri di Napoli: “I share Nicolais” ma mi rappresentava una chance per battere il centrodestra.
La campagna elettorale ha tenuto un profilo basso. La Sinistra Arcobaleno si è lamentata del “voto utile“ di Veltroni che voleva strangolarla. Nell’analisi del flussi postelettorali, sembra che un pezzo abbia votato Pd (l’idea del “Teniamoci insieme“ non dispiace a chi è stato vecchio militante comunista); una parte si è astenuta; un’altra, filomagistrati – manette e pandette – si è accostata a Di Pietro e infine, pare che molti abbiano votato Lega. Un pezzo di popolo impaurito dagli extracomunitari, dalle incertezze sul lavoro, da una società che gli cambia sotto gli occhi a velocità supersonica. La Sinistra Arcobaleno non ha nemmeno provato a dargli qualche risposta, considerandoli tutti razzisti e xenofobi.
E adesso?
C’è chi pensa che il problema, con l’esclusione delle sinistre dal Parlamento, sia risolto. Non ho intenzione di allinearmi su questa linea di pensiero. Il problema è se le sinistre (non tutte, evidentemente) sapranno ricostruire qualcosa fuori dal Parlamento. Se sapranno uscire da una cecità evidenziata dalla condanna del voto popolare.
Qui è chiamato in causa il Pd e la sua responsabilità. In questo partito mi pare che una sinistra ci sia, da Livia Turco a Vincenzo Vita; ci sono vecchi e giovani riformisti di sinistra e c’è gente socialdemocratica sgomenta per la scomparsa di una storia che ha occupato il Novecento. Le dimissioni di Prodi dalla presidenza del partito per il quale ha tanto lavorato, e le posizioni critiche di Parisi verso la linea scelta da Veltroni (e presumo che non saranno le uniche) fanno presagire un dibattito interno al Pd non banale. Intanto, potrebbero lavorare, insieme, a riaprire un dialogo: dentro e fuori l’unica forza oggi rappresentata in Parlamento che ha qualcosa a che vedere con la storia della sinistra italiana.