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Ordine privato ordine pubblico

9 Novembre 2007
di Franca Fossati

“La violenza contro le donne non dipende dal passaporto: la fanno gli uomini”. Così su uno striscione portato da una trentina di donne appartenenti a gruppi femministi romani sulla scalinata del Campidoglio venerdì 2 novembre. Il sito de Il Paese delle donne on line ne dà notizia titolando “contro la strumentalizzazione dell’uccisione di Giovanna Reggiani”.

Hanno ragione quelle (poche) donne? Sì, vien da rispondere subito. Come ha detto Rossana Rossanda ad Alessandra Longo (La Repubblica, 3 novembre), “ci sono più donne uccise dai mariti che dagli immigrati”. Infatti, la violenza sulle donne “è transculturale e globale, e gode, a destra e a manca, di rimozioni e connivenze transculturali e globali” (Ida Dominijanni, Il Manifesto, 6 novembre). Eppure dire “la colpa è degli uomini”, punto, non convince. Tutto è come rimandato al sol dell’avvenir e la tragedia di Tor di Quinto sembra scomparire.

Hina Saleem, la ragazza pakistana assassinata dal padre e dai cognati, Chiara Poggi uccisa (forse) dal fidanzato, Giovanna Reggiani massacrata (forse) dal giovane rumeno e altre decine di morti violente, e botte e stupri individuali e di gruppo hanno certo una matrice comune. Il fatto che corpo (e mente) della donna sia considerato proprietà. E preda del maschio. Ma si possono rimuovere i contesti e le radici specifiche di ogni delitto? E le responsabilità di ciascun individuo? Le manifestanti del Campidoglio fanno parte del comitato che promuove per il 24 novembre una manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne. Nell’appello che la convoca si legge che “senza un reale cambiamento culturale e politico che sconfigga una volta per tutte patriarcato e maschilismo non può esserci salto di civiltà” (controviolenzadonne.org). Una volta per tutte?

Non vogliamo, si legge nell’appello, “scorciatoie legislative e provvedimenti di stampo securitario e repressivo”. Letizia Paolozzi aveva scritto, a proposito della campagna contro i lavavetri, che chi governa dovrebbe spiegare “se pensa che i legami sociali vadano rinsaldati oppure immagina una società degli slegami dove l’unica sponda certa sia quella dell’ordine pubblico” Giusto. Il cosiddetto ordine pubblico, infatti, c’entra poco con la violenza sulle donne. Più spesso è l’ “ordine privato” a generarla. Ma quella “sponda” esiste. E a rimuoverla come un tabù si lascia spazio agli imprenditori della paura. Che di solito trovano ampia eco tra le donne. Quelle che vivono nei pressi di Tor di Quinto o di Tor Bellamonaca

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