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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Dopo la manifestazione del 24 novembre/2

17 Gennaio 2008
di Letizia Paolozzi

Cosa è capitato dopo la manifestazione del 24 novembre l’hanno discusso in una assemblea nazionale al Buon Pastore (anzi, in una sala piuttosto scomoda, vicina al complesso della Casa internazionale delle donne) trecento donne.
Intanto, una precisazione non mia: del 24 hanno discusso “il movimento delle donne e delle lesbiche“. Quasi che e come se le lesbiche donne non fossero.
Sono arrivate da tutta Italia: del collettivo Clitorix, Libere tutte, Quelle che non ci stanno, Quelle che non stanno mai zitte, Sui Generis, NoVat, Facciamo Breccia. Altrettanto consistente la presenza delle comuniste, socialiste rivoluzionarie, anarchiche, resistenti, trotzkiste, Cobas, lesbo-gay-trans-queer.
Insomma, lesbismo e post autonomia sono il cuore di questo nuovo movimento.
Prima dell’appuntamento per l’8 marzo (senza mimose per carità) e prima ancora della due giorni di “approfondimento e riflessione“ (fine febbraio), quante siamo lì veniamo convocate all’Università: “ci sono194 motivi per cacciarti”. Per cacciare il Pontefice. Non si prevede nulla di buono. La malacultura italiana di cui ha parlato il New York Times significa anche questo: c’è, in giro, una gran voglia di menar le mani. Come a Quarto, a Pianura, per la questione dei rifiuti. In televisione, a dire cose sensate, abbiamo ascoltato donne. E soltanto donne. Nel frattempo, sullo sfondo si ragazzotti infagottati si agitavano, dando in escandescenze. E poi scomparivano per accogliere – immaginiamo – i vigili del fuoco con i bastoni (questo lo si è capito il giorno dopo).
Intanto, le ragazze insistono in una sorta di anticlericalismo di maniera. Si farà, nella settimana anticlericale, una contestante “frocessione“. Ma la distorsione della parola provoca poche risate.
Alla fine, Benedetto XVI non è andato. Genialità dei cardinali Bertone e Ruini che l’hanno trasformato in “vittima dell’intolleranza e della dittatura dei laicisti“? Pioveranno le reprimende dei commentatori (tra le quali si è distinto Paolo Mieli). Del lungo sequel di errori si spiega poco. Il rettore con il suo invito al pontefice per una lectio magistralis. I professori di Fisica, i laici, stretti tra Feyerabend e Galileo Galilei a difendere la scienza contro “i principi non negoziabili“, somigliano a naufraghi aggrappati a un gommone bucato.
Qualcuno, dopo la rinuncia del Pontefice, dirà: bisognava creare un contraddittorio, inventare delle formule diverse. Un dibattito tipo quello che fu tra Ratzinger e Habermas. Forse, al posto del filosofo dell’ “agire comunicativo“, avremmo avuto il ministro Fabio Mussi ma la Chiesa, con questo suo procedere intervenendo a gamba tesa nelle cose della polis, si rende conto della frustrazione che produce tra giovani e meno giovani donne (e anche uomini) che hanno a cuore la loro spiritualità?
Per tornare al punto, l’assemblea non sembra interessata a un eventuale contradditorio.
Anche se non siamo più ai giorni del Settantasette, quando, nell’Aula Magna di lettere, si tenne uno di quegli incontri dove lo sport preferito consisteva nel fare a pezzettini il Pci. Il giorno dopo, alcune incaute comuniste che avevano assistito all’esplosione irosa delle loro sorelle di sesso (che pure qualche ragione per detestare il Pci dopo il comizio mancato di Lama l’avevano), furono chiamate da Adriana Seroni, responsabile femminile del Pci: “Perché non avete reagito?“. Eroine avremmo dovuto essere per reagire.
Adesso il punto non è più il coraggio o il timore di parlare. Per parlare all’assemblea ci vorrebbero le condizioni adatte. E una storia comune. Anche un linguaggio. Sennò a cosa ci si aggancia?
Il dissenso che aveva attraversato la discussione nell’organizzare la manifestazione del 24: fuori gli uomini dal corteo perché scegliamo il separatismo, alcune lo risolvono spiegando che a) i maschi non si sono dimostrati particolarmente interessati; che b) loro, le ragazze punk-rasta, essendo lesbiche, non sono necessariamente sensibili alla presenza maschile e dunque c) le uniche nostalgiche di questa presenza devono essere “delle donne“.
Negli interventi ritorna l’incubo della violenza come “guerra a bassa intensità“, contro le donne e contro le lesbiche. All’Onu hanno approvato la moratoria sulla pena di morte ma “non c’entra con la pena di morte il femminicidio di Ciudad Real“? Quanto all’aborto, si vuole difendere l’autodeterminazione femminile piuttosto che la 194. E qualcuna torna a citare la possibilità di una depenalizzazione. I partiti vengono contestati sommariamente. Abbasso le strumentalizzazioni. Che nessuno parli in nostro nome. Stop.
Evidentemente, i partiti non sono più nomenclatura delle classi. La Chiesa supplisce con una sua pesantezza secolare e lo scontro esce dai binari di una discussione alta. Almeno così pensa e dice questo movimento che è nuovo in quanto apartitico, libertario, spontaneo. E naturalmente, di donne e di lesbiche.

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